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Secondo S&P, la procedura amplificherà il rischio di subordinazione sui bond immobiliari cinesi. E i creditori in dollari saranno penalizzati. L’immobiliare del Dragone invece non ne risentirà (se tutto dovesse andare come previsto)
Un caso dall’effetto domino pesante, soprattutto per gli investitori esteri: liquidare un gigante del calibro di Evergrande non sarà impresa facile. E per i creditori si temono brutte sorprese. Dopo che il 29 gennaio scorso un tribunale di Hong Kong ha ordinato la messa in liquidazione dello sviluppatore cinese andato in default nel 2021, è infatti ufficialmente partita una gigantesca macchina che impiegherà anni per sbrogliare la matassa, con regole e criticità particolari. Un evento dai molteplici risvolti economici e finanziari, che secondo S&P avrà tra le conseguenze principali quella di amplificare il rischio di subordinazione sui bond immobiliari del Dragone. E che vede i creditori di titoli in dollari correre il rischio di un tasso di recupero piuttosto basso. Meno impattanti dovrebbero essere invece le ripercussioni sul mattone del Paese.
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Per Pechino viene prima la consegna degli immobili
Secondo gli analisti, non tarderanno ad emergere le difficoltà legate alla liquidazione di una grande azienda, resettando le aspettative sui tassi di recupero dei bond cinesi speculative-grade in default nel mercato offshore. Evergrande deve infatti consegnare centinaia di migliaia di case già vendute nella Cina continentale e il governo ha deciso che questi clienti dovranno avere la priorità. Pechino, insomma, non permetterà che la liquidazione blocchi la realizzazione dei progetti: l’imperativo politico è mantenere le unità onshore operative per rispettare gli impegni di consegna degli immobili.
Per gli investitori esteri il problema è che, sebbene una maggioranza significativa degli asset di Evergrande sia interna al Paese, il 26% del suo debito è offshore. La liquidazione della società madre estera può però avvenire solo attraverso l’estrazione dei flussi di cassa dalle entità onshore, ad esempio attraverso i dividendi, il rimborso dei prestiti agli azionisti o la vendita di azioni. Tuttavia, la società è in deficit finanziario.
Gli altri ostacoli per gli investitori di bond in dollari
Come se non bastasse, S&P evidenzia anche un’altra complicazione. L’accordo stipulato nel 2021 per il riconoscimento reciproco dei provvedimenti di liquidazione tra la Cina continentale e Hong Kong potrebbe infatti non applicarsi a Evergrande, dal momento che la maggior parte degli asset del gruppo non si trova nelle tre città pilota (Shanghai, Xiamen e Shenzhen). Inoltre, la capogruppo estera, in quanto azionista, sarà pagata solo dopo i creditori cinesi in termini di ordine di rimborso al momento della liquidazione delle entità onshore.
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Gli analisti fanno notare che il rischio legale e di esecuzione è notevole quando si cerca di estrarre valore dalle entità dentro al Paese. E il colosso cinese ha oltre 1.200 società di progetto: il liquidatore offshore dovrebbe quindi occuparsi di ogni organizzazione, ciascuna con il proprio gruppo di manager, azionisti e creditori interni, e ognuna appartenente alla propria giurisdizione legale.
Ecco quindi spiegato l’alert per i creditori: il risultato probabile di tutte queste criticità sarà verosimilmente un basso tasso di recupero per coloro che detengono debito offshore di Evergrande. Cioè gli investitori di bond in dollari. S&P ha infatti riscontrato che, quando sono coinvolti gli sviluppatori cinesi, i tassi di recupero sono in media pari al 2,8% nei casi di default offshore, contro l’8,3% sui fallimenti onshore. L’attesa dell’agenzia di rating è che nel caso di Evergrande si verifichi proprio un divario di questo tipo.
Il default resetta le aspettative degli investitori
La vicenda è poi destinata a ‘fare scuola’. “La liquidazione offshore di Evergrande costituirà un benchmark per i processi di ristrutturazione che coinvolgono altre società immobiliari cinesi in default”, spiega Esther Liu, credit analyst di S&P Global Ratings. Che avverte: “Se i valori recuperati saranno bassi, come ci aspettiamo, ciò stabilirà un punto di riferimento significativo”.
Potrebbe però risultare anche un aspetto positivo: gli esperti dell’agenzia di rating non escludono infatti che questo crack sarebbe in grado di indurre gli investitori e gli emittenti coinvolti nelle ristrutturazioni di altri sviluppatori ad agire più rapidamente, ad essere più flessibili e a fare concessioni pratiche nelle trattative. In questo modo si potrebbe aprire un percorso che consentirebbe all’entità di tornare pienamente operativa. “La recente ristrutturazione di Sunac China Holdings Ltd. rappresenta un modello per gli altri sviluppatori insolventi del Paese”, viene sottolineato nel report.
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Impatto limitato per il mercato immobiliare (se tutto va come previsto)
Guardando al mercato immobiliare fisico, gli esperti di S&P restano convinti che siamo di fronte a una ripresa prolungata a forma di L. E che le vendite nella Cina continentale diminuiranno ancora del 5% nel 2024. D’altra parte, sottolineano, Evergrande è in default da più di due anni e la sua liquidazione non dovrebbe avere un impatto molto più negativo di quello già registrato. Gli acquirenti si rivolgeranno però a costruttori finanziariamente solidi per la realizzazione di nuove abitazioni, aggravando ulteriormente la divergenza all’interno del comparto.
Tale scenario presuppone, ovviamente, che le entità operative onshore di Evergrande continuino a lavorare per completare le centinaia di migliaia di case già vendute. In caso contrario, se la liquidazione della capogruppo dovesse in qualche modo compromettere tale attività, allora il mercato immobiliare nazionale potrebbe essere destinato a soffrire ulteriormente.
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