Appena uno su due ricorda di aver ricevuto il documento e solo il 33% l’ha letto. L’indagine Moneyfarm a oltre sei anni dall’entrata in vigore della direttiva
A oltre sei anni dall’entrata in vigore della MiFID 2, il Rendiconto costi e oneri resta uno sconosciuto. Meno di un investitore su tre (il 30%) sa infatti con esattezza che tipo di informazioni fornisce. È quanto emerge da un sondaggio condotto da Moneyfarm, che ha coinvolto un campione di risparmiatori (non soltanto fra i sui clienti) con un livello di istruzione elevato.
Nonostante ben il 60% dei rispondenti abbia una laurea e un quarto di questi l’abbia in discipline economico-finanziarie, il 35% dei clienti Moneyfarm e il 48% dei non clienti ha una conoscenza nulla o limitata dell’esistenza del documento che rendiconta tutti i costi e gli oneri effettivamente sostenuti per i propri investimenti. Percentuale che sale al 62% tra le donne contro il 34% degli uomini. Il livello di consapevolezza cresce con l’aumentare dell’età e della propensione al rischio: i più esperti appartengono infatti alla generazione dei Boomer (71%), con propensione al rischio elevata (70,5%) e un patrimonio medio investito superiore ai 65 mila euro (63%).
Solo uno su due ricorda di averlo ricevuto e appena il 33% l’ha letto
Più si scende nel dettaglio del contenuto del documento, più le conoscenze degli intervistati si fanno vaghe: solo il 30% sa con esattezza quali informazioni vi sono riportate. Del resto, anche fra chi è certo di aver ricevuto almeno un Rendiconto costi e oneri nella sua esperienza di investitore, ossia circa il 50% del campione, solo il 33% afferma di averlo effettivamente letto, trovandolo chiaro ed esaustivo.
A questo propositi Andrea Rocchetti, global head of Investment Advisory di Moneyfarm, ricorda come nel maggio del 2020 la Consob abbia formulato una serie di raccomandazioni per stimolare una migliore individuazione della disclosure dei vari costi e oneri all’interno del Rendiconto. E anche per facilitare la comprensione delle singole voci e della loro incidenza sulla performance totale, nonché la comparazione con i documenti ricevuti da altri intermediari. “L’industria del risparmio è chiamata ad impegnarsi per rendere più chiaro il documento (anche attraverso un maggior utilizzo di tabelle, glossari, numeri riepilogativi) e per veicolare in maniera diretta il suo contenuto, senza diluirlo con altre informazioni che potrebbero risultare fuorvianti”, afferma Rocchetti. Sottolineando come l’obiettivo ultimo dovrebbe sempre essere quello di aiutare chiunque ad avere una comprensione più immediata.
Il sondaggio rivela poi che il livello di coinvolgimento degli investitori sul tema resta minimo: oltre due terzi di coloro che dichiarano di aver ricevuto il documento negli anni passati non ne hanno mai discusso con il proprio consulente. E la metà afferma di non aver mai ricevuto neanche una notifica proattiva della pubblicazione del Rendiconto o di averlo dovuto cercare nell’area riservata del proprio home banking. “Si tratta sicuramente di un segnale di scarsa sensibilità dell’industria sul tema, ancora più grave se si considera che ogni giorno gli investitori vengono inondati da comunicazioni di ogni tipo, spesso a fini commerciali”, commenta Rocchetti.
Non solo. Quasi il 70% degli intervistati ignora o sa solo vagamente che gli intermediari sono tenuti per legge a inviare il Rendiconto entro il 30 aprile di ogni anno. Inoltre solo il 3% è a conoscenza della possibilità di richiederlo in forma analitica, e ne ha effettivamente fatto domanda, potendo così scoprire non soltanto il costo complessivo del proprio portafoglio, ma anche le potenziali inefficienze in termini di costo dei singoli strumenti nell’ambito della propria esposizione complessiva.
Secondo il presidente di Ascofind, Massimo Scolari, che ha collaborato all’indagine di Moneyfarm, è particolarmente significativo mettere a confronto queste evidenze con quelle di altre indagini effettuate nel mondo del risparmio, come l’ultimo Rapporto Consob sulle scelte di investimento delle famiglie. “In quel caso il 66% degli intervistati dichiarava di non comprendere i costi sostenuti per investire, per la precisione il 42% rispondeva che non vi erano costi associati agli investimenti e il 24% rispondeva di non sapere”, fa notare Scolari. Evidenziando come si tratti di un quadro ancora più drammatico perché riguardante un campione maggiormente rappresentativo della popolazione.
Sintomatico è anche il fatto che addirittura l’82% (tra non clienti Moneyfarm) di chi non è a conoscenza dei Rendiconti sostiene di non averlo mai ricevuto. Mentre fra coloro che quantomeno hanno una vaga idea dell’esistenza del documento, il dato cala drasticamente intorno al 18%, segno che una maggiore sensibilizzazione intorno all’esistenza e alla finalità del Rendiconto rende i risparmiatori più attenti e partecipi nella gestione dei propri risparmi.
Rocchetti punta l’attenzione sul fatto che c’è ancora un ampio numero di investitori che non sa a che cosa ci si riferisca quando si parla di Rendiconto costi e oneri e che magari crede che la consulenza prestata dalla propria banca o intermediario finanziario sia a titolo gratuito. “Un fatto ancora più paradossale se si considera che in Italia il costo per gli investimenti è tra i più alti al mondo. Le istituzioni e noi operatori finanziari siamo quindi chiamati ad un’opera di rieducazione finanziaria, per aumentare la consapevolezza del pubblico retail circa i costi a cui si va incontro quando si sottoscrive un prodotto o un servizio finanziario”.
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