Tassi, verso una divergenza USA-Europa
Il programma di Trump potrebbe riaccendere l’inflazione e a quel punto la Fed sarebbe costretta a fermarsi. La BCE, invece, continuerà a tagliare. Tra un anno il costo del denaro sarà molto più basso
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Prosegue senza interruzioni la marcia dell’Eurozona verso la recessione tecnica. Il periodo difficile per l’economia perdura e, per la prima volta in tre anni, anche l’occupazione è diminuita. Salgono inoltre a sei i mesi consecutivi con produzione e nuovi ordini in calo, nonostante il tasso di declino stia diminuendo con costanza. Il responso del Pmi di novembre della produzione composita calcolato da Hcob è nero: 47.1 punti. Seppure in lieve miglioramento rispetto ai 46.5 di ottobre, l’indicatore resta sotto la soglia dei 50 punti che divide la contrazione dall’espansione. Ne è consapevole la Banca centrale europea, che nei verbali dell’ultimo meeting parla di un’attività debole con rischi orientati al ribasso. L’Eurotower non chiude però a possibili nuovi rialzi dei tassi, anche se considera gli attuali livelli “sufficientemente restrittivi”.
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“La minore domanda, la capacità in eccesso e il livello di fiducia sulle prospettive future piuttosto attenuato hanno spinto le aziende a diminuire gli organici per la prima volta dall’inizio del 2021. E ciò ha segnato una riduzione dell’attività d’acquisto e delle scorte”, hanno spiegato gli analisti di S&P Global commentando l’indice calcolato da Hcob. Per Cyrus de la Rubia, capo economista della Hamburg Commercial Bank, l’economia dell’Eurozona “risulta bloccata”. E alla luce dei Pmi flash di novembre, le sue previsioni a brevissimo termine fanno intravedere un secondo trimestre consecutivo di contrazione del Pil. “Ciò si dovrebbe allineare con il parametro comunemente accettato di una recessione tecnica”, ha sottolineato de la Rubia.
Per l’esperto, se sussisterà una tendenza al ribasso, potrebbe salire il tasso di disoccupazione, che finora aveva mostrato una sorta di resistenza. Tra i segnali positivi, si notano invece i nuovi ordini. E malgrado continuino a contrarsi ad un tasso veloce, hanno riportato a novembre il calo più debole in quattro mesi. “Se a ciò associamo le prospettive future più ottimistiche per l’attività manifatturiera, potremmo sperare in un 2024 favorevole”, conclude l’economista.
Più nel dettaglio, timidi spiragli arrivano dall’economia teutonica, la cui contrazione si è leggermente attenuata a novembre. L’indice Hcob Flash Germany Composite Pmi sulla produzione si è infatti attestato a 47,1 punti, restando però in territorio negativo per il quinto mese consecutivo. “Natale si avvicina e anche qualche speranza per l’economia tedesca. Pur rimanendo in territorio di recessione, il tasso di rallentamento si è notevolmente attenuato”, ha osservato de la Rubia. A suo parere, la ripresa alimenta la fiducia che un ritorno alla crescita sia una prospettiva plausibile, “potenzialmente materializzabile nella prima metà del prossimo anno”.
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Va peggio a Parigi, dove l’economia ha subito un forte rallentamento. Lo testimonia l’indice Pmi ancora ben al di sotto del livello che separa la crescita dalla contrazione. A novembre ha infatti raggiunto i 44,5 punti, leggermente sotto i 44,6 del mese precedente. “L’economia francese è in un vicolo cieco”, ha sottolineato l’economista Norman Liebke. La produzione è diminuita per il sesto mese consecutivo “soprattutto a causa della crisi della domanda. E sembra che l’incertezza geopolitica ed economica abbia giocato un ruolo importante”, conclude.
Anche la Bce si mostra preoccupata per la salute dell’economia, rimasta debole nel terzo trimestre. Nelle minute di ottobre, il capo economista dell’Eurotower, Philip Lane, sottolinea che “l’escalation del conflitto tra Israele e Hamas ha aumentato l’incertezza e comportato il rialzo dei prezzi del gas e del petrolio nel breve periodo”. Inoltre, i rischi per la crescita restano “orientati al ribasso”: questa potrebbe infatti essere inferiore alle attese se gli effetti della politica monetaria dovessero essere più forti del previsto. Potrebbe però anche rivelarsi migliore del previsto “se il mercato del lavoro, tuttora resiliente, e l’incremento delle retribuzioni miglioreranno la fiducia di imprese e famiglie, portandole a spendere di più”.
L’inflazione intanto non è un problema archiviato. E secondo i banchieri centrali “i rischi restano elevati in entrambe le direzioni”. Da una parte potrebbe verificarsi un aumento dei prezzi di cibo ed energia. Dall’altra, invece, un rallentamento della domanda, per esempio a causa di una forte trasmissione della politica monetaria o del peggioramento del contesto economico nel resto del mondo e questo allenterebbe le pressioni sul carovita. Ne deriva che, benché l’attuale livello dei tassi sia considerato adeguato, nei verbali è stata confermata la visione che il consiglio direttivo deve essere pronto a nuove strette, se necessario. “Anche se questo non rientra nell’attuale scenario di base”, si legge nelle minute. I membri del board “si sono espressi a favore del mantenere la porta aperta a ulteriori rialzi dei tassi, in linea con l’enfasi posta dal consiglia sulla dipendenza dai dati”.
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