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Otlook Abi-Cerved: tassi di default in lieve crescita al 2,9% quest’anno e al 3% il prossimo. Industria a costruzioni maglia nera
I crediti deteriorati delle imprese italiane sono destinati ad aumentare. Tra i dazi di Donald Trump, le tensioni internazionali e l’andamento anemico del PIL italiano, infatti, si prevede per quest’anno una crescita dei tassi di default al 2,9%, rispetto al 2,6% registrato nel 2024, e poi un ulteriore incremento al 3% nel 2026. La stima arriva dall’Outlook Abi-Cerved 2025-27, secondo cui in ogni caso si tratterà di livelli “sensibilmente più contenuti rispetto a quelli registrati durante le precedenti crisi”. Nel 2027 il valore tornerà poi a scendere al 2,9%, lo stesso del 2019 e ben al di sotto al picco del 7,5% toccato nel 2012.
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Pesano le tensioni internazionali
L’analisi spiega che l’elevata incertezza sul piano internazionale è alimentata principalmente dalle recenti misure tariffarie adottate dall’amministrazione statunitense. Tali politiche potrebbero generare infatti un significativo rallentamento del commercio globale, con impatti negativi sul fatturato e sulla redditività delle imprese. A questo si aggiunge il perdurare dei conflitti in Ucraina e Medio Oriente. L’instabilità dello scenario, si legge nel report, è testimoniata anche dall’aumento del tasso di deterioramento del credito delle società non finanziarie riportato da Banca d’Italia: al 2,33% nel 2023, contro il 2,16% del 2022, e in ulteriore incremento al 2,55% nel 2024. Sempre secondo via Nazionale, lo scorso marzo l’insieme delle sofferenze lorde e degli altri crediti deteriorati lordi si attestava a 57,8 miliardi di euro (-4,7% rispetto all’anno prima), mentre in termini netti, cioè escludendo le perdite di valore già contabilizzate in bilancio dagli istituti, era pari a 30,2 miliardi (-1,4%).
Industria e costruzioni maglia nera
Stando all’Outlook, tra il 2024 e il 2027 si registreranno incrementi più significativi dei tassi di default tra le grandi imprese (dall’1,4% all’1,9%), nelle aree del Nord-Est (dal 1,8% al 2,1%), del Nord-Ovest (dal 2,3% al 2,6%) e nel Sud e Isole (dal 3,5% al 3,8%). A livello settoriale, gli aumenti più marcati si stimano nel comparto delle costruzioni (dal 2,8% al 3,2%) e in quello industriale (dal 2,3% al 2,7%). A fronte di questa dinamica, a fine 2027 il tasso di deterioramento più elevato si conferma nelle microaziende (3,1%), nel Sud e Isole (3,8%) e nelle costruzioni (3,2%).
Guardando solo al 2025, le dinamiche settoriali indicano come il flusso dei nuovi crediti in default sia in crescita per tutti. Il settore industriale evidenzia l’incremento più consistente (dal 2,3% del 2024 al 2,7%) ed è l’unico a superare il livello registrato nel periodo pre-Covid (2,3% nel 2019). Seguono le costruzioni (dal 2,8% al 3,1%), che mantengono i tassi di deterioramento più alti, affiancate dai servizi (2,9%, contro il 2,7% del 2024) e dall’agricoltura (2,9% rispetto al 2,6% del 2024). Le stime di Abi-Cerved mostrano poi una crescita dei tassi di deterioramento nel 2025 in tutte le classi dimensionali di impresa, con andamenti piuttosto omogenei. Le micro, le piccole e le medie aziende registrano un incremento di 0,3 punti percentuali (dal 2,8% del 2024 al 3,1% le prime; dal 2% al 2,3% le seconde; dall’1,7% al 2% le terze), mentre i valori delle grandi segnano un rialzo di 0,4 punti (dall’1,4% all’ 1,8%).
Segnali da non sottovalutare
“Le nostre stime sull’evoluzione dei crediti deteriorati mostrano uno scenario incerto per le imprese italiane, strette fra tensioni geopolitiche e incertezze economiche legate anche all’introduzione dei dazi”, spiega Luca Peyrano, ceo di Cerved. Aggiungendo che, nel triennio previsionale, comunque, “si rimane ben lontani dai livelli raggiunti nei periodi di crisi, a conferma di una migliore redditività e posizione patrimoniale delle nostre aziende”. Marco Elio Rottigni, direttore generale dell’Abi, ricorda come negli ultimi dieci anni il settore bancario italiano abbia compiuto “enormi progressi nel rafforzamento patrimoniale e nella gestione del rischio di credito, posizionandosi oggi tra i più solidi in Europa”. Ora però, mette in guardia, stanno emergendo nuovi rischi di deterioramento del credito che, seppur limitati, non vanno sottovalutati. “Si tratta di segnali da non trascurare che istituzioni, autorità di regolamentazione e attori economici devono affrontare insieme e per tempo”, rimarca.
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