Giappone, non solo effetto Buffett: per i gestori il rally continuerà
Il Topix ha toccato i massimi da 33 anni grazie alle buone prospettive dell’economia domestica e ai cambiamenti in atto nel Paese. Ecco dove guardano gli investitori
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Da quando è iniziata l’invasione russa ai danni dell’Ucraina – il 24 febbraio scorso – i mercati azionari sembrano aver assunto l’inedito ruolo di “asset rifugio”. Da un rapido sguardo ai principali listini globali, gli indici oggi si trovano su livelli più alti rispetto a quella data. Il rialzo dei mercati, però, avviene con alcune importanti differenze a livello geografico e settoriale, che segnalano un’inversione di rotta, almeno di breve periodo, nelle preferenze degli investitori.
“È abbastanza insolito vedere una re-allocation di questo genere nel mezzo di un evento fonte di incertezza come una guerra”, nota Marco Pirondini, capo delle strategie azionarie per Amundi US, che ne attribuisce i motivi alla convenienza relativa dell’equity rispetto all’obbligazionario. “L’azionario oggi ha un rendimento atteso del 6-7%, mentre il rendimento dell’obbligazionario stenta ad arrivare all’1%”, spiega l’esperto.
La performance dell’ultimo mese dell’S&P 500 dimostra che Wall Street è meno sensibile alla crisi ucraina rispetto alle piazze finanziarie del Vecchio Continente. “Wall Street sconta legami economici molto limitati fra Usa e Russia”, analizza Pirondini. “Questo deriva dalle catene di fornitura – aggiunge – Al momento non impattano sulle aziende statunitensi mentre per quelle europee che hanno un più fitto interscambio con la Russia o comunque con l’Est Europa comincia a farsi sentire il peso delle interruzioni”.
Pirondini vede anche un discorso più tecnico connaturato alla struttura del mercato Usa, “popolato – dice – da aziende con utili molto meno ciclici rispetto alle europee. Questo fa si che anche la volatilità degli utili sia inferiore oltreoceano”. Ma i mercati europei rimangono comunque ben posizionati, a modo di vedere del gestore.
Nell’ultimo sondaggio condotto da Bank of America i gestori europei confermano la preferenza per le azioni orientate al valore. Da gennaio l’S&P 500 Growth segna -10,6% mentre l’S&P 500 Value perde meno del 2% (valori al 25 marzo 2022) mostrando maggior resilienza anche rispetto all’indice generale S&P 500.
“L’atteggiamento degli asset manager deriva dal fatto che già prima dello scoppio della crisi ucraina i portafogli erano orientati verso un approccio conservativo. Io penso che si continuerà a pagare per la stabilità, quindi settori meno ciclici”, analizza l’esperto che cita fra i settori preferiti l’energetico, i materiali di base e i finanziari, mentre esprime più preoccupazione per quei settori ad alta crescita e più esposti alle reti di approvvigionamento globale. “Sono aziende più difficili da gestire già in tempi normali, figuriamoci in questo momento caratterizzato da tutta una serie di tensioni e problemi nella logistica globale. Senza contare il fatto che c’è anche una recrudescenza dei contagi Covid in Cina dove il Governo ha già adottato dei lockdown selettivi in alcune regioni dove sono situati i porti principali per la logistica internazionale”.
“La rotazione verso il Value è un trend di lungo termine che vediamo dominante nei prossimi cinque anni”, afferma Pirondini che però sottolinea: “non sarà una crescita costante, come ogni trend vivrà fasi di allungo alternate a correzioni. Queste ultime saranno occasioni da cogliere per quegli investitori oggi sbilanciati sui titoli growth che vogliono gradualmente riposizionare i portafogli”.
Non spaventa neanche il nuovo approccio di politica monetaria della Fed. “Vivremo in un mondo caratterizzato da inflazione più alta e quindi tassi strutturalmente più elevati. È un ambiente che penalizza i titoli con ‘duration lunga’ in cui i tassi di sconto devono attualizzare utili molto dilatati nel tempo. Il percorso Fed al contrario supporta la visione Value del mercato”, conclude.
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