A Francoforte vincono i falchi: +50 punti base e ritocco analogo a marzo. Gli aumenti poi proseguiranno in base ai dati. I gestori: “Possibile uno stop in primavera”
La Banca centrale europea in modalità super falco alza e raddoppia. Come atteso dai mercati, l’Eurotower ha deciso di aumentare i tassi d’interesse di mezzo punto percentuale, portando quello sui rifinanziamenti principali al 3%, quello sui depositi al 2,50% e quello sui prestiti marginali al 3,25%. E, a scanso di equivoci, ha anche preannunciato che nella prossima riunione del 16 marzo farà la stessa cosa, “per poi valutare la successiva evoluzione della sua politica monetaria”.
Nel comunicato post meeting, il consiglio direttivo ha quindi messo nero su bianco che tra un mese intende procedere con un ulteriore rialzo di 50 punti base, vista la pressione dell’inflazione, e ha aggiunto che continuerà a ritoccare i tassi “significativamente” e a un ritmo costante, mantenendo così l’avverbio utilizzato per indicare la determinazione a innalzare con decisione il costo del denaro.
Il board di Francoforte, che ha preso le sue decisioni a larga maggioranza ma non all’unanimità, ha poi anche confermato che da marzo inizierà a ridurre le disponibilità di titoli detenuti nell’ambito del programma App, al ritmo di 15 miliardi al mese fino a giugno, segnalando che per gli acquisti di obbligazioni societarie i restanti reinvestimenti saranno maggiormente orientati verso gli emittenti con una migliore performance climatica. Quanto al Pepp, la Bce reinvestirà il capitale rimborsato dai titoli in scadenza almeno fino alla fine del 2024, senza interferire con la politica monetaria.
La mossa è stata presto spiegata dalla presidente Christine Lagarde nella consueta conferenza stampa. “Non c’è ancora un processo di disinflazione. Se guardiamo all’inflazione di fondo, eravamo al 5% a novembre, siamo saliti al 5,2% a dicembre e siamo tuttora al 5,2%, il massimo storico”, ha detto, spiegando perché l’Area Euro non può dirsi nella stessa situazione degli Usa, dove mercoledì la Fed ha parlato di segnali di “disinflazione”.Intanto, nonostante la crescita dello 0,1% nel quarto trimestre 2022, l’attività economica “è rallentata notevolmente e ci aspettiamo resti debole nel breve termine”, ha aggiunto Lagarde, indicando nell’incertezza politica, nella guerra e nell’alta inflazione i fattori che continueranno a frenare la crescita, prima di una successiva ripresa.
Quanto al futuro, la presidente ha allontanato l’ipotesi che la banca centrale, dopo un ulteriore rialzo consecutivo anticipato per il mese di marzo, possa aver terminato con la stretta. “Dovremo valutare” i dati economici, ha precisato. Con il quinto aumento di fila, la Bce è arrivata sui massimi dal 2008 al 2,5%, ma comunque sotto il 4,5-4,75% della Fed e il 4% della BoE (che contemporaneamente ha deciso di aumentare il costo del denaro di 50 punti base per la decima volta consecutiva).
La reazione dei mercati però non si è fatta attendere. Subito dopo l’annuncio, le Borse europee hanno incrementato i guadagni, mentre il rendimento del Btp è scivolato al 4,04%, giù di 24 punti base sui minimi di giornata, con lo spread in calo. In frenata anche l’euro, tornato sotto quota 1,1 con il dollaro.
“Nonostante i dati in linea con le attese, i mercati hanno reagito in modo molto deciso dopo l’annuncio, con un crollo di tassi e spread molto significativo e una diminuzione del tasso terminale atteso”, sottolinea Giorgio Broggi, quantitative analyst di Moneyfarm, secondo cui il punto chiave sta nella mancanza di una precisazione presente nell’ultimo annuncio di dicembre che evidenziasse le sostanziali revisioni al rialzo delle attese di inflazione: “Per la prima volta sembra che anche la Banca centrale europea, come quella americana ieri, abbia ammesso che l’aumento dei prezzi sia in parte sotto controllo, o comunque meno a rischio di una spirale al rialzo, generando speculazioni su una politica monetaria relativamente più accomodante”.
“La Bce ha segnalato un forte impegno a rialzare ancora di 50 punti base nella riunione di marzo, ma da lì in poi un approccio più correlato ai dati”, sottolinea Steve Ryder, sovereign portfolio manager di Aviva Investors, secondo cui la riunione odierna suggerisce che anche l’Eurotower sia convinta di essere vicina alla fine della stretta monetaria. “Riteniamo che questo picco di inasprimento continuerà a ridurre la volatilità dei titoli di Stato nei prossimi mesi e costituirà un’interessante opportunità di rendimento”, assicura Ryder.
Per Elliot Hentov, head of Macro Policy Research di State Street Global Advisors, il board di Francoforte ha fatto un ottimo lavoro, ma anche un lieve rallentamento dell’economia inizierà a rendere più complicata la traiettoria di politica monetaria. Di quanto ancora possono aumentare i tassi di interesse in un sistema stagnante, dopo che la banca centrale ha avviato il ciclo di inasprimento più rapido della storia? “In totale non è possibile un rialzo di oltre 100 punti base prima che la politica monetaria venga percepita come un vincolo alla ripresa. Inoltre, la Bce sta riducendo il proprio bilancio, scelta che si ripercuote in modo sproporzionato sulle condizioni del credito europeo rispetto a quelle statunitensi. Quindi l’inasprimento monetario avrà uno stop in primavera, anche se siamo ancora ben lontani dalla possibile inversione di rotta della traiettoria al rialzo”, afferma Hentov.
Sulla stessa lunghezza d’onda anche Dave Chappell, gestore mercato obbligazionario di Columbia Threadneedle Investments. Secondo lui, anche se la riunione di marzo sembra bloccata a +50 punti base, le condizioni globali potrebbero essere molto diverse quando il board si riunirà a metà giugno. “Sebbene la presidente Lagarde abbia sottolineato che in seguito ci sarà ancora molto da fare, la banca centrale potrebbe trovarsi da sola nel continuare a perseguire una politica monetaria in territorio restrittivo. La fine sembra vicina e i mercati lo hanno percepito”, sostiene.
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