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Il Chief Economists Outlook: bene gli USA, Cina in frenata, Europa fanalino di coda. Timori per Trump: più frammentazione e ulteriori turbolenze commerciali. E il 68% teme uno scontro più ampio
Dal World Economic Forum di Davos, niente di buono sul futuro dell’economia globale. Debito, frammentazione e incertezza politica zavorrano infatti la crescita e pongono una seria ipoteca sul futuro. Soprattutto per l’Europa, che sarà anche nel 2025 la regione più debole. In particolare, ad allarmare gli economisti sono le possibili ripercussioni delle politiche della nuova amministrazione americana e la possibilità di una “guerra commerciale allargata”. È quanto emerge dal Chief Economists Outlook del WEF, pubblicato in attesa di lunedì 20, quando si aprirà il consueto meeting sulle montagne svizzere che quest’anno vedrà riuniti circa tremila leader mondiali provenienti da 130 Paesi.
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Crescita: bene gli USA, Europa fanalino di coda
Per l’anno appena iniziato, la previsione maggioritaria è di una crescita più debole del previsto, con l’Europa particolarmente colpita e più ottimismo per gli USA, anche se “temperato da preoccupazioni per il debito in ascesa e l’inflazione”. Il 56% dei principali capi economisti si aspetta infatti condizioni economiche più deboli rispetto al 2024, contro solo il 17% che stima un miglioramento. Il Vecchio Continente continua a essere considerato la regione più debole per il terzo anno consecutivo, con quasi tre quarti (74%) degli intervistati che prevedono un’espansione debole o molto debole, mentre negli Stati Uniti si prevede un boom a breve termine. Il 44% stima infatti una forte crescita nel 2025, rispetto al 15% registrato ad agosto dello scorso anno.
Per quanto riguarda la seconda principale economia mondiale, la Cina, i risultati del sondaggio indicano un rallentamento a causa di una domanda dei consumatori contenuta e di una produttività più debole. Si conferma, insomma, lo scenario di una ripresa globale incerta e disomogenea. “Le prospettive di crescita sono le più deboli da decenni e gli sviluppi politici sia a livello nazionale che internazionale evidenziano quanto sia diventata controversa la politica economica. In questo contesto, promuovere uno spirito di collaborazione richiederà più impegno e creatività che mai”, ha avvertito Aengus Collins, head of economic growth and transformation del WEF.
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Effetto Trump
L’esito delle presidenziali americane avrà secondo il 61% degli economisti un impatto globale a lungo termine determinando cambiamenti in settori quali commercio, migrazione, deregolamentazione, politica fiscale e politica industriale. Le solide prospettive per la crescita degli Stati Uniti nel 2025 sono in linea con le aspettative di stimoli a breve termine e di aumento dei salari, anche se emerge una forte consapevolezza dei rischi, con quasi tutti che si aspettano un aumento dei livelli del debito pubblico (97%) e dell’inflazione (94%).
Allarme guerra commerciale
In ogni caso, per i partecipanti al sondaggio del WEF, “tutti i segnali puntano verso ulteriori turbolenze commerciali” nel 2025: ben l’89% si aspetta “una guerra commerciale fatta di ritorsioni e restrizioni commerciali fra USA e Cina”, mentre il 68% prevede uno scontro più ampio. Tuttavia “anche se la nuova amministrazione americana probabilmente imprimerà la sua linea sulle prospettive dei prossimi dodici mesi, questo potrebbe non comportare un cambiamento drammatico nella traiettoria” del commercio globale, si legge nel report.
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Frammentazione crescente
Quello che pare scontato è invece l’aumento delle divisioni. Una vasta maggioranza degli intervistati (94%) prevede infatti una frammentazione crescente nel commercio di beni nei prossimi tre anni. E il 59% ritiene che anche i servizi seguiranno una traiettoria simile. Oltre tre quarti anticipano un aumento delle barriere alla mobilità del lavoro, mentre quasi due terzi segnalano vincoli crescenti nel trasferimento di tecnologia e dati. Il settore finanziario rappresenta un’eccezione: meno della meta’ (48%) prevede un aumento della frammentazione. Tuttavia, sviluppi politici nazionali e internazionali, riallineamenti delle catene di approvvigionamento e preoccupazioni legate alla sicurezza probabilmente comporteranno un aumento dei costi per imprese e consumatori nei prossimi tre anni. Le risposte delle aziende alla crescente frammentazione dell’economia globale includeranno la ristrutturazione delle filiere (91%), la regionalizzazione delle operazioni (90%) e il focus sui mercati principali (79%).
Protezionismo principale fattore di cambiamento
Quasi la metà (48%) degli economisti capo prevede infine un aumento dei volumi del commercio globale nel 2025, sottolineando la resilienza del commercio internazionale. Tuttavia, una larga maggioranza si aspetta un’intensificazione delle tensioni commerciali, sia tra le principali potenze sia in ambito più ampio. Il protezionismo è infatti identificato come il principale fattore di cambiamento duraturo nei modelli commerciali globali, insieme a conflitti, sanzioni e preoccupazioni per la sicurezza nazionale. L’82% sia aspetta una maggiore regionalizzazione del commercio nei prossimi tre anni, accompagnata da un graduale spostamento dai beni ai servizi.
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