Gli investitori wholesale puntano sui mercati pubblici
La maggior parte ritiene che sovraperformeranno quelli privati nei prossimi 3-5 anni. E preferisce la gestione attiva. In aumento l'interesse per i titoli value e l’importanza dei criteri Esg
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Articolo pubblicato su FR MAGAZINE | Maggio – Giugno 2021 |
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Goldman Sachs aveva auspicato in autunno “un piano Marshall per l’Italia su digitale e infrastrutture”. E passerà proprio da qui il rilancio dell’Italia post-Covid, con un programma che per gli esperti vale 3 punti di Pil in più rispetto allo scenario base nel 2026.
Grazie al Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) da 221,5 miliardi totali, di cui 191,5 riferibili al Recovery Fund e 30 miliardi per finanziare le opere extra Recovery, “l’Italia si trova di fronte a un’occasione senza precedenti. Le risorse del Recovery Plan e l’ampio consenso politico sulla necessità di trasformare il Paese fanno sì che oggi ci siano le condizioni ideali per rendere l’Italia ancora più attrattiva”, commenta Massimo Antonelli, regional partner dell’area Mediterranea e Ceo per l’Italia di EY.
Citando l’indagine EY-SWG, “per il 71% degli intervistati, le infrastrutture possono agire da moltiplicatore di investimento”, soprattutto se accompagnata da una riforma della PA. “Abbiamo cinque anni per impiegare le risorse stanziate dal piano. In Italia, cinque anni sono pochi – argomenta Roberto Prioreschi, managing director di Bain & Company Italia e Turchia – Dobbiamo urgentemente agire su processi e sovrastrutture in ottica di estrema semplificazione e deburocratizzazione. Una rivoluzione silenziosa, ma importantissima, per non dire imprescindibile”.
Ma su cosa punta esattamente il piano italiano? Dalle ferrovie, alle strade, passando per i porti, nel Pnrr il governo ha inserito anche una serie di riforme (inclusa la revisione del contratto con Rfi), sebbene il bacino di interventi infrastrutturali sia limitato alle opere sufficientemente mature da essere realizzate entro il 2026.
Una differenza rilevante rispetto al Piano Conte è l’inserimento della maggior parte degli interventi stradali nel Fondo complementare, il bacino da 1,75 miliardi voluto da Draghi per spesare quei progetti rimasti fuori dal Pnrr ufficiale. I settori più coinvolti sono l’Alta velocità di rete e la manutenzione stradale con 27,97 miliardi di euro e l’intermodalità e la logistica integrata che potrà contare su 3,49 miliardi di euro.
Oltre alle ferrovie, il Pnrr si occupa anche della manutenzione 4.0 delle strade, agendo però sul fronte “riforme”. Per assicurare infatti la sicurezza delle strade, il governo ha trasferito all’Anas la titolarità di ponti, viadotti e cavalcavia relative alle strade di secondo livello. Oltre 3 miliardi sono poi destinati alla digitalizzazione del sistema della logistica (inclusi i porti). Tutto questo, spiega Stefania Radoccia, responsabile mercati dell’area Mediterranea di EY, sarà positivo perché “il sistema infrastrutturale italiano è storicamente caratterizzato da un’insufficienza di connessioni tra gli snodi logistici più rilevanti: porti, reti ferroviarie e aeroporti. Una carenza di collegamenti che finisce per penalizzare pesantemente la nostra economia”.
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