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Pierre Verlé, responsabile del credito di Carmignac: “Non credo che il fenomeno inflazionistico rimarrà elevato sui mercati, ma a un livello tale da impedire ai banchieri centrali di utilizzare le straordinarie politiche monetarie a cui siamo stati abituati nel recente passato”
Le banche centrali occidentali saranno protagoniste anche del 2023. La Fed, dopo un rialzo dello 0,75% lo scorso novembre, ha annunciato un cauto rialzo dello 0,25%; decisione che fa sperare in un fenomeno disinflazionistico in partenza o quantomeno vicino almeno dall’altra parte dell’Atlantico. Intanto nel Vecchio Continente, la Bce ha annunciato invece un rialzo dei tassi di 50 punti base, preannunciandone un ulteriore della stessa portata per marzo. Il comparto fixed income di conseguenza, dopo l’annus horribilis, guarda al 2023 con favore. Ciò non significa illudersi che l’inflazione sarà presto sconfitta; anzi, secondo Pierre Verlé, head of Credit di Carmignac, che abbiamo raggiunto durante l’Annual Event della società, dovremo imparare a conviverci per (almeno) i prossimi cinque anni.

Pierre Verlé, head of Credit di Carmignac
Quando guarda al 2023 e afferma che “bisogna evitare la paura del credito”, cosa intende esattamente?
Non darò mai la colpa ai banchieri centrali, perché so bene quanto sia difficile il loro lavoro. Certamente hanno distorto il mercato e ciò ha avuto implicazioni delle quali stiamo pagando il prezzo. Non credo che chi li incolpa avrebbe potuto fare meglio, non lo sapremo mai. Tuttavia, oggi è opportuno chiedersi quali saranno i loro comportamenti nel 2023.
Ciò che ha causato un grande cambiamento è stato il ritorno dell’inflazione. Abbiamo assunto le straordinarie politiche monetarie degli scorsi anni come se fossero morfina. I tassi di default sono stati soppressi per troppo tempo. Il primo spiraglio da cui l’inflazione ha fatto il proprio ingresso è stato sicuramente la crisi delle supply chain durante la pandemia da Covid-19, quando abbiamo intuito la rilevanza dei confini.
Prima del 2020, erano pochi i consigli di amministrazione che valutavano questo rischio quando sceglievano di delocalizzare le proprie produzioni. Le preoccupazioni erano relative ai costi di produzione, alle spedizioni e alle dogane. Al contempo, si nota un cambiamento nell’equilibrio tra capitale e lavoro, che negli ultimi anni si spostato interamente verso il capitale. E lo si vede nei giovani che si sono appena affacciati sul mondo del lavoro.
Quale saranno le direzioni che prenderanno durante l’anno? E quali conseguenze vede per il comparto fixed income?
Dovremo convivere con l’inflazione per diverso tempo e dobbiamo imparare a farlo al meglio. Ciò significa che d’ora in poi i banchieri centrali non potranno utilizzare gli strumenti usati in passato. Non credo che il fenomeno inflazionistico rimarrà elevato sui mercati, ma a un livello tale da limitare gli strumenti disponibili. Grazie alla remunerazione del capitale, lo scenario è decisamente migliore rispetto a quello dell’anno scorso, che è stato il peggiore mai registrato dal reddito fisso, in quanto il mondo ha abbandonato rapidamente un contesto di tassi zero o addirittura negativi.
Scendiamo nei particolari. Per il Carmignac Portfolio Credit la duration prescelta è stata quella dei tre anni. Perché questa scelta e che ruolo ha questa variabile nella sua strategia?
Penso alla duration in termini di rischio e rendimento, come tutto il resto. Mi spiego meglio: durante la mia carriera, è capitato spesso che i colleghi, i clienti o i sales pensassero che io odiassi la duration lunga, perché ho più volte evitato di posizionarci su obbligazioni con scadenza maggiore. Ma non è mai stato così, semplicemente non mi piaceva essere esposto a una duration lunga in un contesto di tassi estremamente bassi, in quanto il rapporto rischio/rendimento era sfavorevole. Penso piuttosto che la duration sia da controllare e da tarare in base al carry delle obbligazioni. Oggi che i rendimenti hanno raggiunto un livello interessante in molte aree, siamo favorevoli a una duration maggiore, in particolare a una duration dello spread, ma la nostra non è una view macro, non scambiamo i tassi ma piuttosto analizziamo ogni singolo emittente
Infine, sempre leggendo i dettagli relativi al suo fondo, è facile notare che l’area maggiormente investita è l’Europa. Visti gli sviluppi globali, pensa che la sua geo-allocation possa cambiare durante quest’anno?
Monitoriamo le situazioni a livello globale e la nostra allocation, a livello geografico, non subirà ingenti modifiche. Potrebbe aumentare il peso dei mercati emergenti, ma difficilmente prendiamo posizioni direzionali sui Paesi quando compriamo. Quando individuiamo un emittente con un modello di business solido, un bilancio conservativo, una buona documentazione e che paghi uno spread interessante, consultiamo prima il nostro team dedicato ai mercati emergenti in merito al rischio relativo a quel paese specifico e, se il loro responso è positivo, allora procediamo. Ma ci concentriamo soprattutto sulla società: valutiamo le barriere di ingresso, il posizionamento sul dollaro, i bilanci, una buona documentazione. Può capitare che questo avvenga in Messico, come negli Stati Uniti.
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