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Nicolò Ravina, equity portfolio manager di Arca Fondi Sgr, specifica: “settori come la cybersecurity, lo storage elettrico, o aziende legate a trend come quello della decarbonizzazione e della sostenibilità sono destinate ad essere supportate da una crescita strutturale”
Secondo gli ultimi dati dell’Osservatorio Pir di Assogestioni che fotografano lo stato del mercato a giugno 2022, Pir Ordinari contano masse per 18 miliardi di euro mentre gli Alternativi per 1,4 miliardi, con scarse variazioni nell’ultimo trimestre, dopo un inizio d’anno a segno negativo.
Lo strumento dei Pir Ordinari, assieme a quello dei Pir Alternativi, avrebbe però alcune condizioni favorevoli per riprendere di nuovo slancio. Quando nel 2017 la tipologia ordinaria era stata lanciata l’accoglienza da parte degli investitori fu particolarmente calorosa, ma l’intervento normativo nel 2019 ne aveva subito spento gli entusiasmi, per poi ritrovare un certo movimento nel 2021.
Nonostante una curva timidamente ascendente, lo strumento Pir, non accenna a stabilire di nuovo afflussi importanti come quelli di cinque anni fa. Abbiamo chiesto a Nicolò Ravina, Equity Portfolio manager di Arca Fondi Sgr, la sua visione sullo stato dell’arte di questa tipologia di strumento.
Perché i Pir stentano a riprendere quota?
La causa è da attribuire sicuramente all’attuale contesto di mercato, che porta alla richiesta di rimborso da parte dei sottoscrittori più emotivi. Purtroppo, la storia ci insegna che le fasi di crollo dei mercati hanno sempre costituito degli ottimi punti di ingresso e dei pessimi punti di uscita per i sottoscrittori.
Vorrei tuttavia far notare che a livello di mercato, sui Pir, i riscatti rispetto alle masse complessive sono quasi nulli. Nel caso di Arca Fondi addirittura in leggera raccolta positiva sui Pir. Questo è un segnale del grande lavoro che stanno facendo i nostri collocatori in un contesto di mercato difficile per tutti e per tutte le asset class. Riuscire a gestire l’emotività nelle fasi pessimiste è cruciale per evitare di liquidare le quote a valori decisamente depressi. Questi messaggi credo che siano arrivati ai sottoscrittori, che per ora rimangono in attesa.
Nel 2021, la quota prevalente del patrimonio Pir era investita in azioni italiane per 10,6 miliardi. Visto l’attuale scenario, l’investitore italiano guarda ancora all’Italia e all’Europa o cerca altrove? E se sì, dove?
L’investitore Pir al momento non sembrerebbe cambiare significativamente le scelte di allocazione strategica del proprio portafoglio, i flussi sembrano evidenziare che i sottoscrittori rimangono piuttosto fermi sulle scelte effettuate in fase di investimento iniziale. Questo comportamento sarebbe coerente con l’orizzonte di medio lungo periodo di questi fondi, per cui il sottoscrittore applica la giusta strategia di buy and hold per il momento.
Gli eventi che stiamo vivendo nel 2022 stanno impattando tutte le aree geografiche e tutte le asset class. Il rialzo epocale dei tassi d’interesse è un fenomeno mondiale che sta comportando un forte incremento del premio al rischio richiesto dagli investitori.
Quali sono le soluzioni che offrite in ambito Pir? E quali sono le aziende su cui vi concentrate maggiormente?
In tema Pir Arca Fondi ha sviluppato un’ampia gamma di prodotti, con livelli di rischiosità differenti in modo da poter incontrare le diverse esigenze dei sottoscrittori. Abbiamo tre fondi bilanciati con una componente azionaria rispettivamente del 55%, 30% e 15%, per offrire appunto una scelta sulla quota di azionario desiderata. Nel bilanciato 15 e 55 abbiamo inserito anche una quota di azioni internazionali per poter dare un’ulteriore diversificazione geografica all’interno del prodotto Pir stesso. Poi abbiamo i due prodotti azionari Pir, Arca Azioni Italia, storico e maggiormente focalizzato sulle grandi imprese italiane, e Arca Economia Reale Equity Italia, il nostro fondo di eccellenza focalizzato sulla piccola e media impresa italiana.
Il focus che abbiamo sui Pir è sulle aziende a piccola e media capitalizzazione, perché riteniamo che siano rappresentative del vero tessuto economico italiano di eccellenza. Le migliori aziende del nostro Paese spesso sono di taglia media o piccola, per questo cerchiamo sempre di trovare le migliori opportunità di investimento all’interno di questo universo.
I settori che sono stati presi in considerazione nel 2022 in misura maggiore dall’investitore sono stati ancora il settore tecnologico, oltre agli industriali e ai consumi ciclici. Si ritrova in questa divisione? Quali potranno essere i settori che potrebbero attirare nuove attenzioni nel 2023?
Il 2021 ha visto esattamente quei settori come best performer. Nel 2022 però il mondo è cambiato, e il forte rialzo dei tassi ha penalizzato i settori con maggiori tassi di crescita e quindi valutazioni, come quello tecnologico. Per quanto riguarda gli industriali e dei consumi ciclici, le preoccupazioni di un rallentamento macro hanno inciso sulle performance negative. Per quanto riguarda i settori del 2023 farei una considerazione sempre valida e una su un settore in particolare.
L’investitore di lungo termine non deve concentrarsi sulle rotazioni settoriali ma sui trend di crescita di lungo periodo e investire in aziende che possono quindi sostenere una crescita duratura e continuativa a prescindere dai contesti macro. La crescita degli utili di lungo termine porterà necessariamente a rendimenti positivi. È quindi molto importante focalizzarsi sui fondamentali bottom-up dei settori e delle aziende. Per fare degli esempi: settori come la cybersecurity, lo storage elettrico, o aziende legate a trend come quello della decarbonizzazione e della sostenibilità sono destinate ad essere supportate da una crescita strutturale.
Venendo invece al 2023, e più in generale ai prossimi anni, vorrei evidenziare come finalmente il settore bancario potrebbe tornare ad avere dei fondamentali solidi grazie al sostanziale rialzo dei tassi di interesse. Anche guardando oltre ad una eventuale recessione futura e prendendo il quadro d’insieme: veniamo da uno dei decenni più difficili della storia per questo settore. Dai tassi sostanzialmente azzerati a seguito delle politiche monetarie più espansive dell’ultimo secolo, alle ricapitalizzazioni necessarie per colmare i buchi lasciati dalle ingenti insolvenze. Il cambio di paradigma di politica monetaria e quindi sui tassi di interesse, dopo un decennio passato a farsi le ossa, potrebbe avviare il tanto atteso percorso di innalzamento della redditività di questo settore.
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Alla ricerca di Alpha è la rubrica di FocusRisparmio.com dedicata ai fund manager. Ogni lunedì, con l’aiuto degli esperti del settore, vengono messi sotto la lente i fatti recenti più significativi e gli impatti sui portafogli da essi gestiti con una visione impostata sul medio e lungo termine.
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