La tematica rimane un punto centrale di attenzione anche nel nuovo anno che si è aperto con l’entrata in applicazione, dal 1° gennaio, del Regolamento delegato Sfdr. L’interesse dei clienti nei riguardi degli investimenti sostenibili è stato fotografato da una recente ricerca pubblicata da Consob
Massimo Scolari, presidente Ascofind
La sostenibilità rimane un punto centrale di attenzione anche nel nuovo anno che si è aperto con l’entrata in applicazione, dal 1° gennaio, del Regolamento delegato Sfdr che disciplina gli obblighi informativi che devono essere osservati dai partecipanti ai mercati finanziari e dai consulenti finanziari. Gli intermediari sono già all’opera per la rilevazione delle preferenze di sostenibilità dei clienti, divenuta obbligatoria da agosto 2022 con la modifica della Mifid2.
Le preferenze dei clienti
L’interesse dei clienti nei riguardi degli investimenti sostenibili è stato fotografato da una recente ricerca pubblicata da Consob.
Il lavoro di ricerca firmato da Costa, Gentile e Linciano, che si concentra su un campione di investitori che detengono almeno un’attività finanziaria (con un campione pari a 1.077 individui per il 2019 e a 1.157 individui nel 2021), ha rilevato che la quota di investitori che si dichiarano disposti a considerare strumenti finanziari con caratteristiche di sostenibilità è passata dal 60% nel 2019 al 74% circa nel 2021.
La ricerca di Consob mette in evidenza una relazione positiva tra l’interesse verso gli investimenti sostenibili e la cultura finanziaria, in particolare con la conoscenza (almeno di base) dei prodotti Esg. La rilevazione relativa al 2021 mostra, infatti, che l’interesse nei confronti della sostenibilità risulta maggiore (87% contro 74% dell’intero campione) presso gli investitori che dichiarano una conoscenza, almeno di base, dei prodotti sostenibili.
Conoscenza e interesse verso la finanza sostenibile si associano inoltre positivamente a variabili sociodemografiche quali il genere femminile, la giovane età, il livello di istruzione, la condizione finanziaria approssimata da patrimonio e reddito.
Tra i profili valoriali e i tratti psicologici, giocano un ruolo positivo l’altruismo e le cosiddette social preferences, ossia l’attitudine a battersi per una causa riguardante la collettività senza pretendere nulla in cambio, l’importanza assegnata alle norme morali, l’attenzione ai fattori ambientali e sociali nonché il coinvolgimento emotivo associato alle tematiche Esg.
Gli individui connotati da forti preferenze ambientali e sociali, che attribuiscono elevata importanza all’etica e agli aspetti valoriali, sembrano disposti a investire in prodotti finanziari sostenibili anche se ciò dovesse comportare una rinuncia al rendimento realizzabile attraverso investimenti tradizionali alternativi.
Nel 2021 solo il 26% degli intervistati dichiara l’assenza di interesse verso la finanza sostenibile.
Le motivazioni
La predisposizione nei confronti dei prodotti finanziari Esg è condizionata al rendimento atteso per il 17% degli investitori, mentre il 57% dichiara la propria attitudine indipendentemente dal rendimento atteso, dichiarando in sostanza la disponibilità ad ottenere un rendimento inferiore rispetto agli altri strumenti finanziari purché allineato alle istanze valoriali e alle norme sociali del cliente. Interessante notare che tale divario risulta ancora più accentuato tra gli investitori che si dichiarano informati.
I risultati evidenziati dal rapporto Consob trovano conferma in una ricerca effettuata sul mercato francese (indagine quantitativa, interviste bilaterali, focus group, mystery shopping e desk-study di un database di fondi) condotta da 2° Investing Initiative per indagare la situazione relativa a domanda, offerta e distribuzione di prodotti di finanza sostenibile nel mercato francese degli investimenti al dettaglio.
Le interviste evidenziano che il 31% degli investitori non è interessato ad investimenti Esg; il 20% considera invece i prodotti sostenibili al fine di ottimizzare il profilo rischio-rendimento del portafoglio (ESG opportunities), mentre il 50% circa privilegia gli investimenti ESG ai fini di allineamento dei valori (34%) e impatto sui fattori di sostenibilità (16%).
L’interesse non è azione
Dal punto di vista della scienza comportamentale è importante considerare che esiste un grande divario tra mostrare interesse per qualcosa e agire effettivamente. Le metanalisi della teoria del comportamento pianificato, un modello spesso utilizzato per prevedere i fattori che influenzano il comportamento, hanno dimostrato che al massimo il 38% del comportamento è spiegato considerando la propria intenzione nei confronti del comportamento.
Questo va oltre la misurazione dell’interesse per gli investimenti sostenibili, ma mostra che c’è un grande divario tra coloro che mostrano interesse e coloro che effettivamente fanno il passo per iniziare a investire in modo sostenibile.
Inoltre, nel rispondere alle domande è importante considerare il bias di desiderabilità sociale. Questo pregiudizio sottolinea che i sondaggi potrebbero non essere la migliore metodologia di ricerca per attingere alle motivazioni più profonde degli investitori al dettaglio riguardo al loro comportamento di investimento.
Così, tra le dichiarazioni di interesse e le effettive scelte di investimento emerge un notevole divario: a fronte dell’interesse manifestato dai 74% degli investitori, solo il 6% dichiara il possesso di prodotti finanziari sostenibili anche se tale proporzione sale al 15% tra gli investitori informati.
Dati che trovano conferma nella ricerca realizzata nel 2022 da McKinsey e Anasfsulle aspettative dei consulenti finanziari nei confronti degli investimenti sostenibili. Il panel di consulenti intervistati ha infatti dichiarato che il 13% delle masse è investito in prodotti Esg e per il 30% dei consulenti più del 15% del portafoglio dei clienti è investito in tale tipologia di prodotti.
Non è da escludere che le prossime rilevazioni statistiche potranno evidenziare risultati più incoraggianti, tenuto conto che proprio dal 2021, con l’entrata in vigore il Regolamento sulla trasparenza in materia di sostenibilità (SFDR), si è osservato una notevole crescita dei fondi comuni di investimento classificati secondo gli articoli 8 e 9 del Regolamento europeo.
La paura del greenwashing è la barriera principale
La ricerca Consob mette in evidenza che l’interesse verso la finanza sostenibile può essere scoraggiato da diversi fattori: il timore di greenwashing, ossia che si tratti solo di operazioni di marketing, l’attitudine allo short termism, soprattutto se si ritiene che la sostenibilità produca frutti solo nel lungo periodo, la percezione di un trade-off tra profili finanziari e profili di sostenibilità, soprattutto se i primi si ritengono prioritari rispetto ai secondi.
Sulla stessa linea, i risultati della Survey di 2° Investing Initiative suggeriscono che il timore di affermazioni fuorvianti e una gestione inefficace dell’impatto ambientale sono i maggiori ostacoli all’investimento in prodotti sostenibili. Analizzando le motivazioni della minoranza che ha risposto di non essere interessata agli investimenti sostenibili si scopre che la paura del greenwashing risulta un ostacolo di maggiore rilevanza rispetto alla percezione di rendimenti inferiori.
Le preoccupazioni dei clienti in merito al greenwashing dei prodotti finanziari ripropone il tema della fiducia nei confronti del sistema finanziario e, nello stesso tempo, l’importanza del ruolo e della professionalità dei consulenti finanziari nel fornire informazioni corrette e non fuorvianti sulle caratteristiche di sostenibilità dei prodotti finanziari.
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