Per Yuri Blanga di Ubs AM, gli equilibri mondiali dettano prospettive economiche e condizioni di mercato. E sia gestori che investitori devono integrarli nelle strategie. Ecco perché la casa lancerà un roadshow ad hoc. Dalle elezioni ai conflitti e ai nuovi trend, la sua view sui principali dossier
Yuri Blanga, head of Advisory Business della casa di gestione
Dal duello Usa-Cina alla guerra in Ucraina fino alle tensioni nella Striscia di Gaza. Senza dimenticare l’incognita elezioni e fenomeni, come la deglobalizzazione, che ancora ondeggiano tra la dimensione secolare e quella contingente. La geopolitica, in ogni sua sfaccettatura, pare essersi imposta a tutti gli effetti tra le variabili chiave per le nuove strategie di investimento. Ne è consapevole anche Ubs Asset Management, che si prepara a lanciare un road-show pensato proprio per promuovere il tema presso i player del risparmio gestito. Per Yuri Blanga, head of Advisory Business della casa di gestione, questa dimensione sta assumendo un peso crescente in particolare nell’universo del wealth management. E il motivo è semplice: da essa dipendono in maniera diretta anche le variabili macroeconomiche che influenzano la costruzione di portafoglio. Una circostanza che impone precisi approcci sia sul lato della domanda sia su quello dell’offerta. FocusRisparmio lo ha interpellato per capire quali e per avere il suo punto di vista sui principali dossier aperti.
Quali elementi dell’attuale quadro macro possono essere messi in discussione dalle crisi in atto?
Le tensioni geopolitiche hanno un impatto rilevante sui mercati finanziari sia perché generano incertezza e volatilità sia perché influenzano direttamente le prospettive economiche globali, i flussi commerciali e le condizioni di mercato. Ad esempio, le dispute tra Stati Uniti e Cina possono avere implicazioni significative su diversi settori, determinando i prezzi dei materiali e delle valute o anche la stessa redditività delle aziende. I conflitti in Ucraina e Medio Oriente rischiano invece di portare all’instabilità i costi energetici e delle risorse naturali.
Clienti e gestori hanno consapevolezza di tali implicazioni? Quali sono le accortezze che possono usare per difendersi?
Il contesto macroeconomico sta assumendo un ruolo sempre più rilevante nell’universo della gestione patrimoniale così come in quello degli investimenti in generale. E i recenti avvenimenti globali hanno generato una maggiore consapevolezza negli investitori circa le potenziali ripercussioni della geopolitica sulla gestione dei loro capitali. Stiamo infatti assistendo a una domanda crescente di strategie d’investimento che siano in grado di mitigare l’incertezza derivante da eventi esogeni, preservando il valore del patrimonio. Per rispondere a queste esigenze, anche gli advisor stanno incorporando in maniera più strutturata analisi geopolitiche nell’attività di pianificazione finanziaria e nell’allocazione degli investimenti.
Da qui il tema del roadshow. Ma perché proprio ora?
‘The Red Thread on tour’, questo il nome dato all’iniziativa, vuole rappresentare un momento di riflessione per affrontare le tante sfide e incertezze che hanno complicato il conteso economico e geopolitico globale negli ultimi mesi. La complessità dei mercati, i cambiamenti in atto e i nuovi paradigmi che si intravedono all’orizzonte richiedono infatti una comprensione approfondita per guidare le decisioni di investimento. Inoltre, questo evento si pone in continuità con il nostro outlook di fine novembre ‘The Red Thread’. L’obiettivo, in ultima istanza, è dunque quello di creare un legame con gli altri operatori professionali e fornire loro strumenti e informazioni necessarie per navigare attraverso il delicato panorama attuale. Ecco perché il road-show si articolerà in cinque tappe che vedranno coinvolte altrettante città italiane: Padova, Bologna, Roma, Torino e Milano. Un ventaglio di incontri che ospiterà approfondimenti sulle principali asset class e nella forma di tavole rotonde su temi specifici: fixed income, thematics, Usa e Cina e Etf. Tra gli ospiti, personalità del settore come Fabrizio Maronta di Limes e gli esperti della casa.
Proprio a proposito dei riflessi geopolitici sull’inflazione, c’è chi teme una nuova fiammata dei prezzi in scia alle tensioni nel Mar Rosso. Quali scenari avete in mente?
Secondo il nostro scenario di base, il trend discendente dell’inflazione proseguirà e le banche centrali inizieranno a tagliare i tassi. Ma siamo comunque consapevoli dei rischi e dei movimenti che il mercato ha già fatto. Dopo il rally di fine anno, abbiamo infatti rivisto il nostro posizionamento e lo abbiamo reso più neutrale sulle obbligazioni proprio pensando che gli investitori stessero già scontando la maggior parte delle buone notizie. Anche i potenziali conflitti in corso minacciano però di avere impatti negativi sull’andamento dei prezzi. E, sullo sfondo, resta l’ipotesi di eventuali effetti negativi derivanti da un allentamento troppo prematuro della politica monetaria di Fed o Bce. Per proteggere i portafogli da sorprese negative rispetto allo scenario base, non resta quindi che inserire delle coperture: in particolare, l’esposizione al dollaro e al settore energy.
Non solo guerre. Il 2024 sarà il più grande anno elettorale della storia e vedrà, tra i principali appuntamenti alle urne, anche quelli in Usa ed Ue. Cosa vi aspettate e quali effetti prevedete sui mercati?
Riteniamo che i mercati obbligazionari si muoveranno soprattutto in base ai dati di inflazione e crescita o alle aspettative sulle future mosse delle banche centrali. Ma è vero anche che le elezioni possono avere un loro ruolo su queste stesse variabili. Politiche fiscali espansive hanno già portato a un forte aumento del debito pubblico e, partendo da curve dei rendimenti quasi piatte, ci possiamo aspettare che gli investitori chiedano un premio al rischio maggiore in futuro per investire nelle scadenze più lunghe, limitando il rally su questa parte della curva. Inoltre, gli occhi sono puntati verso le presidenziali statunitensi, che potrebbero chiarire se la linea tra Pechino e Washington possa continuare a essere quella del dialogo o se si tornerà a atteggiamento più conflittuale. Ipotesi che potrebbe portare volatilità sui mercati azionari.
Quanto alla deglobalizzazione innescata dalla pandemia? Si tratta di una parentesi o è un mutamento strutturale? Come cambierà i mercati, specie rispetto al ruolo degli EM?
Anche se ne parliamo sempre di più dal 2020, la deglobalizzazione è iniziata molto prima. E a influenzarla sono stati sia i cambiamenti tecnologici, con alcuni beni via via sostituiti da servizi digitali, sia l’aumento del costo del lavoro in alcuni Paesi emergenti, che ha favorito lo spostamento della produzione in aree in più convenienti come il Sud Est Asiatico, sia l’elezione di Donald Trump nel 2016, dalla quale è scaturito friend-shoring americano verso Messico e Canada. A nostro avviso, tuttavia, il ruolo degli emerging markets continuerà a rimanere chiave: i processi modifica delle catene produttive richiedono infatti tempo e molti Stati hanno trovato una loro specializzazione, con specifiche professionalità che non possono essere replicate velocemente altrove.
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