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L’agenzia si aspetta una crescita più elevata rispetto all’Eurozona: +4,7% nel 2022. Ottimismo sulla stabilità politica: le elezioni presidenziali non dovrebbero produrre un allargamento dello spread
S&P Global Ratings vede rosa sull’Italia, dove si attende una crescita del Più del 4,7% per quest’anno dopo il 6,4% previsto per il 2021, e su cui si respira un clima di fiducia grazie al percorso di riforme avviato in relazione al pacchetto di aiuti europei. È quanto è emerso dalla conferenza stampa annuale sull’Italia di S&P, che ha annunciato nuove date per le revisioni del rating sovrano del Paese, richieste dall’Esma: il 22 aprile e il 21 ottobre.
Sylvain Broyer, chief economist Emea, ha sottolineato che sull’outlook dell’Europa in generale incombono diverse incognite e fattori di rischio: il virus, ovviamente, con la nuova variante Omicron, l’inflazione, i cambiamenti della politica di sostegno monetario e fiscale, e le difficoltà della supply chain, “tutti fattori interconnessi. Ma il virus non guiderà l’economia nel 2022 nella stessa misura in cui lo ha fatto nel 2021”. L’economia europea sta comunque abbandonando la modalità di “ripresa” per avviare una fase di espansione, e non si prevedono contrazioni nel primo trimestre, afferma Broyer.
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“È probabile che il Covid diventi endemico e meno letale, e che l’economia impari a conviverci”, ha detto Broyer. Sul fronte delle strozzature al commercio internazionale, che stanno avendo un impatto sulle imprese sia in termini di inflazione che di forniture, “ci sono segnali che queste stiano cominciando ad allentarsi” nel corso del 2022.
I segnali, dunque, sono rassicuranti. “Ci aspettiamo che l’economia dell’Eurozona cresca di un solido 4,4% quest’anno dopo un rimbalzo del 5,1% del 2021, e l’Italia crescerà ancora di più, 4,7% dopo il 6,4% dello scorso anno”, mentre per il 2023 si attende un progresso dell’1,8%. Quindi quest’anno si prevede una crescita robusta ma minore rispetto all’anno appena concluso nella maggior parte dei Paesi, a parte Germania e Spagna.
In Italia, “l’avvio del processo di riforme legato al pacchetto di aiuti europei ha permesso di rafforzare la fiducia nelle prospettive dell’economia fra le aziende e i consumatori”, ha continuato il chief economist, aggiungendo che “questo alto livello di fiducia potrebbe ora accelerare l’uso dei risparmi in eccesso accumulati in questa fase e questo potrebbe mitigare l’impatto dell’aumento temporaneo dell’inflazione”.
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Ma perché questa fase di crescita dell’economia italiana diventi strutturale, evitando dunque un ritorno ai bassi tassi di espansione pre-pandemia, è ora importante che il Paese chiuda il gap di produttività con gli altri stati europei. “L’Italia ha già chiuso il gap rispetto alla fase pre-Covid, a differenza di quanto avvenuto ad esempio con la Spagna. Ma il divario rispetto agli altri Paesi europei rimane considerevole. Il pacchetto di aiuti contenuto nel Next Generation Eu, insieme a riforme strutturali e a una possibile riforma del Patto di stabilità e crescita, offrono insieme una possibilità di riuscire in questo scopo”. Ci sono segnali di avvio di una fase di maggior crescita strutturale, ma siamo solo all’inizio. “Sarà interessante vedere cosa succederà oltre l’orizzonte del 2022, già con il 2023”, ha detto Broyer.
Per quanto riguarda la situazione politica in vista delle elezioni presidenziali, invece, l’esperto non si aspetta grandi stravolgimenti e ritiene che sia comunque importante che eventuali instabilità non minino la fiducia. “Non vedo un grande aumento dello spread in vista delle elezioni presidenziali in Italia, penso che il differenziale resterà più o meno sui livelli attuali”, ha detto Broyer, sottolineando che l’allargamento dello spread visto dallo scorso ottobre più che agli scenari politici è da ricondurre alle aspettative di un ridimensionamento degli acquisti di titoli da parte della Bce.
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Ma una delle priorità del Paese è senz’altro quella di non mettere a rischio l’attuale forte fiducia di imprese e famiglie con l’instabilità politica. “La nostra ipotesi base è comunque che non ci sia un grande incentivo per andare a elezioni anticipate, siamo abbastanza fiduciosi in una situazione di continuità”, ha aggiunto Broyer.
Certo, qualche nuvola all’orizzonte c’è. Per esempio, l’impatto nel 2022 dei rincari energetici per le imprese italiane potrebbe raggiungere “numeri molto significativi” secondo Renato Panichi, senior director corporate ratings di S&P. Questi rincari sono ipotizzabili fra i 30 e i 35 miliardi di euro e concentrati sulle imprese energivore, anche se per Panichi è molto difficile fare una stima alla luce della volatilità dei prezzi. Anche i costi legati alla transizione energetica transizione climatica e al pacchetto “Fit for 55” della Commissione europea “cominciano ad avere chiari risvolti economici”, ha detto Panichi.
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Per quanto riguarda invece il settore bancario, S&P prevede che gli istituti italiani inizieranno a vedersi concretizzare i contraccolpi della pandemia sotto forma di flussi di crediti deteriorati, ma in misura gestibile a detta di Mirko Sanna, director financial institutions. “Le banche stanno facendo già oggi accantonamenti. In termini di credito ci attendiamo che dopo i minimi degli ultimi due anni ci sarà una crescita degli Npl, ma piuttosto gestibile, nulla a che fare con quanto successo in passato”, ha spiegato Sanna. Le banche italiane continueranno ad avere problemi di redditività, come del resto avviene per le banche europee in generale, e tali problemi potrebbero prolungarsi anche “il 2022, specialmente se i tassi resteranno bassi”, ha aggiunto Sanna.
D’altro canto, S&P prevede che quest’anno le banche italiane torneranno a distribuire dividendi significativi o a fare buy back per gli azionisti. Un aspetto che sicuramente è interessante per gli investitori, ma pure “avrà un impatto sul capitale”. In ogni caso, conclude Sanna, “ci attendiamo che la base di capitale delle banche europee resti solida, con una leggera flessione dovuta ai dividendi”.
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