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Uno su tre ha solo parziale indipendenza sulle scelte di portafoglio. E la metà delle Sgr prevede una parte della remunerazione del management legata al raggiungimento di target di sostenibilità
L’analisi Esg detta la linea agli asset manager. Lo dimostra il fatto che quasi un gestore attivo su due deve seguire le indicazioni di investimento che provengono dagli analisti Esg interni alle singole società. E che uno su tre ha solamente parziale indipendenza in merito alle scelte di portafoglio. È quanto emerge dalla ricerca Esg.Iama (Esg Identity Asset Manager Assessment) realizzata da ET.Group, think tank specializzato in sostenibilità e ideatore del salone.SRI.
La ricerca, che ha coinvolto 20 Sgr internazionali con masse Esg per oltre 122 miliardi di euro, pari al 32% del totale distribuito in Italia, ha cercato di capire quanto a fondo la sostenibilità influenzi la governance e l’operatività di queste società. Ebbene, sulla base di un punteggio massimo ottenibile di 100, la media dei partecipanti ha ottenuto 51,12 punti, a fronte di una mediana pari a 54,84 punti.
E le tendenze in favore della sostenibilità declinata nella governance societaria sono molto chiare: ad esempio, una Sgr su due prevede che una parte della remunerazione del management sia legata al raggiungimento di target sociali, ambientali e di governance, stessa percentuale che si riscontra rispetto alla presenza o meno in azienda di una figura di head of diversity & inclusion.
Tra i risultati dell’indagine, che saranno presentati ufficialmente al salone.SRI il prossimo 15 novembre con Efpa Italia, Fondo Pensione Cometa, Fondo Gomma Plastica, UnipolSai, Capital Group ed Etica Sgr, spicca anche il fatto che il 40% degli asset manager partecipanti ha definito chiaramente il proprio purpose in termini di sostenibilità, includendolo ufficialmente nella comunicazione corporate societaria.
Ancora, scorrendo la lista delle policy Esg incluse formalmente in documenti societari, è possibile individuare le dimensioni in cui le Sgr sono più avanti in termini di adesione e quelle in cui significativi passi avanti sono ancora possibili. Tra le prime, quella relativa all’universo ambientale, alla diversità e inclusione, alla remunerazione e al conflitto di interessi. Tra le seconde, rispetto alle quali poche società hanno definito chiare linee guide ufficiali, quella sull’economia circolare, sullo smaltimento dei rifiuti, sulla corruzione.
“Abbiamo immaginato e poi sviluppato la ricerca Esg.Iama sulla base della consapevolezza che, per superare le critiche sempre più frequenti, gli attacchi e, soprattutto, creare credibilità, sia l’intero sistema finanziario e del risparmio gestito a dover portare avanti una sorta di auto-esame sulla propria governance dei fattori Esg”, ha commentato Luca Testoni, fondatore del salone.SRI.
“I risultati, sotto certi punti di vista sorprendenti, come quello relativo al ruolo sempre più importante degli analisti Esg nelle scelte di investimento dei gestori, indicano che la strada verso la sostenibilità in termini di governance è stata intrapresa con grande decisione, fattore che sicuramente rassicura ma che non deve far venire meno gli sforzi per una sempre maggiore diffusione dei criteri Esg a 360 gradi”, ha aggiunto Testoni.
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