3 min
Dopo tre mesi di calo, a febbraio prezzi di nuovo su e oltre le attese: +10,4%. Goldman Sachs stima tassi in aumento dello 0,25%. Per Pgim ci saranno interessanti sviluppi di mercato
Nuova doccia fredda per Londra sul fronte inflazione. A febbraio l’indice dei prezzi del Regno Unito è balzato oltre le attese, salendo del 10,4% su base annua rispetto al 10,01% di gennaio e al 9,9% del consensus. Sale dunque la pressione sulla Bank of England, che giovedì 23 è chiamata decidere sui tassi ma si ritrova a fare i conti con un dato ancora ai massimi degli ultimi 40 anni e di nuovo in crescita dopo tre mesi consecutivi di contrazione. Una prospettiva che pone i gestori di fronte a sfide e opportunità.
Male anche il dato core
Non solo una dinamica tendenziale negativa. Stando all’Office for National Statistics, su base mensile l’aumento dei prezzi è stato dell’1,1%: un dato in peggioramento sia rispetto al -0,6% registrato nel mese precedente, sia rispetto allo 0,6% previsto dagli analisti. Deludente anche la componente core, che è salita del 6,2% contro il +5,8% di febbraio e il +5,7% puntato dagli esperti.
Sfide e opportunità
Secondo Goldman Sachs, la banca centrale britannica opterà per un aumento del costo del denaro di 25 punti base anche se la scelta sarà molto combattuta. “Da un lato, la recente volatilità dei mercati finanziari, il freno monetario in arrivo e la retorica cauta dell’Mpc costituiscono fattori a favore di una sospensione della stretta monetaria. Dall’altro lato, i dati sull’attività in arrivo appaiono più solidi, le prospettive per i redditi reali delle famiglie sono migliorate (grazie al calo dei prezzi del gas e al maggiore sostegno fiscale) mentre le pressioni sui prezzi interni rimangono forti nonostante una recente moderazione”, spiegano gli analisti della banca Usa.
📰 Leggi anche “Bce tiene la rotta e alza i tassi dello 0,5%. “Banche solide“
Guillermo Felices, global investment strategist di Pgim Fixed Income, fa notare come gli asset del Regno Unito abbiano evitato l’attenzione che hanno invece ricevuto quelli statunitensi ed europei in seguito alla tempesta bancaria, in particolare per quanto riguarda i titoli di Stato. Questo, a suo dire, è dovuto al fatto che questi attivi hanno attraversato un periodo di stress con il mini-bilancio dello scorso settembre, ma anche alla maggiore resistenza mostrata dall’economia di sua Maestà, che ora beneficia anche di segnali di attenuazione dell’inflazione.
Per l’esperto della casa di gestione è interessante notare che i mercati prevedono tra un anno tassi vicini ai livelli attuali (4%) per Londra e inferiori di quasi 75 punti base per Washington. “L’aggressivo ciclo di tagli negli Usa e quello piuttosto superficiale in Uk non sembrano coerenti con le rispettive prospettive di crescita e inflazione”, osserva l’esperto, che negli States vede prezzi ancora elevati e un probabile indebolimento dell’economia. Ma Felices precisa che, se il rischio di coda delle banche americane sarà contenuto, le prospettive di sviluppo per gli States non dovrebbero essere molto differenti da quelle inglesi.
Secondo l’esperto, un ragionamento simile può essere fatto per la coppia di valute sterlina-dollaro, che ha registrato di recente un’impennata in linea con i differenziali dei tassi di interesse più favorevoli nel Regno Unito rispetto agli Stati Uniti. “Potrebbe essere vulnerabile se i rendimenti della parte front end della curva dovessero recuperare terreno rispetto agli Usa o anche nel caso di un sell-off più prolungato dei mercati degli asset di rischio, che potrebbe portare a un rafforzamento della domanda del biglietto verde”, conclude.
Vuoi ricevere ogni mattina le notizie di FocusRisparmio? Iscriviti alla newsletter!
Registrati sul sito, entra nell’area riservata e richiedila selezionando la voce “Voglio ricevere la newsletter” nella sezione “I MIEI SERVIZI”.