Dal report The European Family Office Report 2021 di Campden Wealth sponsorizzato da Deloitte Private emerge un equo bilanciamento fra investimenti tradizionali e alternativi: arte, oggetti di valore, filantropia e anche criptovalute
Siamo alle soglie di uno dei più significativi trasferimenti di ricchezza nella storia moderna del Paese: in Italia nei prossimi dieci anni circa 2mila miliardi passeranno di mano da Baby Boomers e Generazione X ai Millennials. Questo trasferimento coinvolgerà prevalentemente famiglie imprenditoriali alla guida di aziende di piccola e media dimensione (Pmi) che costituiscono l’ossatura fondamentale del tessuto produttivo italiano. Preservare il patrimonio, la continuità aziendale, generazionale e di valori familiari, diventa quindi una delle sfide più importanti che dovranno affrontare consulenti, wealth manager e family office nel prossimo futuro.
Un tema su cui Deloitte Private ha fatto luce sponsorizzando a livello globale la ricerca di Campden Wealth The European Family Office Report 2021, che offre uno sguardo completo sul mondo dei family office e i loro servizi per gli investitori Ultra High Net Worth Individual (Uhwi) e High Net Worth Individual (Hnwi). “L’ambizione dello studio è quella di fornire una mappa utile su questo segmento, che sia in grado di aiutare le famiglie italiane a confrontare le loro attività con le best practice internazionali e a navigare nella molteplicità delle informazioni e trend”, spiega Ernesto Lanzillo, partner e leader della divisione Deloitte Private, in questa conversazione con FocusRisparmio.
Partiamo dall’inizio, qual è il profilo tipico dell’imprenditore alle prese con problemi di passaggio generazionale e quali esigenze ha?
Ernesto Lanzillo, partner e leader della divisione Deloitte Private
Dalla ricerca emerge che entro i prossimi dieci anni, un terzo dei family office sarà rilevato dalla prossima generazione, ma ci sono preoccupazioni sulla preparazione della nuova generazione ad interagire con la struttura di gestione del patrimonio familiare e sulla capacità di quest’ultima di indirizzare le valutazioni dei propri principal soprattutto a ridosso del passaggio generazionale: l’evoluzione dipende non solo dalle dinamiche esterne e dai trend futuri di investimento, ma anche da quelle che sono le tematiche interne all’organizzazione stessa e alla famiglia. La continuità generazionale è un aspetto cruciale a cui i family office europei devono prestare attenzione. Attualmente, poco più della metà degli intervistati (52%) ha un piano di successione in atto, di cui solo il 51% di questi è formalmente depositato, mentre il resto sono piani concordati informalmente (29%) o semplicemente concordati verbalmente (14%). Questo potrebbe spiegare perché la continuità generazionale è indicata come il secondo maggiore fattore di rischio identificato dai Family Office europei, dopo il rischio d’investimento. In Italia è un tema avvertito soprattutto nel segmento dimensionale PMI dove c’è la maggior concentrazione di imprese a conduzione famigliare, magari non ancora seguite sistematicamente da strutture dedicate e multidisciplinari ma solo da consulenti di fiducia che, fortissimi nel loro ambito competenziale e percepiti come “trusted business advisor”, non possono supportare nel più ampio spettro di competenze necessarie al supporto integrato delle esigenze familiari. Spesso nel nostro Paese anche le grandi società sono a conduzione familiare, ma in quel segmento dimensionale le famiglie riescono ad organizzarsi per tempo sul passaggio generazionale mentre le Pmi arrivano in ritardo.
Mancano di lungimiranza?
No, è più un tema di dimensionamento famigliare e longevità del patrimonio stesso. La maggioranza deli imprenditori alla guida di PMI sono alla prima generazione e per la prima volta si trovano ad affrontare questo passaggio. Come già detto, la gestione del patrimonio dell’imprenditore è frammentata fra i supporti tipici (notaio, avvocato, commercialista di famiglia, wealth manager e private banker per la parte finanziarie) che spesso faticano ad avere una visione complessiva della ricchezza e dei bisogni del cliente.
Come si riflette sul tipo di servizi richiesti?
