Le aspettative di inflazione dei consumatori dell’Eurozona calano ai minimi dal 2021. E rendono ancora più certa la sforbiciata ai tassi attesa per giugno. Il dopo resta però appeso ai dati
Nuova fumata bianca per l’inflazione dell’Eurozona. In attesa di conoscere il dato di maggio, il sondaggio mensile tra i consumatori dell’Area mostra come le aspettative mediane per i prossimi dodici mesi siano scese al2,9%, dal 3% di marzo, segnando il valore più basso da settembre 2021. Si tratta dell’ultima rilevazione prima della riunione della Banca centrale europea (BCE) del 6 giugno, quando i mercati si attendono con relativa sicurezza il primo taglio dei tassi d’interesse e dunque la fine della maxi stretta avviata il 21 luglio 2022.
Secondo il sondaggio, tra le famiglie dell’Area sono scese anche le aspettative mediane sull’inflazione a tre anni, al 2,4% dal precedente 2,5%, rimanendo però ancora ben al di sopra del target BCE del 2%. Quelle sugli orizzonti di uno e tre anni sono invece rimaste al di sotto del tasso d’inflazione percepito in passato, mentre l’incertezza sulle attese per i prossimi dodici mesi è risultata invariata. Quanto ai redditi, le stime dei consumatori sono ferme allo stesso livello di marzo, così come quelle sui tassi dei mutui, anche se c’è meno pessimo sulla crescita: la previsione è infatti di una contrazione del PIL dello 0,8% nel corso del prossimo anno rispetto al calo dell’1,1% emerso dalla precedente rilevazione. Infine, i consumatori si attendono solo un leggero aumento della disoccupazione, il che indica un mercato del lavoro stabile.
Ne consegue che le famiglie dell’Eurozona vedono un processo disinflazionistico in corso. Negli ultimi dodici mesi, infatti, i prezzi sono scesirapidamente, fino a raggiungere il 2,4% in aprile, ma la BCE ritiene che oscilleranno intorno al livello attuale per il resto del 2024 prima che la retromarcia possa ripartire e raggiungere, nel 2025, l’obiettivo. E il sondaggio fornisce un ulteriore argomento a quei banchieri centrali, come il governatore francese Francois Villeroy de Galhau, favorevoli a un’altra riduzione subito dopo quella del mese prossimo, dati permettendo.
Se il taglio di giugno appare cosa fatta, l’ipotesi di una pausa a luglio resta però ancora la più probabile. Dopo l’accelerazione della crescita dei salari registrata nel primo trimestre, se l’inflazione di maggio che Eurostat renderà nota venerdì dovesse rivelarsi superiore alle attese, sarebbero infatti confermati i timori di chi a Francoforte sostiene che le pressioni sui prezzi rimangono forti e che il ritorno al target non è scontato. E la seconda riduzione del costo del denaro si farebbe più lontana
Christine Lagarde, presidente della BCE
Insomma, con la disinflazione che procede a scatti e il contesto geopolitico teso, l’avanzamento del ciclo di allentamento resta ancora parecchio incerto. Per gli analisti di MPS, i numeri dell’inflazione di maggio saranno una delle chiavi per la modulazione del contenuto del comunicato post meeting e del messaggio che la presidente Christine Lagarde fornirà durante la conferenza stampa il 6 giugno. A loro parere è probabile che l’Eurotower mantenga la porta aperta ad ulteriori tagli, con la tempistica e l’ammontare che verranno posti in relazione diretta con l’evoluzione dei dati.
Isabelle Schnabel, membro tedesco dell’executive board della BCE
Intanto, il membro del board, Isabel Schnabel, ha avvertito che gli acquisti di titoli per il Quantitative Easing dovrebbero ora tornare “nel ‘cassetto degli attrezzi’ delle banche centrali” avendo giocato un ruolo importante nella stabilizzazione dei mercati finanziari in periodi di stress e nel difendere la stabilità de prezzi in periodi di bassa inflazione. Per l’economista tedesca,l’efficacia del QE nello stimolare la domanda dipende infatti dalla situazione contingente e “può comportare dei costi che possono superare quelli di altri strumenti di policy”.Inoltre può far salire i rischi di perdite per le banche centrali e crearne per la stabilità finanziaria aumentando la propensione al rischio, gonfiando il valore di alcuni asset e facendo crescere le diseguaglianze sociali. Dal momento che tali distorsioni richiedono molto tempo per essere riassorbite, secondo la Schnabel “le banche centrali possono ridurre il costo degli acquisti di titoli usandoli in maniera più mirata e parsimoniosa, intervenendo con forza quando necessario ma interrompendo gli interventi più velocemente”. In futuro gli shock potrebbero richiedere “un approccio più paziente nel raggiungere l’obiettivo d’inflazione quando si è in prossimità del limite inferiore ai tassi d’interesse”, ha avvertito.
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