Fiscalità dei Pir, le proposte di Assogestioni
L’Agenzia delle Entrate ha avviato una consultazione sulla bozza di circolare che tiene conto delle istanze presentate dall’Associazione
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“L’Italia deve crescere nel segmento dei fondi alternativi, e per farlo una delle strade è quella di sviluppare ulteriormente il mercato dei Piani individuali di risparmio”. A dirlo è Arianna Immacolato, Direttore Settori Fiscale, Previdenza e Antiriciclaggio di Assogestioni, nel corso della tavola rotonda “Pir alternativi tra normativa ed esigenze del mercato”, organizzata nel primo giorno del convegno Assogestioni-Borsa sui fondi alternativi.
Verso l’obiettivo appena citato, precisa Immacolato, “è sicuramente indirizzato l’intervento del governo che con il Decreto Rilancio ha introdotto i cosiddetti Pir alternativi, ossia una forma di risparmio agevolato dedicato al mondo della real economy e dei fondi chiusi”.
Una misura che, se opportunamente sfruttata, “potrà portare ad un incremento della quantità e della varietà dei fondi alternativi presenti nel nostro Paese, riducendo in questo modo il gap rispetto ad altri Paesi dell’Ue e sostenendo il tessuto produttivo italiano”.
Economia reale
Proprio per indirizzare verso l’economia reale i risparmi degli italiani, spesso parcheggiati su conti correnti e depositi, erano già stati introdotti i Pir “ordinari”. Ma, come spiega Ilario Scafati, Dirigente Ufficio Fiscalità Finanziaria del Dipartimento delle Finanze, nella prima applicazione della norma considerati i vincoli di investimento e il limite di concentrazione del 10% il veicolo maggiormente utilizzato è stato quello dei fondi aperti, che investono principalmente, per motivi regolamentari, in strumenti finanziari quotati quando invece la realtà economica italiana è composta prevalentemente da imprese non quotate”.
L’obiettivo del legislatore era stato raggiunto in misura parziale, dunque. Questo ha spinto a “trovare un set di regole più confacenti ad un investimento illiquido, quindi prevalentemente sviluppato attraverso fondi chiusi”.
Pir alternativi
Sono stati così introdotti i Pir alternativi, che si affiancano a quelli ordinari ma presentano ulteriori caratteristiche degne di nota, come ricorda Scafati: per esempio, “a fianco degli strumenti finanziari tipici dell’impresa, azioni e obbligazioni, la legge parla espressamente anche di prestiti e crediti, quindi con un’estensione al mercato del debt che mira a estendere l’agevolazione anche a tutte le varie tipologie di fondi chiusi”.
In particolare, Scafati cita gli Eltif, particolare tipologia di fondo chiuso, regolamentata a livello europeo, interessante per l’investitore retail perché gli consente “di avvicinarsi all’investimento illiquido in modo più prudente”.
Sull’Eltif era stata già introdotta una forma di agevolazione fiscale ma che, ricorda Scafati, non essendo estesa a tutti i tipi di fondi chiusi si configurava come aiuto di stato: un problema che è stato risolto, appunto, con le norme sui Pir alternativi, che estendono il beneficio fiscale non solo agli Eltif ma “a tutte le altre categorie di fondi chiusi che comunque raggiungono l’obiettivo primario del legislatore, quello di investire nell’economia reale italiana”.
Holding period
Tra gli altri aspetti interessanti da segnalare sui Pir alternativi, in particolare in relazione al calcolo del tempo di investimento minimo di cinque anni, Scafati sottolinea che nel caso del fondo chiuso può esserci un momento in cui “il capitale non è ancora investito nelle percentuali di legge negli strumenti finanziari italiani illiquidi, ma siccome il risparmiatore ha già conferito le somme al fondo, che ha come scopo istituzionale quello di destinarlo a tali strumenti, anche questo periodo di tempo rileva positivamente” nel calcolo dei cinque anni ai fini dell’agevolazione fiscale.
Analogamente, prosegue Scafati, nella parte finale della vita del fondo quando iniziano i disinvestimenti che può essere più o meno lungo, dato che questo tempo è finalizzato alla restituzione del capitale all’investitore, conta anch’esso positivamente ai fini del calcolo del periodo di possesso.
I chiarimenti dell’Agenzia delle entrate
Sui Pir, sia ordinari che alternativi, sono emersi alcuni dubbi, che sono stati chiariti da Patrizia Claps, Capo Settore consulenza, Ufficio persone fisiche ed enti non commerciali, dell’Agenzia delle entrate.
Per esempio, normalmente per capire se un fondo è per compliant basta guardare il regolamento del fondo, ma sorge un problema nel caso di fondi che investono in quote di altri fondi – magari non destinati solo al mercato italiano – in cui l’indicazione potrebbe mancare.
In generale, per verificare che un fondo sia Pir-compliant “si può far riferimento alla politica di investimento indicata nel relativo regolamento o, nel caso di fondi esteri, alla documentazione di offerta. Tale regola vale anche nell’ipotesi di fondi Pir che investono esclusivamente in altri fondi”, ha affermato Claps, aggiungendo che questa prassi si estende pure ai Pir alternativi.
“Con riguardo invece ai fondi sottostanti che potrebbero non essere fondi italiani, si ritiene che la natura di fondo Pir-compliant possa essere verificata dal fondo partecipante anche attraverso l’analisi della relativa politica di investimento e – se necessario – dall’effettiva composizione del portafoglio”.
“Tuttavia, in ossequio alla regola generale, occorre che il regolamento di gestione del Fondo partecipante preveda espressamente le modalità di accertamento dei vincoli di investimento di cui la SGR si assume la responsabilità di verificare il rispetto”.
Per quanto riguarda invece le modalità di verifica dei limiti di concentrazione (10% per i Pir ordinari e 20% per i Pir alternativi) nel caso di investimento in quote o azioni di altri fondi, Claps ha spiegato che nel caso di investimenti in fondi non Pir compliant “potranno rilevare le singole attività in cui è investito il patrimonio del fondo sottostante, secondo quello che un approccio look-through”; viceversa, “nel caso di investimenti in fondi Pir-conformi anche il vincolo di concentrazione può ritenersi soddisfatto”.
Viene quindi sostanzialmente confermato il fatto che – sia che l’investitore investa in un unico Oicr Pir-compliant, sia che lo faccia per il tramite di un fondo di fondi Pir-compliant – il vincolo della concentrazione è rispettato in capo all’investitore.
Per quanto riguarda gli investimenti in quote di Srl-Pmi e la loro rilevanza ai fini dell’investimento qualificato dei Pir, Claps ricorda che l’Agenzia ha risposto positivamente ad un interpello che aveva ad oggetto quote di Srl-Pmi offerte al pubblico tramite il portale crowfunding. Al riguardo la Claps ha sottolineato che l’offerta delle quote di Srl-Pmi tramite il portale costituisce una delle modalità, ma non l’unica, per l’offerta al pubblico e quindi, a prescindere dalla modalità in cui le quote di Srl-Pmi sono offerte al pubblico, rientrano tra gli investimenti qualificati.
Claps ha anche chiarito che se un fondo nella fase iniziale della sua operatività non raggiunge subito i vincoli di investimento “può qualificarsi come Pir-compliant anche se i vincoli di investimento vengono raggiunti in un momento successivo”. In questo caso, anche l’holding period “inizia a decorrere dalla data di sottoscrizione delle quote o azioni”.
Inoltre, conclude Claps, “eventuali redditi distribuiti agli investitori in questo periodo potranno beneficiare del regime di esenzione”.
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