Gli investitori istituzionali puntano sui real asset (meglio se Esg)
Due su tre sono pronti ad aumentare le allocazioni. E il 93% considera la sostenibilità una priorità. Preferito l’equity immobiliare, ma le infrastrutture incalzano
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La strada delle startup fintech verso dei criteri Esg è lastricata di ottime intenzioni, ma resta irrimediabilmente in salita. A dirlo sono i numeri dell’ultima indagine realizzata da Excellence Consulting, da cui emerge come il traguardo sia ancora lontano. Oltre il 62% di queste società riconosce infatti l’importanza strategica dei fattori ambientali, sociali e di governance, e il 46% li considera un vantaggio competitivo ‘essenziale’ sia per raccogliere fondi/capitali che per vendere prodotti o stringere accordi commerciali, eppure solo il 46% e il 31% realizzano rispettivamente politiche ambientali sostenibili/energetiche e di governance.
La ricerca ‘Startup fintech e orizzonte Esg’, realizzata in collaborazione con il programma dell’acceleratore fintech e insurtech Fin+Tech, su un campione di 40 fintech nazionali, rivela anche che maggiore attenzione viene posta al ‘tradizionale’ fattore social (85%) e che il 46% già attua o ha programmato di investire nei prossimi anni in politiche ambientali, l’85% in quelle sociali e il 54% in governance. Restano ancora importanti, invece, i ritardi nella comunicazione dei risultati agli stakeholders. Ad esempio solo il 23% per quanto riguarda la sostenibilità aziendale e il 46% per il social.
Tutto ciò, come sottolinea lo studio, rischia di rappresentare un limite dal momento che la tendenza delle grandi banche, a partire da Intesa San Paolo e Unicredit, è collaborare con le fintech per diventare digital bank e i temi Esg sono un punto di incontro e un fattore discriminante della scelta.
“Questo lavoro – osserva Guido Crespi, partner Excellence Consulting – conferma da un lato che il tema Esg è fondamentale e irrinunciabile e dall’altro che la messa a terra è difficoltosa: infatti tutte le startup fintech consultate condividono l’importanza del coefficiente Esg, meno son quelle che declinano in concreto tale intenzione. Non a caso è l’elemento social, più ‘tradizionale’ e da tempo assimilato, che trova maggiore spazio di quelli environmental e governace, probabilmente più complessi e dispendiosi da mettere in pratica”.
Ne consegue, secondo Crespi, che la capacità di comunicare tali argomenti agli stakeholders ne risente. “Il che non solo è un freno alla capacità di raccogliere fondi ed emergere sul mercato, ma rischia di lasciare campo aperto a iniziative di green washing da parte di operatori spregiudicati”, avverte.
“Come abbiamo approfondito in un’altra nostra recente analisi ‘Dalla digital transformation alla digital competition’– aggiunge Maurizio Primanni, ceo di Excellence Consulting –, la tendenza più recente delle grandi banche internazionali e italiane, a partire da Intesa San Paolo e Unicredit, è di lanciare nuove banche digitali appoggiandosi anche su fintech che sappiano costruire applicazioni di nuova generazione, con l’obiettivo di convertire nel tempo gli attuali sistemi legacy, spesso punto di debolezza delle banche incumbent”.
Primanni sottolinea dunque che i fattori Esg saranno sempre più rilevanti per le banche, anche nella scelta dei partner, comprese le fintech con cui collaborare. “Diventa quindi necessario che esse associano alla consapevolezza anche l’azione nel rendersi oltre che innovative anche sempre più sostenibili”, conclude.
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