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Nel suo Bollettino, Francoforte vede la crescita decelerare, ma non prende impegni sull’allentamento monetario. Colombe sul piede di guerra per un taglio ad ottobre
Rischi al ribasso per la crescita e al rialzo per l’inflazione. Il Bollettino economico della Banca centrale europea mette in guardia sullo stato di salute dell’Eurozona ma non prende impegni sui tassi, che resteranno su “livelli sufficientemente restrittivi finché necessario”. Ogni decisione verrà presa riunione per riunione sulla base dei dati, viene ribadito, anche se secondo indiscrezioni la guerra tra i falchi e le colombe si sta già facendo infuocata in vista del meeting del 17 ottobre.
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La manifattura rallenta: fattori avversi pesano sul PIL
Gli economisti dell’Eurotower spiegano che, nel secondo trimestre, la crescita mondiale ha mostrato capacità di tenuta. E dovrebbe mantenersi stabile anche nel terzo. Ma avvertono come i dati più recenti indichino un rallentamento del settore manifatturiero, mentre la politica monetaria rimane restrittiva. “Tali segnali, unitamente alle elevate tensioni geopolitiche e alla volatilità nei mercati finanziari, suggeriscono che fattori avversi alla crescita potrebbero intensificarsi nel breve periodo”, si legge. Negli Stati Uniti l’attività è ancora robusta e l’inflazione continua a calare, mentre in Cina l’economia sta rallentando e nel secondo trimestre è scesa allo 0,7% dall’1,5% del primo. Nella Zona euro il PIL è cresciuto dello 0,2% tra aprile e giugno rispetto allo 0,3% dei tre mesi precedenti, e marcia ad un ritmo più lento rispetto alle proiezioni macroeconomiche di giugno 2024. Responsabile è anche la domanda interna, che ha subito una contrazione. I dati più recenti segnalano per il terzo trimestre un’espansione che prosegue, seppure appunto a una velocità ridotta.
Produzione nel guado tra servizi e industria
Tra i settori, i servizi continuano a trainare la ripresa grazie al “significativo impulso” fornito dalle Olimpiadi di Parigi. Il comparto industriale mostra invece ancora segnali di debolezza, sia in termini di prodotto sia di ordinativi. In prospettiva, però, il PIL dovrebbe continuare a riprendersi in scia a un ulteriore aumento dei redditi ma anche al rafforzamento della domanda estera e al venir meno degli effetti frenanti della politica monetaria restrittiva. L’espansione del reddito disponibile è vista sorreggere i consumi privati, che diventerebbero il tassello principale della crescita a partire dalla seconda metà del 2024. La spesa delle famiglie dovrebbe essere inoltre supportata dal mercato del lavoro, che continua a mostrare capacità di tenuta, nonché da un graduale miglioramento del clima di fiducia e dall’incertezza che va scemando.
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Prezzi in target entro il 2025. Ma sui tassi niente impegni
Quanto ai prezzi, l’inflazione dovrebbe tornare ad aumentare nell’ultima parte di quest’anno per poi scendere verso l’obiettivo del 2% “entro la fine del 2025”. Ma Francoforte sottolinea come il carovita interno resti comunque elevato, “sospinto da salari che continuano a crescere a ritmo sostenuto”. Le pressioni dal lato del costo del lavoro si stanno comunque allentando e i profitti stanno parzialmente attenuando l’impatto della crescita delle retribuzioni. Le decisioni sui tassi di interesse saranno quindi basate sulla valutazione circa le prospettive, “alla luce di dati come la dinamica dell’inflazione di fondo e l’intensità della trasmissione della politica monetaria”. Torna quindi a ripetere la BCE che il board “non intende vincolarsi a un particolare percorso” e resta “pronto ad adeguare tutti gli strumenti”.
Il pressing delle ‘colombe’
Intanto, il confronto tra le due anime del board di Francoforte si fa sempre più aspro. Stando alle indiscrezioni raccolte da Reuters, dopo una serie di dati macro peggiori delle attese, i consiglieri considerati ‘colombe’ si stanno preparando a lottare per un nuovo taglio nel corso del meeting di ottobre, nella speranza di vincere l’opposizione dei colleghi più conservatori. Nonostante la linea all’istituto centrale sia quella di riduzioni prudenti e graduali dei tassi, gli indici PMI e gli indicatori della fiducia tedesca hanno infatti convinto alcuni membri del Consiglio che è arrivato il momento di accelerare. Di parere diverso i falchi, per i quali invece l’accento andrebbe posto sui dati concreti e sulle proiezioni della stessa BCE. Tutti indicatori che saranno disponibili solo per la riunione di dicembre. Per questo c’è chi parla di una possibile soluzione di compromesso: tra tre settimane il costo del denaro non verrà toccato, ma verrà fatto intendere in modo chiaro che una sforbiciata a dicembre è molto probabile se i numeri non miglioreranno.
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