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Al Salone del Risparmio quattro asset manager si sono confrontati su opportunità e sfide da affrontare per coinvolgere gli investitori individuali negli investimenti alternativi illiquidi
I mercati privati possono rappresentare fino al 25% dell’universo investibile entro il 2025. Il dato è emerso da un’indagine di Caia Association presentata al Salone del Risparmio dal managing e program director di FDP Institute, Keith Black, nel corso della conferenza Assogestioni “Creare valore con i mercati privati”.

E le opportunità d’investimento in Italia non mancano, dal momento che, come ricordato da Mauro Sbroggiò, amministratore delegato di Finint Sgr, “gli asset alternativi relativi all’economia italiana ammontano a circa 35 miliardi”.
Philippe Minard, amministratore delegato di Anima Alternative Sgr, quantifica le possibilità d’investimento: “le piccole e medie imprese non quotate interessanti per gli investitori sono circa 9-10.000”. “A differenza dell’operatività sui mercati quotati – spiega – in quelli privati bisogna saper accedere a queste aziende parlando con le banche d’affari, ma anche con i commercialisti, gli avvocati e i consulenti finanziari locali”.
I rendimenti del private capital in Italia
Secondo uno studio di Quantyx Sim presentato durante la conferenza, tra il 2010 e il 2021 il private equity in Italia ha offerto un rendimento lordo di oltre il 19% annuo contro il 17% del miglior indice di Borsa Italiana, il FTSE Italia Star.
Tuttavia, precisa Enrico Ascari, presidente della sim, c’è una dispersione dei rendimenti molto maggiore nei mercati non quotati rispetto a quelli quotati. “Basti pensare che, dal 2008 a oggi, i gestori di private equity che si collocano nel primo quartile hanno registrato un rendimento medio tre volte superiore a quello dei gestori nell’ultimo quartile. È una complessità che i consulenti devono comprendere, visto che conoscere un fondo di private equity significa conoscere un team di gestione prima che un prodotto”, analizza l’esperto.
Nel corso della tavola rotonda fra asset manager, Sbroggiò ha rimarcato il bisogno di fare un percorso insieme all’imprenditore dell’azienda in cui si investe, che spesso “non ha neanche un piano industriale”, afferma.
Per Minard è necessario affidarsi a team di selezione specializzati, che hanno già vissuto momenti storici difficili, come quello dal 2008 al 2012. “Bisogna, inoltre, allinearsi con l’interesse dell’impresa, investendovi anche i soldi del patrimonio proprio della sgr”, rimarca sul punto l’Ad di Anima Alternative Sgr.
Retail all’orizzonte
Il regolatore, dal canto suo, sta apportando ai gestori di asset alternativi normative che incoraggiano l’afflusso del risparmio della clientela private, in un mercato tuttora dominato in Italia dagli istituzionali.
“Oggi, anche grazie alle novità normative, come l’abbassamento della soglia di accesso ai Fia riservati in regime di consulenza, un trend potrebbe diventare quello della creazione e offerta di prodotti multi-private asset per clienti high net worth”, spiega Fabrizio Bianchi, head of institutional di Schroders.
“Noi vogliamo mettere questi prodotti anche nelle mani di una rete di distribuzione, come Banca Consulia, acquisita dalla nostra capogruppo”, afferma Sbroggiò. “Con l’acquisizione di questa rete c’è stato modo di proporre ai cf prodotti di risparmio diversi da quelli tradizionali, anche se più difficili. Importante che il regolatore incoraggi con la normativa afflussi di risparmio di tipo private, con la speranza di arrivare al retail”.
Minard puntualizza che per ora gli investimenti nei fondi di Anima Alternative sono riservati a clientela professionale, “ma stiamo prendendo in considerazione l’apertura al mercato retail. I Pir alternativi, invece, non sono stati a mio avviso declinati in maniera ottimale”, chiosa Minard.
Mentre Antonio Poggialini, sales director di Pictet Asset Management, porta come esempio il mercato svizzero dove “i portafogli dei clienti high net worth hanno circa un 10-15% di allocazione media sui mercati privati”, mentre, “in Italia il rischio è che si stiano creando dei prodotti ibridi che vogliono dare accesso al mercato dei private asset, ma al contempo cercano di mitigare l’aspetto dell’illiquidità, con un rapporto rischio/rendimento moderato”.
Pochi giorni fa Pictet ha lanciato il suo primo fondo di private real estate in Italia, una strategia in forma di Eltif autorizzata alla distribuzione sul segmento retail del mercato italiano. “In Italia stiamo cercando di portare l’immobiliare attraverso lo strumento dell’Eltif perché il mattone è più apprezzato e comprensibile per l’investitore italiano”, conclude Poggialini.
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