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Da settore difensivo a occasione di investimento. Le ex municipalizzate chiudono i primi 9 mesi con una crescita a doppia cifra e spingono sull’acceleratore delle acquisizioni per linee esterne
Storicamente considerato un settore difensivo dai rendimenti sicuri, ma non eclatanti, il business delle utility sta cambiando pelle stupendo il mercato con una crescita esponenziale. Merito della transizione energetica e dei macro trend (green e digitale) che stanno trasformando le ex municipalizzate in aziende ad alta competitività fortemente orientate all’M&A.
A sancire la svolta, i conti dei primi nove mesi della principali società di settore: da A2a a Iren passando per Acea ed Hera, tutti caratterizzati da una crescita a doppia cifra.
I numeri
Da Milano a Roma, le ex municipalizzate hanno chiuso i primi 9 mesi dell’anno con numeri da record. La milanese A2a ha archiviato i conti a settembre con ricavi in crescita del 34% a 6,45 miliardi; il margine operativo lordo è salito del 17% a 959 milioni e l’utile netto dell’81% a 394 milioni. In crescita del 55% gli investimenti a quota 640 milioni, mentre la posizione finanziaria netta è cresciuta di 310 milioni a 3,78 miliardi. A caratterizzare il gruppo guidato da Renato Mazzoncini, il progresso del 14% a 2.235 Mw della capacità installata da fonte rinnovabile (idroelettrica, fotovoltaica ed eolica).
Per la bolognese Hera settembre si è chiuso con ricavi in rialzo del 31% a 6,42 miliardi, un margine operativo lordo di 883,3 milioni (+9,6%) e un utile netto in crescita del 32,3% a 308,4 milioni. “I risultati dei primi nove mesi dell’anno evidenziano una crescita non solo rispetto al 2020, ma anche rispetto ai risultati 2019, ovvero prima degli impatti della pandemia che ha colpito il Paese, – riferisce la società in una nota – e sono al di sopra delle stesse attese del piano industriale al 2024: in meno di due anni la multiutility ha conseguito più della metà della crescita prevista nel quinquennio del piano”.
A Roma, Acea ha archiviato i conti al 30 settembre con ricavi pari a 2,766 miliardi di euro, in rialzo del 12% rispetto allo stesso periodo del 2020. Sale dell’8% a quota 930 milioni l’ebitda, un risultato a cui contribuiscono soprattutto l’area idrica – che al 30 settembre registra un ebitda di 489,6 milioni di euro (+6,8%) – e le infrastrutture energetiche, il cui ebitda si attesta a 274,5 milioni di euro (+1,4%). “L’82% dell’ebitda deriva da attività regolate”, sottolinea la società in una nota.
A Torino, la società guidata da Gianni Armani ha messo a segno un utile netto di 263,37 milioni di euro, in rialzo del 51,9% rispetto allo stesso periodo del 2020, con ricavi in crescita del 18,1% a 3,104 miliardi. L’ebitda si è attestato a 732,6 milioni (+12,3%), l’ebit a 336,4 milioni (+16%) e l’indebitamento finanziario netto è stato di 2,859 miliardi, in calo del 3,1% rispetto ai 2,95 miliardi del 31 dicembre scorso.
L’M&A impazza
In cordata, o singolarmente , le utility stanno spingendo per la crescita per linee esterne con acquisizioni mirate nei territori di competenza dove vogliono diventare sempre più capillari facendo proprie le eccellenze green del territorio.
Nei piani industriali il consolidamento è diventato una voce cardine. Per esempio Iren vi dedica investimenti specifici per 1,8 miliardi al 2030 puntando a merger nei territori di competenza (Toscana, Piemonte, Liguria ed Emilia), nonché alle gare gas.
Hera, che si è appena aggiudicata la gara per i servizi ambientali nel modenese, ha puntato, al 2024, 280 milioni per le attività di M&A e le gare per i servizi regolati. Le operazioni di M&A di A2a, in linea con il piano Industriale 2021-2030 basato su transizione energetica ed economia circolare, hanno principalmente riguardato il campo delle bioenergie (acquisizione di Agripower, società di gestione e sviluppo di impianti generazione elettrica da biogas) e l’incremento della potenza installata da fonti rinnovabili (acquisizione di 17 impianti).
Infine Acea sta puntando forte sui rifiuti con 400 milioni per lo shopping da spendere fino al 2024.
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