Azionario USA: non solo tech
Gli esperti di AllianceBernstein John H. Fogarty e Vinay Thapar analizzano le prospettive di crescita del mercato USA e dei differenti settori che lo compongono
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Non si è fatta attendere la risposta dei ‘falchi’ della Banca centrale europea ai colleghi ‘colomba’ che negli ultimi giorni avevano rinfocolato le speranze di un maxi taglio dei tassi natalizio. Portavoce dell’ala rigorista dell’Eurotower si è fatta Isabel Schnabel, membro tedesco del board, che ha letteralmente gelato i mercati definendo limitato lo spazio per ulteriori riduzioni del costo del denaro. Intanto, mentre gli investitori attendono la prima stima dell’inflazione dell’Eurozona di novembre, attesa in aumento, nel suo Outlook 2025 dedicato all’Area euro S&P ha limato al ribasso le sue previsioni su crescita e prezzi.
“Date le prospettive di inazione, ritengo che potremo spostarci gradualmente verso la neutralità se i dati in arrivo continueranno a confermare la nostra base”, ha spiegato Schnabel in un’intervista a Bloomberg. “Metterei in guardia di non andare troppo lontano, cioè in territorio accomodante”, ha avvertito, spiegando di stimare la neutralità, “che non può essere misurata con precisione”, al 2%-3%. Con un costo del denaro al 3,25%, ha precisato, “potremmo non essere così lontani”.
L’economista teutonica ha riconosciuto che l’economia europea “è in stagnazione”, ma si è detta “per niente sorpresa” del calo degli indici Pmi, sui quali pesa “il clima di incertezza che stiamo affrontando dopo le elezioni Usa e i problemi politici in alcuni dei principali Paesi dell’Eurozona”. A suo dire il blocco si trova a dover fronteggiare una “combinazione tra debolezze strutturali e cicliche in un ambiente globale molto volatile e incerto”. Le attese sono però per “una ripresa trainata dai consumi, sostenuta da stipendi in rialzo e tassi di interesse in calo”. Per Schnabel “non ci sono al momento rischi di recessione”, anche se il mercato del lavoro, che “ha retto bene a lungo”, ora appare con “evidenza aneddotica” in contrazione specialmente in Germania e i tassi di disoccupazione “stanno salendo lentamente”. Quanto all’inflazione, questa a suo parere “tornerà su livelli sostenibili al 2% nel corso del 2025 e non importa se nella prima o nella seconda parte dell’anno”.
Secondo il membro del board Bce, il punto è che “le imprese non investono per motivi diversi dalla politica monetaria. E portare i tassi sotto un livello neutrale non significa spingere gli investimenti”. Per riuscirci servono invece “politiche strutturali”, mentre “il costo di avere tassi accomodanti potrebbe essere più alto del beneficio”. “Dobbiamo avere chiare le origini della debolezza dell’economia per capire come la politica monetaria possa rispondere in modo più adeguato”, ha avvertito. Quanto al taglio da 50 punti base atteso per l’ultima riunione di dicembre, il falco tedesco ha sottolineato la sua “forte preferenza per un approccio graduale”, ribadendo che un approccio meeting-by-meeting è quello più appropriato.
Intanto, l’agenzia di rating S&P ha modificato le stime sul Pil di Eurolandia. Nel suo Outlook macroeconomico per il 2025, ora si aspetta una crescita dello 0,8% per quest’anno, in linea con la previsione di settembre, e dell’1,2% per il prossimo, contro il +1,3% precedente. In particolare, la Germania sarà “in ritardo rispetto agli altri Paesi dell’Eurozona”, mentre la Spagna continuerà “a registrare performance superiori”. Sul fronte inflazione, gli analisti Usa stimano un calo “più pronunciato” dei prezzi dell’energia: ne consegue che nel 2025 l’inflazione sarà “marginalmente più bassa di quanto previsto”, al 2,4% contro il 2,5% precedente. Quanto alla Bce, la view è che i tassi verranno tagliati più rapidamente di quanto precedentemente atteso, a causa della “persistente debolezza della fiducia e di una migliore visibilità sulla traiettoria della disinflazione”. Tale cambiamento riguarda appunto i tempi, ma non l’entità delle sforbiciate: S&P si attende infatti che il tasso di policy principale raggiunga il 2,5% prima dell’estate prossima, rispetto alla previsione precedente che guardava a settembre.
Gli analisti mettono poi in guardia sul fatto che il “lungo periodo di stabilità” nelle previsioni macro potrebbe presto terminare. “I nuovi leader di Stati Uniti, Unione Europea e Germania potrebbero prendere infatti decisioni all’inizio del prossimo anno su dazi, difesa e spese generali che potrebbero ridisegnare le prospettive economiche”, evidenziano. In particolare un potenziale rischio viene dalle politiche che il presidente eletto Donald Trump potrebbe varare, in particolare su immigrazione, tasse e dazi alla Cina e ad altri Paesi. “Anche se è troppo presto per valutare l’entità e la sequenza con cui verrà attuato il programma presentato in campagna elettorale, le misure proposte hanno il potenziale per alterare l’outlook economico dell’Eurozona”, spiega l’agenzia. Sottolineando che “la tempistica di un eventuale inasprimento dei dazi sarà importante”, visto che durante il suo primo mandato ci sono voluti 10-12 mesi per arrivare all’applicazione di nuove tariffe, mentre in questo caso ci si aspetta che possano arrivare entro i primi cento giorni.
Per quanto riguarda il mercato del lavoro, S&P segnala che “la forte e continua disinflazione al 2% nel terzo trimestre 2024, da un picco del 10% nel quarto trimestre 2022, non ha comportato la perdita di posti. L’occupazione totale è aumentata dello 0,2% nel terzo trimestre, per il 14esimo trimestre consecutivo, mentre il tasso di disoccupazione dell’Eurozona ha raggiunto un nuovo minimo pluridecennale del 6,3% a settembre”. In miglioramento anche le spese delle famiglie, che “cominciano a percepire un incremento del potere di acquisto”, mentre “i tassi d’interesse più bassi creano meno incentivi a risparmiare”. In sostanza, “le spese per consumi si stanno lentamente riprendendo dallo shock determinato da alta inflazione e alti tassi di interesse”.
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