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Dal quarto seminario del ciclo “Risparmio, mercato dei capitali e governo dell’impresa”, nato dalla collaborazione tra CNEL e Assogestioni, è arrivato un messaggio chiaro diretto alle istituzioni: non si può più tergiversare in materia di previdenza complementare, i tempi sono maturi per un “cambio di passo”
La fase di instabilità che stiamo attraversando sta mettendo in luce l’urgenza di rivedere il sistema previdenziale italiano, promuovendo lo sviluppo del cosiddetto secondo pilastro, affinché i fondi pensione possano giocare un ruolo ancora più rilevante sul mercato, a beneficio dei risparmiatori e del sistema Paese nel suo complesso.
Ne è convinto Tiziano Treu, presidente del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, che aprendo i lavori del seminario “Previdenza complementare e mercato dei capitali: un connubio necessario”, promosso da CNEL e Assogestioni, ha affermato: “La previdenza complementare si sta sviluppando solo lentamente e con risorse esigue. Siamo arrivati a un punto in cui bisogna decidere cosa fare: se continuare così o, come sarebbe auspicabile, cambiare passo nella direzione di un rafforzamento del secondo pilastro. Soprattutto in un periodo di incertezze come quello che stiamo vivendo, sarebbe bene avere un sistema previdenziale articolato, anche per incamerare maggiori risorse da impiegare per l’investimento di lungo periodo”.
“L’Italia non può crescere pensando solo ai BTP”, ha puntualizzato Fabio Galli, direttore generale di Assogestioni, aggiungendo che “Una riforma mirata della previdenza complementare, che porti alla nascita di un vero e proprio secondo pilastro, non è più rinviabile. Non solo perché troppi lavoratori non beneficiano dei rendimenti di un investimento diversificato, ma anche per irrobustire il mercato dei capitali nazionale a beneficio delle imprese e delle infrastrutture”.
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Un ponte tra risparmio privato ed economia reale
La riflessione nasce dalla consapevolezza che la previdenza italiana e l’architettura del nostro mercato finanziario ad oggi presentano inefficienze tali da inficiare l’azione di sostegno alla crescita economica futura. Sul punto si è soffermato Luigi Guiso, Axa professor of household finance presso l’Einaudi Institute for Economics and Finance (EIEF), spiegando che “Il nostro sistema finanziario è ancora piuttosto distante dall’ideale di completezza ed eterogeneità del mercato, anche per la carenza di investitori istituzionali forti. Il rafforzamento dei fondi pensione comporterebbe indubbi benefici tanto per i singoli risparmiatori, quanto per il tessuto imprenditoriale italiano e dunque per l’efficienza complessiva del sistema economico del Paese”.
Questo ponte spezzato tra risparmio privato ed economia reale è sinonimo di opportunità mancate, come ha osservato Simone Bini Smaghi, vice direttore generale di Arca Fondi Sgr. “L’assenza di un mercato sviluppato della previdenza complementare significa anche nel mondo degli investimenti lasciamo delle opportunità agli altri Paesi. La più grossa operazione sul mercato immobiliare oggi in Europa è fatta in Italia. L’ex area EXPO è in riconversione: l’operatore che sta gestendo i lavori è australiano e il fondo pensione che ha dato tutte le risorse è canadese. Non ha davvero senso dire che non ci siano opportunità di rendimento nei mercati dei capitali in Italia quando lasciamo operazioni del genere a chi arriva da altri Paesi”, ha chiosato.
In attesa di un “cambio di passo” delle istituzioni
Secondo Giovanni Maggi, presidente di Assofondipensioni, ci sono problematiche molto gravi che non trovano spazio sufficiente in ambito governativo: il calo demografico e l’impatto delle innovazioni tecnologiche sul mondo del lavoro. “Si deve, necessariamente, analizzare la sostenibilità di lungo periodo di un sistema che conta già 5 milioni di ultraottantenni, 750mila ultranovantenni e 14mila ultracentenari”. Inoltre, “intelligenza artificiale, internet of things, robotica stanno cambiando molte delle professioni che conosciamo. Serve una riflessione molto seria su queste due questioni”, ha spiegato, concludendo come di fronte a queste sfide un tasso di adesione al 30% per i fondi pensione non è sufficiente “perché un Paese come il nostro dovrebbe avere un tasso di adesione dell’80%. Rilanciare l’iniziativa del semestre di silenzio assenso, testata dal 1° gennaio 2007 al 1° luglio 2007, sarebbe già un segnale che purtroppo non è ancora stato accolto dalle istituzioni”, ha puntualizzato.
Provando a concretizzare delle possibili soluzioni, Arianna Immacolato, direttore fisco e previdenza di Assogestioni, ha ribadito alcune proposte di riforma puntuali dell’Associazione, tese a correggere le inefficienze dei meccanismi che governano la previdenza complementare e così riassunte nel suo intervento: “È importante rilanciare un periodo di adesione di massa accompagnato da una adeguata campagna informativa. Prima però, riteniamo indispensabile rivedere il sistema di adesione ai fondi pensione e ridisegnare l’opzione di default in linea con le raccomandazioni dell’OCSE, dare maggiore flessibilità nella fase di erogazione delle prestazioni e rendere più efficiente la fiscalità per incentivare le adesioni ed eliminare le distorsioni della tassazione per maturazione dei rendimenti”.
Interventi, questi, che implicano l’endorsement di governo e istituzioni. “È necessario procedere con convinzione e coesione con un progetto chiaro ed una timeline definita, ed è inoltre necessario che governo e istituzioni facciano la loro parte per far comprendere agli italiani i vantaggi della previdenza complementare”, ha concluso Immacolato.
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