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Alex Araujo, gestore di M&G (Lux) Global Themes Fund, svela i segreti per orientarsi in un peer group densamente popolato e dalle logiche non sempre chiare
Gli investimenti tematici sono tra quelli che più potrebbero beneficiare della ripartenza attesa per il 2023. Ma se vogliono garantirsi rendimenti adeguati in un anno che continuerà a essere dominato dall’incertezza, gli investitori attivi in questo segmento hanno bisogno più che mai di sangue freddo e una certa dose di pragmatismo. Ne è convinto Alex Araujo, che proprio alla filosofia della prudenza deve il suo successo in M&G. È infatti puntando su una crescita a prezzi ragionevoli che Global Themes Fund, il fondo tematico sotto la gestione sua e del suo team, è riuscito a sovraperformare il benchmark del 4,5% anche nel travagliato 2022. Demografia, transizione ecologica, infrastrutture e innovazione i driver che guidano la strategia di un prodotto capace di generare negli ultimi quattro anni un rendimento del 10%.

Alex Araujo, portfolio manager di M&G
Il mercato dei tematici è densamente popolato e governato da logiche non sempre chiare. Come aiutare l’investitore a orientarsi in un contesto di questo tipo?
L’utilizzo del termine ‘tematico’ ha iniziato a essere abusato con la conseguenza che, sempre più spesso, i clienti si sentono confusi rispetto a questo stile o comunque non sono del tutto consapevoli di cosa comporti. La realtà è ben più semplice di quanto non possa sembrare: investire per temi equivale a investire nel mercato azionario globale ma guardando alle opportunità da cogliere secondo un’ottica di lungo periodo. Ciò implica cautela nelle scelte di allocazione, attenzione alla preservazione del capitale e quindi un naturale focus su titoli che siano sì legati a dinamiche secolari ma anche in grado di garantire alta qualità, valutazioni interessanti e flussi di cassa regolari. Altro tema importante è l’opzionalità: mentre molti operatori sono disposti a strapagare determinati titoli sulla base di aspettative troppo lontane nel tempo e poco radicate nella realtà, noi cerchiamo aziende il cui potenziale di sviluppo sia supportato dai fondamentali ed altri fattori concreti come brevetti o diritti di proprietà intellettuale. E anche quando le incontriamo, tendiamo ad acquistarle solo se presentano valutazioni adeguate alla loro condizione presente. In altre parole, non ci concentriamo su trend di lunghissimo periodo e cerchiamo di incamerare in portafoglio potenziale di upside gratis o comunque a prezzi molto bassi.
La fine delle politiche accomodanti delle banche centrali ha avuto ripercussioni soprattutto sulle mega cap, un’asset class su cui voi siete oggi esposti per circa il 50%. Pensa che nel tempo possiate spostarvi verso società a più bassa capitalizzazione?
Si tratta di uno scenario possibile ma non scontato perché la nostra esposizione attuale è comunque frutto di scelte strategiche. La fine della liquidità ha impattato le mega cap semplicemente perché tutti le avevano in portafoglio e ai primi segnali di tightening da parte della Fed si è innescato un vero e proprio shake out: noi ci aspettavamo una dinamica di questo tipo ed è proprio in quel momento che abbiamo colto l’opportunità di investire in Google, Tencent, Microsoft, tutti titoli che fino ad allora possedevamo in piccole quantità. Altro esempio di questo approccio viene da Intel: è una società che sta vivendo un periodo travagliato tra cambi di strategia, ceo e management ma noi ci abbiamo puntato perché vi intravediamo un valore intrinseco dato dall’essere relativamente protetta da dinamiche geopolitiche come la guerra dei chip.
La vostra esposizione in valute è molto diversificata: ci spieghi il motivo.
Per affrontare fasi di mercato complicate è necessario diversificare. E questa diversificazione deve avvenire non solo a livello di temi, che infatti nel nostro caso si articolano addirittura in otto sotto-temi, ma anche su base geografica. La ragione è semplice: ogni singolo tema si sviluppa in direzione diversa a seconda del Paese o della regione in cui è presente, orientando le scelte di investimento di conseguenza. Nel caso della demografia, ad esempio, si osserva un invecchiamento della popolazione nei Paesi Occidentali mentre in quelli orientali la quota di persone giovani è in continuo aumento. La strategia sulle valute altro non è che la naturale prosecuzione di questo ragionamento.
Cina e India promettono di diventare i luoghi dove molti dei temi su cui puntate subiranno la maggiore. Ma allo stesso tempo sono anche contesti talvolta molto problematici. Qual è il vostro approccio rispetto a Paesi come questi?
Ci sono diversi modi di cogliere le opportunità in mercati simili. In certi casi investiamo direttamente negli Emergenti come abbiamo fatto posizionandoci su Tencent, cioè scegliendo di puntare su un conglomerato high tech cinese che proprio in Cina serve oltre un miliardo di persone. Generalmente, tuttavia, tendiamo a preferire un’esposizione indiretta, cioè attraverso società domiciliate e quotate nei mercati sviluppati ma che portano guadagno dagli Emergenti in quanto lì hanno attività e volani di business. Un esempio di questo approccio viene da American Tower, gruppo di connettività mobile presente a Wall Street che però possiede più torri in India di quante ne abbia negli States e investe molto in Africa Occidentale o in America Latina. Si tratta, in fin dei conti, di un’altra strategia per preservare il capitale in contesti incerti. Ed è proprio questa strategia che, su larga scala, ci ha premiato nel 2022 permettendoci di essere resilienti e avere un buon ritorno nonostante un quadro complicato.
Avete in portafoglio circa 60 titoli, una quantità non così ampia guardando a fondi simili al vostro. Perché?
Nell’active management occorre conoscere bene ciò in cui si investe e credo che oltre la soglia di titoli che possediamo sia molto difficile attuare un adeguato monitoraggio. Essere esposti su troppi titoli significa infatti iniziare ad allinearsi al rendimento di mercato mentre l’obiettivo di un gestore attivo deve essere quello di sovraperformare il benchmark. Lo stesso ragionamento ci impone anche un turnover molto basso perché la nostra è una strategia buy-and-hold guidata dalla natura di lungo periodo che contraddistingue i temi. Ecco perché nelle fasi in cui siamo molto attivi ci limitiamo a ruotare il capitale tra gli asset in portafoglio in base alle opportunità.
Come avete incanalato la capacità di equity di M&G verso l’approccio tematico?
Quando si intraprendono investimenti tematici è importante aprirsi al più ampio universo di investimento possibile e poi procedere per sottrazione. E così abbiamo fatto io e il mio team. Siamo cioè partiti dal mercato azionario globale, abbiamo rimosso le società al di sotto dei requisiti di liquidità richiesti o quelle che violavano certi standard e abbiamo selezionato le rimanenti in funzione delle opportunità connesse al tema su cui volevamo puntare. Perché è il tema che deve trovare corrispondenza nelle aziende mentre spesso accade il contrario, cioè che l’interesse per la singola società porti a sforzarsi di trovare una coerenza tematica anche dove non c’è.
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