BoE meno dovish: i gestori vedono due tagli nel 2024
Tassi fermi al 5%, mentre il Qt si ridurrà di cento miliardi di sterline nei prossimi dodici mesi. Bailey: attenti a non tagliare troppo o troppo velocemente
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Esattamente come la Federal Reserve, la Banca centrale europea ha rispettato le attese dei mercati. L’Eurotower ha infatti alzato il costo del denaro dello 0,25% e lasciato la porta aperta a eventuali altri aumenti. Anche in questo caso, dall’istituto centrale non sono arrivate indicazioni sulle mosse future ma i toni lievemente meno hawkish della presidente Christine Lagarde portano gli investitori a credere che il picco possa essere ormai vicino. Una prospettiva che, per gli esperti, non esclude comunque l’ipotesi di un ulteriore ritocco a settembre.
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Il tasso sui rifinanziamenti principali della Bce sale quindi al 4,25%, il top dal 2007, mentre quello sui depositi arriva al 3,75% e tocca il massimo dal 2001. Record anche sul fronte del prestiti marginali, il cui rate eguaglia il livello del 2007 a quota 4,5%. Tra le misure varate dal board di Francoforte, anche la scelta di fissare una remunerazione delle riserve obbligatorie dello zero per cento per “preservare” l’efficacia della politica monetaria e “migliorarne l’efficienza”.
Il motivo della nona stretta monetaria consecutiva è sempre lo stesso: un’inflazione che, seppure vista in calo nel corso dell’anno, si prevede “rimanga troppo alta per troppo tempo”. A spiegarlo, è il comunicato finale diramato dalla banca centrale. Un documento nel quale si apre anche una finestra sul futuro: “Le decisioni del consiglio direttivo assicureranno che i tassi siano a livello sufficientemente restrittivo per tutto il tempo necessario a raggiungere il target del 2%”. Quali saranno queste decisioni al momento non è dato saperlo, visto che l’approccio dell’istituto resta fortemente dipendente dai dati. In particolare dalle prospettive dei prezzi, dalle dinamiche dell’inflazione di fondo e dalla forza della trasmissione della politica monetaria.
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Proprio gli effetti della politica monetaria, ha osservato Lagarde in conferenza stampa, si stanno “chiaramente” trasmettendo con forza ai vari settori dell’economia: dalla finanza all’immobiliare fino agli investimenti. Ma i fattori di rialzo dell’inflazione stanno cambiando e “la pressione sui prezzi domestici sta aumentando”, non ha mancato di puntualizzare la numero uno dell’Eurotower, mentre diminuisce quella importata. Per questo, ha chiarito, “i dati e la valutazione ci diranno se e quanto ancora abbiamo terreno da coprire in futuro”. Al momento è certo soltanto che non ci sarà un taglio dei tassi mentre un’altra stretta o una pausa (che potrebbe “non essere per un periodo esteso”) sono due opzioni sul tavolo. Lagarde ha anche precisato di avere “l’assoluto sostegno del consiglio direttivo”, che ha votato all’unanimità l’aumento dei tassi, nel tentativo di placare le indiscrezioni su una Bce profondamente spaccata dopo le pressioni di molti governi contro nuovi aggiustamenti.
Quanto all’economia di Eurolandia, la presidente ha evidenziato che le prospettive a breve si sono deteriorate molto a causa della domanda più debole che pesa sulla manifattura. Mentre i servizi restano forti ma stanno perdendo slancio. “L’economia resta debole a breve termine. Il mercato del lavoro si conferma robusto, con la disoccupazione ai minimi, anche se alcuni indicatori mostrano che il trend può rallentare”, ha avvertito.
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Per molti gestori, le piccole modifiche da colomba alla dichiarazione finale della Bce suggeriscono che i tassi sono o si stanno avvicinando a un livello ‘sufficientemente restrittivo’. “Mentre l’economia Usa ha superato l’inasprimento delle condizioni finanziarie e il fallimento di qualche banca, l’Eurozona è rimasta a malapena fuori dal territorio di contrazione e le ultime indagini Pmi suggeriscono che resterà difficile ottenere crescita”, osserva Dave Chappell. Secondo il senior fixed income portfolio manager di Columbia Threadneedle Investments, la Bce dovrebbe quindi ritenere che la politica monetaria stia effettivamente mordendo. “Nelle prossime riunioni il dibattito si sposterà su quando fare una pausa piuttosto che su quanti altri rialzi siano probabilmente necessari”, afferma.
Dello stesso parere Gurpreet Gill, fixed income macro strategist di Goldman Sachs Asset Management. Dal suo punto di vista, i dati recenti fanno pendere la bilancia dei rischi verso un inasprimento minore piuttosto che maggiore dopo la riunione di settembre. “Questo sentimento sembra essere condiviso da Francoforte, che ha apportato piccole modifiche alla dichiarazione post-riunione rispetto a quella pubblicata in giugno”, fa notare. L’esperto ricorda anche che i Pmi hanno sorpreso al ribasso, l’indagine sui prestiti bancari ha mostrato la trasmissione della politica monetaria all’economia reale e l’inflazione sta lentamente ma inesorabilmente superando il picco.
Anche Ulrike Kastens, economist Europe di Dws, punta l’attenzione sull’attenuazione del tono da falco rispetto al comunicato finale di giugno. “Sebbene la banca centrale si aspetti che i prezzi rimangano ancora troppo alti per troppo tempo, le condizioni di finanziamento si sono effettivamente inasprite e hanno frenato la domanda. Questo può essere considerato un successo nell’ottica di far scendere l’inflazione”, osserva l’analista. Che conclude come la fine del ciclo di rialzi dei tassi sia a portata di mano”. Per la Kastens, tutto dipende dalle proiezioni sulla crescita economica e sul carovita che Francoforte esprimerà in occasione del prossimo meeting. “Sebbene gli indicatori di sentiment si stiano indebolendo in modo significativo, l’inflazione non è ancora stata sconfitta, soprattutto perché i salari e il mercato del lavoro non danno alcun sollievo. Continuiamo quindi a prevedere un aumento del tasso di interesse di riferimento al 4% a settembre”, precisa.
Per Des Lawrence, senior investment strategist di State Street Global Advisors, il picco dei tassi di interesse potrebbe essere imminente. Circostanza che induce a spostare l’attenzione sul prossimo meeting di settembre e sulla possibilità che questo segni il culmine dell’attuale ciclo di inasprimento monetario. “Gli investitori cercheranno di capire quali dati verranno presi in considerazione dalla Bce nel suo percorso verso tassi sufficientemente restrittivi. A nostro avviso, un aumento di 25 punti base a settembre non sarebbe impensabile, visti i dati e le previsioni ancora elevate sull’inflazione. Inoltre, riteniamo che esistano i motivi per mantenere i rate di policy stabili su questi livelli per qualche tempo”, conclude.
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