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Secondo l’agenzia, gli emittenti sono solidi e il 2025 sarà un anno all’insegna della resilienza. Qualità del credito nella media UE, ma sulla produttività pesano gli alti costi energetici
Nonostante il rallentamento economico, il 2025 sarà un anno all’insegna della resilienza per il credito delle aziende italiane. È la view di S&P che, nel suo report dedicato al prossimo anno degli emittenti corporate del nostro Paese, evidenzia la solidità del settore e assegna un outlook stabile a circa il 70% delle imprese con rating. Tuttavia i rischi non mancano, mettono in guardia gli analisti dell’agenzia statunitense, a cominciare dalle tensioni geopolitiche.
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Qualità del credito nella media UE
“La qualità del credito è ampiamente in linea con quella dei pari europei”, si legge nel documento, nel quale si precisa come sia le prospettive positive che quelle negative siano leggermente aumentate rispetto al 2023. Secondo l’agenzia di rating, gli alti tassi di interesse hanno inciso in misura moderata sul flusso di cassa, con effetti più pronunciati nella categoria “B”, dove si è registrata una contrazione significativa. Tuttavia, questo fattore da solo non ha portato ad azioni di rating negative.
Investimenti stagnanti, leva finanziaria in lieve miglioramento
Quanto agli investimenti societari, la crescita risulta essersi quasi stabilizzata, in linea con la maggior parte dei Paesi comparabili: una comprensibile conseguenza dell’incertezza economica e dell’aumento dei rischi geopolitici. Nonostante questo, viene però chiarito, il ciclo di espansione della spesa in conto capitale (capex) non mostra segni di flessione, grazie alla spinta di digitalizzazione e transizione climatica. Per S&P, la leva finanziaria migliorerà in misura modesta il prossimo anno, ma rimarrà al di sopra dei livelli pre-pandemici. Stesso discorso per il rapporto debito/Ebitda che, pur mostrando una progressiva ripresa rispetto ai picchi della pandemia, resterà elevato. Colpa soprattutto di una maggiore leva nella categoria di rating “speculative-grade”, dovuta a nuove transazioni finanziate in questo modo.
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Gli alti costi energetici limitano la competitività
Grazie alla capacità delle aziende italiane di riconquistare i mercati esteri e di migliorare l’offerta, secondo S&P il valore aggiunto lordo dell’industria manifatturiera ha registrato una buona performance a seguito della pandemia rispetto ai Paesi comparabili. Alla luce di questo, la produttività del lavoro nel settore è stata pari a quella della Germania e degli Stati Uniti. La stagnazione a livello nazionale è dovuta principalmente ai settori orientati al mercato interno, come i servizi, la pubblica amministrazione e l’edilizia.
A pesare sulla competitività tricolore ci sono però gli elevati costi energetici. I prezzi dell’elettricità rimangono infatti superiori a quelli dei Paesi europei e degli USA, principalmente a causa della maggiore dipendenza dal gas naturale. Infine, gli analisti segnalano che il rischio informatico delle aziende italiane è in aumento, anche se finora ha avuto un impatto limitato sui rating. “In base ai dati di RiskRecon, è in linea con la media europea e mondiale. Il settore delle telecomunicazioni presenta il grado RiskRecon più debole tra le imprese sia in Italia che in Europa”, conclude il report.
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