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Lo scenario di un greggio in rampa di lancio potrebbe concretizzarsi se il conflitto in Palestina dovesse diventare una guerra regionale. Ma sarà una fiammata temporanea, come nella guerra del Golfo
L’assalto a sorpresa lanciato da Hamas contro Israele dello scorso 7 ottobre ha determinato un’impennata del prezzo del petrolio, con gli indici Wti e il Brent che in poche settimane hanno registrato un rialzo del 10%. I corsi sono ancora lontani dai massimi registrati nel 2023 (rispettivamente 95,03 e 97,69 dollari al barile) ma, se il conflitto in Palestina dovesse estendersi anche ad altre aree del Medio Oriente, allora il greggio potrebbe toccare nuovi record.
“La nuova crisi potrebbe portare al rialzo dei prezzi ma molto probabilmente saranno solo temporanei fintanto che gli scontri rimarranno circoscritti”, conferma Dario Angelino, responsabile advisory di Symphonia Sgr. Che fa notare come sia invece il mercato del gas ad aver già subito un contraccolpo, risentendo della chiusura di un importante giacimento israeliano. Non solo, però. L’esperto fa notare anche come il vero centro dell’attenzione sia ora l’Iran: “L’attenuazione delle sanzioni americane aveva portato all’incremento della produzione iraniana di greggio negli ultimi mesi. Ma se la crisi dovesse aggravarsi e Teheran dovesse essere maggiormente coinvolta negli scontri, le penali tornerebbero a inasprirsi, con ripercussioni sull’offerta globale di oro nero”. Fanno eco le parole di Alessandro Rollo, product manager di VanEck, che spiega …