Fra i diversi attori che operano attorno all’imprenditore c’è bisogno di cooperare secondo una logica multi disciplinare che racchiuda tutti gli aspetti (legale, fiscale, organizzativo e altri). Per questo abbiamo lanciato, dal 2019, l’offerta Family Enterprise Services che beneficia di una piattaforma di aggregazione di portafogli dei clienti Uhnwi e Hnwi per consentire all’imprenditore e a tutti i professionisti di avere una visione complessiva e continuativa del proprio patrimonio e rendere disponibili anche tutti i servizi professionali multidisciplinari di Deloitte Private di cui imprenditore e propri consulenti si possono avvalere per analizzare la complessità delle scelte di investimento sia in ambiti nazionali che internazionali, compresa la gestione della liquidità attraverso forme di reporting sempre più sofisticate. La nuova struttura Family Enterprise Services di Deloitte Private non amministra patrimoni, ma offre una operatività che può variare dalla fornitura di servizi ai family office al supporto per la costituzione di nuove strutture e, in alcuni casi, ad operare come struttura di multi-family office nel controllo e organizzazione delle attività familiari. È stata infine sviluppata, con l’utilizzo di un tool specifico di aggregazione del patrimonio gestito, un’attività di pianificazione e consolidamento del patrimonio complessivo sia liquido che illiquido (private equity, venture capital, real estate, opere d’arte) della famiglia e del cliente. Inoltre, per il family office è sempre più importante identificare quali siano le attitudini manageriali degli eredi ed evitare diatribe fra i diversi rami delle famiglie. Su questo fronte abbiamo avviato dei percorsi di tutorship volti a identificare o far emergere le specifiche abilità manageriali di ciascun membro familiare.
Qual è l’aspetto che più l’ha sorpresa di questo report?
Quello relativo alle criptovalute. Più di un family office su quattro investe su questa nuova asset class: il 28% delle strutture in Europa punta nelle criptovalute e ha l’aspettativa che possano diventare una asset class rilevante. Attualmente, le criptovalute rappresentano solo l’1% del portafoglio medio dei family office europei e l’1% dei portafogli dei peer globali. Anche se il 17% dei family office europei prevede di allocare maggior patrimonio alle criptovalute nel 2022, questa cifra risulta inferiore rispetto ai peer in Nord America (24%) e Asia-Pacifico (35%).
Dal punto di vista finanziario come esce il segmento dei family office da questi due anni di pandemia e come si sta attrezzando per affrontare il futuro?
Molti family office, essendo di dimensioni relativamente piccole e di natura agile, sono stati in grado di approfittare delle brusche inversioni di tendenza, vendendo azioni e credito e acquistando titoli di stato nelle prime fasi della crisi, per poi invertire l’operazione una volta che i mercati azionari hanno iniziato a dimostrare uno slancio al rialzo e i programmi di riacquisto delle obbligazioni hanno spinto i rendimenti vicino allo zero. Per i family office con un surplus di liquidità, o capacità di facile accesso al credito, è stato un momento particolarmente vantaggioso per attrezzarsi con asset più rischiosi. Sicuramente in Europa, ed in particolare in Italia, ci aspettiamo opportunità di investimento e di azione dei family office nel contesto degli assi di sviluppo del Next Gen EU, con le maggiori attenzioni verso investimenti Esg compliant soprattutto con riferimento alla componente Social. In termini di rendimento i family office europei hanno conseguito buoni risultati, ma i rendimenti degli investimenti sono inferiori rispetto a quelli ottenuti dai family office del Nord America e dell’Asia-Pacifico: nel 2020 i family office in Europa hanno generato un rendimento medio del portafoglio del 12%, principalmente grazie alla forza dei mercati azionari pubblici e privati. Anche se tale rendimento è notevole, c’è comunque un ritardo rispetto ai rendimenti equivalenti in Nord America e Asia-Pacifico, che si attestano al 15%.
Quali sono le tipologie di investimenti più interessanti per un profilo Ultra e Hnwi?
È sempre più consuetudine trovare un equo bilanciamento fra investimenti tradizionali (finanza, immobiliare) e alternativi (arte, oggetti di valore, filantropia). Sotto il primo aspetto nel portafoglio degli imprenditori compaiono sempre più investimenti in venture capital e start up che seguono due logiche: diversificazione e sviluppo della propria impresa. Poi ci sono le esigenze meno tipiche che assumono un ruolo sempre più centrale e che richiedono competenze specifiche: art finance, oggetti e immobili di pregio e, infine, la filantropia che si sviluppa all’interno di un nuovo contesto di civismo e responsabilità sociale, chiaramente in stretta correlazione con la reputation aziendale e personale dell’imprenditore. Ecco perché la struttura consulenziale di supporto all’imprenditore si fa più complessa e sono richieste competenze extra-finanziarie sempre più sofisticate.
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