Commodity, in arrivo un nuovo superciclo: come approfittarne
Per Global X, la transizione energetica e digitale innescherà il rally delle materie prime nei prossimi anni. Tante le opportunità a medio-lungo termine per gli investitori
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Il caro-bollette si fa sentire sui bilanci delle famiglie e delle imprese. Secondo le rilevazioni Istat, l’inflazione è stata del 3,9% a dicembre 2021, in aumento rispetto al mese precedente a causa soprattutto dell’andamento dei prezzi energetici. Tuttavia, se pensiamo che l’industria petrolifera abbia riconquistato il posto che aveva dieci anni fa in Borsa, ci sbagliamo.
L’analisi dell’indice Morningstar Global markets rivela che tra il 2020 e il 2021, il peso del settore energetico nel paniere è passato dal 3 al 3,5%, contro l’11,1% di dieci anni fa. Un piccolo incremento se confrontato con il rally dei titoli petroliferi negli ultimi dodici mesi (+42,5% contro il +25% dei mercati globali).
Il settore energetico ha corso più degli indici azionari globali nel 2021 (base 100 euro)
L’industria petrolifera si è lasciata alle spalle il terribile mese di aprile di due anni fa quando, in piena prima ondata di Covid-19, il prezzo del future con scadenza a maggio era andato in territorio negativo a causa del calo della domanda globale, dei lockdown e della saturazione delle riserve strategiche. L’oro nero non è ancora ai livelli di oltre 100 dollari al barile del 2011, anche se si sta avvicinando in queste settimane a causa delle tensioni geopolitiche, in particolare tra Russia e Ucraina e negli Emirati Arabi Uniti, e di un incendio in un oleodotto in Turchia.
Il contratto WTI (West Texas Intermediate), uno dei benchmark del settore viaggia intorno agli 86 dollari (al 19 gennaio). Ampliando l’orizzonte temporale, il rallentamento della Cina, la rivoluzione dello shale gas e l’incremento degli investimenti in fonti rinnovabili per contrastare il cambiamento climatico sono tutti fattori da considerare quando si guarda agli sviluppi futuri. Secondo gli analisti di Morningstar, quest’anno le quotazioni del greggio dovrebbero rimanere attorno agli attuali valori. “L’impatto complessivo della variante Omicron non è ancora quantificabile, ma riteniamo ci siano basse probabilità che riduca la domanda di petrolio”, dice David Meats, responsabile della ricerca su energia e utilities. “Intanto, l’offerta rimane limitata perché l’Opec continua a produrre al di sotto dei target stabiliti e le compagnie americane sono più attente a controllare i loro bilanci piuttosto che incrementare l’output”.
Nell’ultimo decennio, il peso del settore energetico è diminuito in tutti i principali indici azionari geografici, compreso quello europeo, che ha una maggior presenza di industrie tradizionali rispetto agli Stati Uniti. Nel 2011 rappresentava oltre il 14%, mentre oggi è sceso a poco più del 5%. Altri comparti della cosiddetta old economy, come i finanziari o gli industriali, hanno mantenuto e talvolta leggermente incrementato il loro peso, anche se è nel farmaceutico che l’Europa è leader. Nelle prime dieci posizioni dell’indice azionario Morningstar dedicato alla regione troviamo il produttore di vaccini per il Covid-19, AstraZeneca, ma anche Roche, Novartis e Novo Nordisk. Poco più sotto si collocano Sanofi e GlaxoSmithKline.
A Wall Street (e a livello globale), è stato il settore tecnologico a scardinare i precedenti equilibri. Nel Morningstar USA market index pesa il 26,4% rispetto al 16,7% di dieci anni fa. “Nel 2021, il miglior comparto per rendimenti è stato quello energetico”, dice Dan Lefkovitz, strategist sugli indici di Morningstar. “Ma l’industria tecnologica ha avuto il maggior impatto e sarebbe ancora più elevato se includessimo aziende come Alphabet (Google) e Meta (Facebook) che sono classificate nelle comunicazioni, o Amazon che è considerata nel segmento dei beni di consumo ciclici. Tutte queste realtà, infatti, sono collegate all’hi-tech”. La quota dell’energia, al confronto, fa impallidire: 2,7% (era dell’11,5% nel 2011). Nel paniere azionario globale, la tecnologia ha accresciuto il suo peso rispetto all’anno scorso al 21%, dieci punti percentuali in più a confronto con il precedente decennio.
Sui mercati finanziari, nulla è per sempre. Ma quante probabilità ha l’industria petrolifera di riscattarsi in futuro? “Molti si chiedono quale sarà la domanda di greggio nei prossimi anni, visti gli obiettivi di azzeramento delle emissioni nette di carbonio entro il 2050”, ammette Preston Caldwell, senior analyst di Morningstar. “Non c’è un accordo sulle previsioni, ma chi ha sancito una rapida fine delle fonti fossili esagera, perché non tutte le componenti della domanda di greggio potranno essere elettrificate. Noi stimiamo che ci sarà un picco nel 2030, poi le richieste cominceranno a scendere, con un declino dell’11% entro il 2050”. La rivoluzione verde arriverà, ma probabilmente con tempi più lunghi di quanto vorremmo e di quanto il pianeta avrebbe bisogno.
*Editorial manager di Morningstar
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