Secondo l’Osservatorio Sottoscrittori di Assogestioni, i fondi domestici hanno il 28% di titoli italiani in portafoglio contro il 13% degli esteri a distribuzione concentrata e il 3% dei cross border. Un fenomeno figlio di caratteristiche storiche ma che riflette anche gli sforzi dell’industria per sostenere l’economia. A partire dai PIR
Una maggiore esposizione dei fondi italiani ai titoli domestici e veicoli domiciliati all’estero che invece si dimostrano molto più aperti ai mercati internazionali, anche in ragione del maggior grado di sofisticazione della clientela che vi fa ricorso. È questa la fotografia scattata al risparmio gestito tricolore dall’Osservatorio Sottoscrittori, il rapporto annuale con cui Assogestioni monitora lo stato di salute del mercato dei fondi comuni d’investimento. Tra le varie evidenze della ricerca, presentata dall’associazione degli asset manager a luglio 2024, è infatti emerso come la ‘quota Italia’ nei portafogli dei prodotti di casa sia più ampia soprattutto con riferimento al mercato del reddito fisso. Un dato che conferma la persistenza dell’home bias nelle scelte di investitori e case ma testimonia anche il grande apporto dell’industria al sistema Paese proprio nel periodo in cui la Capital Markets Union catalizza il dibattito pubblico attorno al settore.
Riccardo Morassut, Senior Research Analyst Assogestioni
La ricerca realizzata dall’Ufficio Studi di Assogestioni ha innanzitutto restituito l’istantanea di un comparto in salute. “Il campione analizzato rappresenta la quasi totalità dei fondi italiani nel 2023 per 198 miliardi di euro in valore complessivo”, afferma il Senior Research Analyst Riccardo Morassut. Che aggiunge: “Contando anche un tasso di copertura del 71% sui prodotti esteri, pari a un mercato di 347 miliardi, il patrimonio intermediato raggiunge i 445 miliardi su un universo complessivo di 556 miliardi”. Un dato che corrisponde a 11,1 milioni di sottoscrittori, quasi invariati rispetto agli 11,5 milioni del 2022 nonostante si trascinino i postumi di uno dei periodi più difficili di sempre per i mercati finanziari globali. Ed è in questa esatta cornice che vanno inquadrati i dati sulla composizione dei portafogli dei prodotti a maggior partecipazione retail, a partire forse da quello più indicativo del fenomeno: l’incidenza del mercato obbligazionario domestico.
Largo alla targhettizzazione
Considerando tutti gli 11,1 milioni di sottoscrittori di fondi comuni, il
valore medio dell’investimento si è attestato attorno ai 49mila euro. Si
tratta di un importo in crescita di 4mila euro rispetto al 2022, ma che
varia sensibilmente scendendo nel dettaglio delle singole sottoclassi: è
infatti più basso per i sottoscrittori di fondi italiani (30mila euro) e più alto per coloro che si rivolgono all’offerta di asset manager stranieri (55mila per i fondi cross-border). Un divario che conferma quella targhettizzazione della clientela osservata già nelle edizioni precedenti…
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