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Al rialzo le stime di crescita mondiale: +3,1% quest’anno e +3,2% il prossimo. Bene Usa e Cina, al ribasso Eurolandia. L’Italia crescerà più della Germania. Inflazione giù, ma nuove sfide sono in vista per le banche centrali
L’economia globale se l’è cavata meglio del previsto e sembra avviata verso un atterraggio morbido. Parola degli economisti del Fondo monetario internazionale, che hanno rivisto al rialzo le stime di crescita contenute nel World economic outlook: secondo la nuova versione, il Pil mondiale salirà del 3,1% nel 2024, lo 0,2% in più rispetto al precedente report di ottobre, e nel 2025 accelererà al 3,2%. Gli ostacoli ovviamente non mancano, a partire dalle tensioni geopolitiche, ma i rischi all’outlook sono bilanciati e per gli esperti c’è spazio per ulteriori sorprese al rialzo. Merito soprattutto della resilienza di Usa e Cina, mentre l’Eurozona ha chiuso il 2023 peggio delle attese e deve quindi fare i conti con una duplice revisione al ribasso. L’avvertimento dell’Fmi è però valido per tutti: vietato tagliare i tassi troppo presto, anche se l’inflazione è ormai sulla strada giusta.
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Usa e Cina promossi
Il Fondo prevede che il Pil americano aumenterà quest’anno del 2,1%, ovvero 0,6 punti percentuali in più rispetto alla stima precedente, per poi rallentare al +1,7% nel 2025 (-0,1%). La Cina, dopo il +5,2% messo a segno nel 2023, crescerà del 4,6% nei prossimi dodici mesi: si tratta dello 0,4% rispetto alla previsione di ottobre. Per il 2025 l’espansione è invece confermata al 4,1%. Più rose anche le stime per la Russia: la produzione di Mosca è attesa in aumento del +2,6% quest’anno (+1,5% sulla precedente rilevazione), mentre il prossimo dovrebbe attestarsi al +1,1% (+0,1%).
Eurozona bocciata
Diverso il responso per il Vecchio Continente. Dopo il +0,5% del 2023, il Pil dell’Area euro è visto in espansione dello 0,9% (-0,3 punti) quest’anno e dell’1,7% (-0,1%) nel 2025. La crescita di Eurolandia è attesa recuperare rispetto allo scorso anno, la cui performance rifletteva “l’esposizione relativamente alta alla guerra in Ucraina”, ma rispetto alle stime di ottobre “è stata rivista al ribasso soprattutto per gli effetti di un 2023” che in termini di crescita si è rivelato “più debole del previsto”. L’Italia, in particolare, dovrebbe mettere a segno un balzo dello 0,7% nel 2024 (stima confermata) e dell’1,1% nel 2025 (+0,1%). Cifra che quest’anno la vedrebbe davanti a Regno Unito (+0,6%) e alla Germania (+0,5%).
Eurostat intanto certifica la stagnazione
Contemporaneamente Eurostat ha certificato che l’Area ha evitato per un soffio la recessione tecnica negli ultimi tre mesi dello scorso anno: la ripresa di Spagna e Portogallo, e anche il modesto risultato dell’Italia, hanno infatti compensato la contrazione della Germania. Secondo la stima preliminare, il Pil del blocco è rimasto invariato nel quarto trimestre e il 2023 va in archivio con una crescita dello 0,5%. Nel dettaglio, il nostro Paese ha fatto meglio delle attese e nella coda d’anno ha messo a segno un’espansione dello 0,2% contro il +0,1% precedente. Nello stesso periodo, Madrid è cresciuta dello 0,6% e Lisbona dello 0,8%. Ciò ha contribuito a rendere meno pesante la flessione dello 0,3% di Berlino e la crescita zero della Francia.
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Fmi: inflazione giù, ma no a tagli dei tassi prematuri
Tornando al Fondo monetario, gli esperti prevedono che l’inflazione a livello globale calerà dal 6,8% del 2023 al 5,8% nel 2024 e al 4,4% nel 2025. Con le economie avanzate che dovrebbero assistere a un ripiegamento più rapido. Ma gli economisti avvertono che le banche centrali “devono evitare un prematuro allentamento” che metterebbe a rischio la credibilità guadagnata e rischierebbe di tradursi in una ripresa del carovita. “Con l’inflazione che cala verso il target, la priorità di breve termine per le banche centrali è un atterraggio morbido, né abbassando i tassi in modo prematuro né ritardando troppo i tagli”, si sottolinea.
Tanto più che nuove impennate dei prezzi delle materie prime dovute a shock geopolitici, “compresi i continui attacchi nel Mar Rosso e interruzioni dell’offerta o un’inflazione sottostante più persistente”, potrebbero prolungare le condizioni monetarie restrittive. “La nostra previsione è che la Federal Reserve tagli i tassi dalla seconda metà dell’anno”, ha affermato il capo economista Pierre-Olivier Gourinchas. Lo staff Fmi stima infatti che il costo del denaro resterà ai livelli attuali per la Fed, la Bank of England e la Bce fino a giugno, prima di calare gradualmente con l’inflazione che si muove verso i target.
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