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Sono il 76%, in aumento costante. E più della metà estende gli investimenti sostenibili alla quasi totalità del patrimonio. La strategia Sri più adottata resta l’esclusione (27%). Cresce l’engagement
La rivoluzione sostenibile degli investimenti è un dato di fatto e appare inarrestabile. Lo certificano i numeri, stando ai quali ogni anno aumentano anche i piani previdenziali che includono i fattori Esg nelle loro scelte di investimento. In Italia sono ormai oltre tre su quattro, il 76%, gli operatori previdenziali che adottano criteri di sostenibilità.
Il dato emerge dall’ottava edizione della ricerca condotta dal Forum per la Finanza Sostenibile con Mefop e MondoInstitutional (e con il sostegno di Axa Im, Dpam, Enpacl e Odi Am), presentata nell’ambito delle Settimane Sri, che ha messo sotto esame 89 piani appartenenti a casse di previdenza, fondi pensione aperti, fondi pensione negoziali, fondi pensione preesistenti e piani individuali pensionistici.
Investimenti sostenibili, un aumento costante
Ebbene, risulta ormai costante l’aumento degli operatori previdenziali che investono con criteri di sostenibilità: passano infatti da 55 (nel 2021) a 68 di quest’anno, pari appunto al 76% dei rispondenti. Le categorie più attente agli aspetti di sostenibilità sono i fondi pensione negoziali, i fondi pensione aperti e le casse di previdenza.
Tra le motivazioni alla base della crescita degli investimenti sostenibili c’è la possibilità di coniugare l’impatto socio-ambientale con un congruo ritorno finanziario, l’impulso dato dal contesto normativo e, a seguire, la gestione più efficace dei rischi finanziari e il dovere fiduciario nei confronti di aderenti e beneficiari.
La mancanza di dati affidabili frena chi non investe Esg
Solo 7 i piani che non hanno ancora avviato valutazioni in merito all’inclusione dei criteri Esg nelle loro decisioni di investimento. Ed è interessante notare come, anche quest’anno nessuno di questi ha indicato la presunta rischiosità, complessità o scarsa redditività degli investimenti sostenibili tra le motivazioni della mancata adozione di strategie Sri.
Quattordici invece i piani che hanno avviato valutazioni rispetto all’inclusione dei criteri ambientali, sociali e di governance, che nella metà dei casi potrebbero concludersi entro un anno. Tra le principali criticità gli operatori hanno indicato la mancanza di dati Esg affidabili e standardizzati, seguita dalla mancanza di certificazioni che tutelino contro il rischio di greenwashing.
Oltre la metà investe quasi 100% sostenibile
Oltre la metà dei piani previdenziali attivi in ambito Sri estende gli investimenti sostenibili alla quasi totalità del patrimonio (per una quota compresa tra il 75% e il 100%): si tratta soprattutto di fondi pensione negoziali, fondi pensione aperti e fondi pensione preesistenti. Il dato è in costante aumento ed è passato da 25 piani nel 2020 a 29 nel 2021, fino ad arrivare a 35 nel 2022.
Per quanto riguarda le strategie Sri adottate, nelle classi di attivo liquide (equity, corporate bond e titoli di Stato) le più diffuse si confermano esclusioni (27%) e best in class (18%). L’inclusione dei criteri Esg si diffonde poi sempre più anche negli investimenti alternativi: tra i piani attivi in ambito Sri che effettuano investimenti alternativi, il 78% include criteri Esg, con un aumento considerevole rispetto all’ultima edizione (si passa infatti da 33 a 43 rispondenti). Le strategie più diffuse sono esclusioni, investimenti tematici e best in class.
Cresce l’engagement
La ricerca di quest’anno ha poi approfondito il tema dell’engagement con gli operatori previdenziali che l’hanno indicato tra le strategie Sri adottate. Dei 30 piani previdenziali che lo attuano, 21 hanno definito una politica di impegno nei confronti degli emittenti inseriti in portafoglio (soprattutto su temi come la gestione dei rischi legati al cambiamento climatico, il rispetto dei diritti umani, la promozione della parità di genere e la riduzione delle emissioni climalteranti) e 6 hanno in programma di farlo.
Sdg Onu, in testa il cambiamento climatico
Infine, il 28% dei piani attivi in ambito Sri (19 su 68) fa riferimento agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 dell’Onu nella propria politica di investimento e il 26% ha in programma di includerli in futuro. Gli SDGs più citati dai rispondenti sono: lotta al cambiamento climatico (18 piani), salute e benessere (15), lavoro dignitoso e crescita economica (14), energia pulita e accessibile (11), parità di genere (10).
Per quanto riguarda l’attenzione al cambiamento climatico, passano da 17 (nel 2021) a 29 (nel 2022) i piani che misurano l’impronta di carbonio del portafoglio di investimento. Rispetto all’inclusione della neutralità climatica nelle decisioni di investimento, si evidenziano invece ampi margini di miglioramento: solo 1 piano dichiara di prendere in considerazione l’obiettivo net-zero, anche se 26 piani hanno in programma di farlo in futuro.
“I risultati della ricerca di quest’anno mettono in evidenza come tra gli operatori previdenziali sia in costante aumento la propensione agli investimenti sostenibili – sottolinea Francesco Bicciato, direttore generale del Forum per la Finanza Sostenibile -. Quello degli investitori previdenziali è un comparto strategico, che per sua stessa natura tende a guardare al medio-lungo periodo e può contribuire in maniera importante alla giusta transizione. Per questo motivo la crescente attenzione ai temi Esg da parte di questi attori costituisce un tassello chiave all’interno del processo di consolidamento degli strumenti di finanza sostenibile”.
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