Per gli investitori a Francoforte prevarranno i falchi e Lagarde aumenterà i tassi di 50 punti base. E i rialzi potrebbero continuare per tutto l’anno e oltre. Più complicato il compito della BoE
Ci siamo. Le banche centrali, protagoniste quasi assolute del 2022 dei mercati, sono pronte a riprendersi la scena anche nel 2023 con la prima riunione del nuovo anno. Se al di là dell’Atlantico sono praticamente tutti d’accordo su una Fed un pochino meno aggressiva, vera protagonista è questa settimana la Banca centrale europea, dove la guerra tra falchi e colombe a colpi di dichiarazioni è tornata più accesa che mai, facendo quindi scommettere su un altro aumento di 50 punti base.
L’inflazione in rallentamento, la crescita economica più in salute del previsto e la stretta monetaria iniziata in ritardo rispetto agli Usa rendono infatti il compito di Christine Lagarde più gravoso, tanto che secondo Thomas Hempell, head of macro & market research di Generali Investments, bisogna prepararsi a crescenti divergenze nelle politiche monetarie tra le due sponde dell’Oceano, con i falchi di Francoforte che prevarranno ancora. “In un delicato compromesso – afferma Hempell – lo scorso dicembre alcuni falchi hanno accettato il rallentamento degli aumenti dei tassi a 50 punti base, in cambio di una guida prospettica ancora aggressiva e di un impegno vincolante verso un inasprimento quantitativo. Alcune colombe hanno recentemente messo in discussione questa tregua, spingendo per aumenti minori a partire da febbraio, dopo che l’inflazione complessiva è scesa al di sotto del 10%”.
Tuttavia, per l’esperto di Generali Investments, è più probabile che la Bce manterrà la rotta. “Tra l’elevato Consumer price index core (+5,2% a dicembre), la resilienza economica (non ci aspettiamo più una recessione invernale), l’aumento dei salari e gli impegni della presidente Lagarde, vediamo ancora prevalere i falchi. I mercati sottostimano il livello massimo dei tassi che l’Eurotower raggiungerà, che è al 3,5% nelle nostre indicazioni”, afferma.
D’altra parte, come sottolinea Hetal Mehta, senior european economist di Lgim, Lagarde si è legata le mani da sola quando, poco prima di Natale, ha indicato ai mercati che ad inizio 2023 si sarebbero dovuti attendere ulteriori rialzi per almeno 100 punti base. “Sebbene in passato le direttive della Bce sia state spesso soggette a bruschi capovolgimenti, riteniamo che l’inflazione elevata e la forte pressione salariale faranno sì che si realizzi quanto è stato annunciato. Inoltre, se l’inflazione core dovesse mantenersi su livelli ritenuti insostenibili, i rialzi potrebbero perdurare per tutto l’anno e anche oltre”, avverte la Mehta.
Dunque, giovedì prossimo, un rialzo di 50 punti base è praticamente scontato, come sottolinea anche Elliot Hentov, head of macro policy research di State Street Global Advisors, per il quale quest’anno l’operato dell’Eurotower sarà molto più in linea con le aspettative dei mercati. “I tassi europei hanno sempre prezzato in eccesso o in difetto l’esito finale, poiché in gioco c’erano variabili solitamente sinonimo di incertezza quali le condizioni climatiche e le tensioni geopolitiche. Ma adesso che lo scenario peggiore è stato palesemente evitato, i tassi dell’Eurozona sono ben al di sotto dei livelli necessari per contenere l’inflazione”.
Hentov fa notare anche che maggiori incertezze circondano invece lo stato di salute dell’economia dell’Eurozona, con gli ultimi dati macro che continuano a essere positivi, tanto che gli esperti stanno riconsiderando la possibilità di rivedere le aspettative di una recessione. Rallentamento che costringerà Lagarde e colleghi a non superare la soglia del 3,5%. “Anche se l’outlook è meno sconfortante rispetto a quello autunnale, non basta per evitare una contrazione più contenuta per quest’anno – analizza -, a causa dell’impatto sui redditi reali, del prolungato aumento dei prezzi dell’energia rispetto a quelli registrati prima del 2022 e dell’inasprimento monetario. Il rallentamento economico costringerà la Bce a interrompere il rialzo dei tassi e a non superare la soglia del 3,5%. Una parte dei fattori che vincolano Francoforte a non superare tale livello sarà rappresentato dal rischio di tasso d’interesse che grava su alcuni debiti sovrani, come ad esempio quello dell’Italia”.
Lagarde è però in buona compagnia nel Vecchio Continente. Anche la Bank of England è attesa ritoccare all’insù i tassi di mezzo punto percentuale. A detta della Mehta, infatti, alla banca centrale di sua maestà tocca affrontare lo scenario peggiore, in quanto alla bassa crescita economica si affiancano un’inflazione e una pressione salariale più alte di quelle dell’Eurozona. “In un contesto del genere, non sorprende riscontrare un disaccordo molto elevato all’interno della Monetary Policy Committee, dove recentemente si sono venute a creare tre diverse spaccature; un evento a cui verosimilmente assisteremo di nuovo in futuro”, mette in guardia.
“Sebbene non ci troviamo in disaccordo con il mercato, che sta prezzando il percorso che dovrebbero seguire i tassi d’interesse – precisa l’esperta – bisogna tenere in considerazione l’offerta totale di Gilt, influenzata dal quantitative tightening della stessa BoE. Infatti, la nostra posizione verso i titoli di stato britannici è ottimistica, in quanto rappresentano una questione ormai ben nota e il Debt management Office dovrebbe essere flessibile su come rispettare le scadenze”.
Dello stesso parare Katharine Neiss, chief european economist di Pgim Fixed Income, secondo cui la BoE opterà per un nuovo aumento di 50 punti base, portando il tasso di riferimento al 4%, ma sarà presto costretta a fare i conti anche con lei forti pressioni sui consumatori, il cui sentimentsi è deteriorato e rimane più basso rispetto al periodo peggiore della pandemia o della crisi finanziaria globale. “Le vendite al dettaglio hanno subito una contrazione in tutti i mesi del 2022, tranne uno. Anche in un mercato del lavoro rigido, dalla primavera dell’anno scorso abbiamo assistito a un calo costante dei posti di lavoro”, evidenzia.
“La BoE è stata criticata per il ritardo nell’affrontare l’impennata dell’inflazione. Non vorrà che si pensi possa essere ricaduta nell’errore contrario, ovvero essere costretta a tagliare rapidamente i tassi in un contesto di inflazione in calo e di indebolimento dell’economia. I timidi segnali a indicazione del fatto che l’inflazione headline avrebbe raggiunto il picco verso la fine dello scorso anno suggeriscono che la BoE potrebbe essere vicina alla fine dell’attuale ciclo di rialzi, con un picco dei tassi appena superiore al 4%”, conclude quindi la Neiss.
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