USA, mercato del lavoro solido: addio a un altro maxi taglio Fed
Il Job report di settembre supera le attese e allontana lo spettro recessione. Ora gli analisti si aspettano due tagli da 25 punti base entro fine anno. “Occhio alla duration”
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Non solo Giappone. L’oscurarsi della stella di Pechino ha portato gli investitori a focalizzarsi sull’India, tra i Paesi emergenti con le maggiori prospettive di sviluppo. E per molteplici motivi. Oltre a un’inflazione stabile e a un debito pubblico in calo, il Pil 2023 del Subcontinente è infatti aumentato di circa il 7% e promette di crescere ancora nei prossimi 12 mesi. A gennaio il mercato azionario locale ha poi superato la Borsa di Hong Kong, diventando il quarto più grande al mondo. E anche a livello politico il Paese appare stabile: il Bjp, partito di governo guidato dal premier Narendra Modi, ha infatti vinto in tre Stati chiave su quattro nelle elezioni regionali e sembra ora più vicino che mai al successo alle consultazioni generali di giugno. Tutti fattori che giustificano il risultato del sondaggio condotto da Goldman Sachs, secondo cui “c’è un chiaro consenso sul fatto che Nuova Delhi sia la migliore opportunità di investimento a lungo termine”. Tanto che anche gli analisti iniziano a chiedersi se sia il caso di parlare di una “nuova Cina”.
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Per Ipek Ozkardeskaya, analista senior Swissquote, è probabile di sì. Mentre Pechino è infatti alle prese con il peggioramento della crisi immobiliare e l’invecchiamento della popolazione, l’India ha battuto le attese e registrato una crescita dell’8,4% nel quarto trimestre. E se è vero che parte dell’incremento del Pil potrebbe dipendere da un aumento delle tasse, spiega l’esperta, “il governo prevede che raggiungerà comunque un enorme 7,6% entro marzo”. Questo aspetto, unito alla sovraperformance del Nifty 50 sul Csi cinese dalla metà del 2021, spinge Ozkardeskaya ad affermare che “l’India potrebbe finalmente diventare la nuova Cina”.
Anche per James Thom, senior investment director Asian Equities di abrdn, il Paese asiatico sembra offrire ottime opportunità agli investitori. L’esperto fa infatti notare come le radicali riforme attuate da Modi abbiano consentito di finanziare progetti fondamentali per gettare le basi di una crescita sostenibile e abbiano permesso al mercato di generare forti rendimenti azionari. “L’India sta vivendo un boom del settore immobiliare e attraversando una fase positiva sul fronte della fiducia dei consumatori, sia tra la classe media che nelle aree urbane”, evidenzia. Per poi aggiungere: “Stiamo assistendo a un’impennata degli investimenti in infrastrutture”, evidenzia.
L’analista della casa di investimetno ricorda poi che gli Stati Uniti stanno collaborando attivamente con New Delhi al fine di creare un contrappeso al Dragone. “Questo allineamento strategico ha portato a un aumento dei flussi di investimenti diretti esteri, soprattutto perché le aziende globali cercano di diversificare le basi produttive”, chiarisce. Prova ne è, secondo Thom, la creazione di centri di competenza globali nei quali le multinazionali trasferiscono le funzioni di back-office per avvalersi della manodopera qualificata e a buon mercato. Dal canto suo, il governo locale ha incoraggiato il trend con iniziative come il Production-Linked Incentive Scheme, sistema di agevolazioni fiscali e sussidi che ha attratto capitali soprattutto in settori come la produzione di smartphone. “Gran parte di questa attività è andata a scapito della Cina, se non altro sul piano dei nuovi investimenti, un ambito in cui Pechino sta accusando perdite”, osserva l’esperto.
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Nonostante le valutazioni elevate, Thom crede che l’India offra agli investitori un’ampia gamma di occasioni interessanti. “Le banche, le società di infrastrutture, lo sviluppo residenziale e le attività incentrate sui consumi interni vanno considerate”, afferma. “La cautela è d’obbligo ma, adottando un approccio selettivo e mantenendo una visione a lungo termine, gli investitori hanno a disposizione numerose opportunità per approfittare della tesi di crescita del Paese”, sottolinea. Anche nell’ambito della green economy e delle energie rinnovabili, New Delhi sta compiendo notevoli passi avanti. Eppure, l’esperto avverte che orientarsi nei mercati pubblici indiani per effettuare investimenti diretti in questi campi può rappresentare un’impresa ardua: “Vista la pochezza di aziende pubbliche allineate al tema, gli operatori possono esporvisi in maniera indiretta tramite fornitori di componenti e servizi”.
I rischi naturalmente non mancano. Thom ne indica tre in particolare: le imminenti elezioni politiche, lo status di importatore netto di petrolio che il Paese può attualmente vantare e le tensioni geopolitiche con il vicino Pakistan. “Il mercato azionario indiano è storicamente scambiato a un premio rispetto ad altri mercati emergenti. Tuttavia, le valutazioni sono attualmente elevate, persino su base relativa, in particolare per quanto riguarda le società small e mid-cap”, analizza. Il potenziale di crescita dell’India è chiaramente il motivo per cui gli investitori sono disposti a pagare un premio ma l’esperto consiglia di valutare bene quanto si è disposti a pagare per tale crescita.
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