Per il fund manager dire che tutto il mercato azionario è sopravvalutato è un errore. “Ci sono settori o alcuni titoli che lo sono, ma al contempo ci sono altri segmenti in cui sono presenti opportunità”
Marco Pirondini, a capo delle strategie azionarie Usa per Amundi US
Negli Stati Uniti sembra tutto pronto per il via libera al maxi piano di stimoli fiscali da 1.900 miliardi di dollari per rilanciare la prima economia globale nel post-pandemia. Se il provvedimento sarà approvato, ha detto la segretaria al Tesoro Janet Yellen in un’intervista alla Cnn, gli effetti sulla disoccupazione saranno immediati ed importanti, tali da superare le eventuali ricadute negative sui prezzi al consumo.
Un contesto molto apprezzato a Wall Street, dove le azioni si sono lasciate alle spalle un gennaio positivo e approcciano alla seconda metà di febbraio a ridosso dei nuovi massimi assoluti. Approfondiamo gli scenari sull’azionario americano che ora si presentano di fronte agli investitori con Marco Pirondini, a capo delle strategie azionarie Usa per Amundi US.
Qual è la vostra impressione sugli stimoli fiscali introdotti dal neopresidente?
L’aspettativa è che questa amministrazione metterà sul tavolo molti più soldi per il settore delle energie pulite. Siamo consapevoli del fatto che la strada non è in discesa, poiché Biden gode di una maggioranza molto limitata al Congresso. Se però il suo piano di stimolo dovesse passare, riteniamo possa essere un’opportunità per tutti quei settori legati alla transizione energetica come, ad esempio, le società utilities e tutto l’indotto che ruoto attorno all’auto elettrica. Nel frattempo, la volontà di rompere con il passato emerge già dagli ordini esecutivi che Biden ha firmato, alcuni dei quali, ad esempio, riducono la possibilità per le aziende di shale oil di ottenere permessi per effettuare ricerche di nuovi pozzi di petrolio.
Che effetto avrà la transizione energetica da fonti tradizionali e fonti alternative per una potenza come gli Stati Uniti?
In realtà quello che noi pensiamo è che lo scenario che ho appena descritto favorirà la transizione. L’aumento della produzione di energie alternative, unitamente alla ripresa economica che crediamo si realizzerà nel biennio 2022-2023, produrrà un aumento della domanda di prodotti petroliferi e quindi anche una crescita dei prezzi. Anche se in prima battuta può apparire contro intuitivo, questo insieme di elementi avrà un impatto positivo sulla transizione verso fonti di energia pulita perché più economica rispetto agli idrocarburi. Sarebbe molto più difficile fare una transizione in uno scenario in cui petrolio e gas sono scambiati a basso costo. Nel momento in cui si inizia a estrarre di meno e i prezzi dei derivati del carbone saliranno, diventerà più facile convincere tutti delle opportunità presenti nel mondo degli investimenti relativamente alle fonti di energia pulita.
Quali saranno i settori o sub-settori che ne beneficeranno di più?
Fra i temi che seguiamo con maggior attenzione vi sono quello delle batterie per l’alimentazione dei veicoli elettrici e il filone delle nuove tecnologie legate all’idrogeno verde. In questi settori c’è stata già molta attenzione, pertanto oggi è molto importante, nell’approcciare questi settori, conoscere molto bene le aziende in cui si investe. Non è sufficiente abbracciare un tema d’investimento soltanto perché è di moda ma occorre conoscere bene le peculiarità delle singole società. Ciò vale per tutto l’universo azionario americano e ancor di più per i settori che stanno emergendo in questa fase.
Wall Street continua a macinare record e qualcuno paventa un rischio bolla sui titoli tech: come approcciare all’azionario americano in questo contesto?
Dire che tutto il mercato azionario è sopravvalutato è un errore. Ci sono settori o alcuni titoli che lo sono, ma al contempo ci sono alcuni segmenti del mercato in cui sono presenti opportunità interessanti se valutate in modo corretto. Certamente la pressione su tutto il mercato aumenterà quando i tassi d’interesse torneranno a salire, probabilmente nel 2022-2023. Quest’anno però non vedo questa possibilità. In generale è vero che oggi il valore relativo fra azioni value e azioni growth è anomalo. Le ragioni? La caduta del PIL nel 2020 è stata drammatica a causa della pandemia e dopo un 2021 di assestamento andremo incontro a una crescita importante nel biennio 2022-2023. Per cui la strategia migliore che un investitore possa adottare in questo contesto è quella di mantenere un portafoglio equilibrato nelle sue componenti azioni-obbligazioni.
Entra nel vivo la stagione delle trimestrali. Su quali tipi di business ha impattato di più Covid e su quali voci di bilancio in particolare?
La reporting season sta andando molto bene per le aziende tecnologiche, quelle che io chiamo aziende-piattaforma, e questo si riflette sugli indici che stanno viaggiando sui massimi assoluti. Ma la vera sorpresa, a mio avviso, sono i risultati messi a segno dai finanziari e dalle banche: nonostante il Covid e le chiusure forzate delle attività economiche non è successo nulla di quanto avvenuto nel 2008. Le banche americane sono state capaci di attraversare questa crisi non solo non perdendo soldi ma addirittura con dei profitti significativi. Questo significa che la strategia del regolatore, adottata all’indomani della grande crisi del 2008, ha funzionato. Credo che questo sia un dato importante per la stabilità del sistema finanziario ed è essenziale per poter finanziare la ripresa economica.
Come considerare l’impatto del deprezzamento del dollaro sulle aziende americane? È un fattore in grado di influenzare le politiche monetarie della Fed o che può preoccupare un investitore europeo?
Monitorare il dollaro non rientra fra gli obiettivi primari della Fed. Specialmente in questa fase, l’azione della banca centrale americana è focalizzata nel finanziare la ripresa economica e creare inflazione. Questi ad oggi sono i due importanti target perseguiti dal governatore Jerome Powell. Per cui ci aspettiamo un atteggiamento ancora molto accomodante per tutto il 2021, e questo permetterà al governo di finanziare le spese aumentando il deficit federale. Tutto ciò crea una situazione di flussi che non è favorevole al dollaro, ma un dollaro debole aiuta la ripresa economica e non la ostacola perciò non credo che a qualcuno possa dispiacere. Detto questo, esiste anche l’altro lato della medaglia che è quello europeo, in cui in realtà la valuta si è rinforzata probabilmente troppo, in presenza di una performance economica molto inferiore rispetto alle altre zone dove la pandemia ha colpito. È quindi probabile che in Europa vedremo delle policy a supporto della ripresa per cercare di fermare questa rivalutazione dell’euro che potrebbe soffocare la ripresa dell’economia comunitaria. Per cui io credo che la svalutazione del dollaro sia per adesso già avvenuta e non mi preoccuperei di un’ulteriore gamba di ribasso sul biglietto verde.
Come evolveranno i rapporti internazionali degli Usa con Biden presidente, con riferimento a quelli con la Cina?
Io non credo che vedremo un grande cambiamento nella policy di politica estera verso la Cina, tutt’altro. Il governo democratico potrebbe addirittura avere più problemi con la Cina rispetto all’amministrazione precedente su diversi temi come, ad esempio, quello dei diritti umani e su alcune partite geopolitiche come Taiwan o Hong Kong. Un cambiamento significativo della politica estera americana si avrà nei confronti dell’Europa; questa per noi è un’opportunità da non sprecare. La tendenza è quindi di vedere un mondo sempre più bipolare, sarà difficile tornare agli scenari che c’erano prima della pandemia.
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