Banche: frenano i depositi, aumentano i prestiti
Ad ottobre la raccolta complessiva si è attestata a 2.041,8 miliardi, in calo dello 0,2%. Stabili le sofferenze. Torriero (Abi): “Sui depositi si è in qualche modo toccato il tetto”
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Il risparmio è indispensabile per la ripresa dell’Italia. Per questo è necessario e urgente incentivare gli italiani a investire nell’economia reale i soldi fermi sui conti correnti. I Pir da soli non bastano e, seppure il loro potenziamento vada nella giusta direzione, il governo è chiamato a fare di più. È un messaggio netto quello che Antonio Patuelli, presidente Abi, ha lanciato al governo nel corso della sua relazione annuale, puntando dunque l’attenzione sul fisco.
“Per attrarre i risparmi verso gli investimenti in Italia occorre proseguire nelle riforme fiscali – ha avvertito il numero uno dell’associazione delle banche -. Il potenziamento dei Pir va in questa giusta direzione, ma questa riforma non è sufficiente per attrarre l’ingente liquidità parcheggiata. Occorre ridurre la pressione fiscale sugli investimenti stabili e non speculativi per innescare un più robusto circuito virtuoso per favorire la trasformazione della liquidità in investimenti produttivi che sono gravati dalla doppia imposizione sugli utili delle imprese e sui dividendi”.
Il risparmio investito, ha scandito Patuelli, “è indispensabile fattore per la ripresa, assieme ai fondi europei per il cui tempestivo impiego le banche sono a fianco di istituzioni e imprese”.
Le banche, dal canto loro, sono pronte a fare la propria parte per aiutare il Paese, ma i crediti deteriorati possono riprendere a crescere, nonostante le costanti attività delle banche per ridurli. “Possono crescere le crisi di imprese che debbono ancora essere accompagnate da misure di finanza d’emergenza”, ha affermato, sottolineando come durante la crisi Covid i crediti deteriorati non sono esplosi anche per la presenza delle moratorie. Moratorie che ora devono essere reintrodotte col prolungamento della pandemia e con gli effetti della guerra russo-ucraina.
Sempre in tema di risparmio, il presidente Abi ha lanciato poi un allarme sul maggior utilizzo “delle rischiose cosiddette cripto valute, che valute non sono e non hanno corso legale, che operano in un eccessivo anonimato, nella mancanza di norme che le regolino, con gravi rischi per la legalità e i risparmi che non hanno le tutele proprie degli investimenti in mercati regolamentati”.
Nel suo discorso all’assemblea annuale dell’associazione, ha sottolineato come l’impegno contro il riciclaggio e l’usura deve svilupparsi “anche negli scambi in cripto pseudo valute”. Per questo, ha sollecitato l’entrata in vigore del nuovo regolamento europeo per la resilienza operativa digitale del settore finanziario (Dora) con l’istituzione di una Vigilanza europea sui servizi digitali.
“Importanti inoltre – ha aggiunto – sono le iniziative nazionali ed europee per operare in cosiddette cripto valute, con l’anagrafe, istituita dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, delle piattaforme di servizi collegati a cripto valute e con l’obbligo per gli operatori di iscriversi a un registro gestito dall’Organismo degli agenti e mediatori creditizi, in collaborazione con la Guardia di Finanza, la Polizia valutaria e la Direzione Nazionale Antimafia”.
Quanto alle banche, proprio mentre da Francoforte arrivano i risultati del primo stress test climatico da cui emerge che le banche europee possono perdere oltre 70 miliardi per questi tipo di rischi, Patuelli dice no a nuovi requisiti di capitale per il clima. “Le strategie per la maggiore tutela della salute e dell’ambiente debbono avere la priorità, E le banche sono impegnate per un’economia più sostenibile, debbono valutare sempre meglio i rischi climatici”, ha affermato, puntualizzando però come come gli istituti di credito “non debbono essere visti come sostituti delle Autorità e delle funzioni pubbliche e non devono essere gravati da ulteriori requisiti di capitale”.
Per quanto riguarda invece i tanto auspicati processi di consolidamento degli istituti Ue, Patuelli ha osservato che questi devono svilupparsi anche internazionalmente, soprattutto in Europa, per favorire la crescita di soggetti bancari che abbiano dimensioni competitive con i giganti americani e asiatici. “Le aggregazioni bancarie si sono realizzate in un quadro di costante forte concorrenza. In proporzione alle popolazioni, si sono realizzate più aggregazioni bancarie in Italia che negli altri paesi del resto d’Europa”, ha fatto notare.
A questo proposito, nel suo intervento, il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, ha messo in guardia sul rischio crisi degli istituti più piccoli. La Banca d’Italia mantiene alta l’attenzione e ha chiesto “di valutare ogni azione” su alcuni istituti di credito medio-piccoli sotto la sua diretta supervisione dove potrebbero esserci delle situazioni che potrebbero degenerare in crisi, ha spiegato nel corso dell’assemblea Abi. “A fronte di una situazione equilibrata per la maggior parte degli intermediari, permangono in alcuni casi elementi di fragilità, soprattutto in relazione alla capacità di generare flussi di reddito idonei a coprire i rischi, finanziare gli investimenti in innovazione, remunerare il capitale. Per alcune banche – ha rilevato – meno proattive e connotate da carenze manageriali, gli aspetti di debolezza individuati possono mettere a repentaglio la sostenibilità del modello di attività, fino a degenerare in situazioni di crisi; di conseguenza è stato loro chiesto di valutare con tempestività ogni azione volta al superamento delle criticità, incluse ipotesi di aggregazione con altri intermediari”.
Ma soprattutto Visco ha sposato l’appello arrivato ieri dal capo della vigilanza Bce, Andrea Enria, che ha chiesto agli istituti europei di includere l’ipotesi recessioni nei loro piani e nei loro dividendi. Il rallentamento del Pil e il rischio di una contrazione dell’attività economica devono indurre le banche a “tenerne opportunamente conto” nelle “politiche di distribuzioni degli utili e degli accantonamenti”, ha avvertito Visco, sottolineando che comunque le banche italiane affrontano questa difficile situazione congiunturale partendo da una condizione complessivamente equilibrata. “Alla fine di marzo il rapporto tra il capitale di migliore qualità e gli attivi ponderati per il rischio (CET1 ratio) era pari al 14,6%; nonostante la ripresa nella distribuzione dei dividendi, rimane più alto dei valori precedenti lo scoppio della pandemia”, ha chiarito.
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