Vini da investimento
Guerra o recessione, non c’è crisi che tenga: il vino non rallenta. Lo dimostra l’effervescenza delle M&A nel settore e la crescente attenzione (anche degli investitori)
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Il tema dell’indipendenza energetica in Europa occidentale è uscito allo scoperto in modo dirompente a seguito dell’inizio del conflitto fra Russia e Ucraina e delle conseguenti pressioni sui prezzi delle materie prime. “Una questione”, sottolinea Scott Lawrence, founding partner di Nuveen Glennmont Partners, , “che continuerà a svolgere un ruolo importante per il futuro dell’economia regionale nel suo complesso”.
Non solo per le sue implicazioni nei rapporti fra Unione Europea e resto del mondo ma perché si inserisce in un percorso complessivo di transizione nel modo in cui l’energia viene prodotta e gestita. Al piano EU Green Deal e alle strategie previste all’interno del Next Generation EU si è aggiunto negli ultimi mesi REPowerEU che prevede entro il 2030 il raggiungimento dell’indipendenza energetica dalla Russia, portando, tra le varie misure in programma, la quota di rinnovabili dal 40% al 45%.
“Con l’aumento degli investimenti in infrastrutture chiave nell’Europa occidentale”, fa notare Lawrence, “è aumenta anche la necessità di finanziamenti per sostenere progetti di energia pulita”. Secondo il G20, il fabbisogno complessivo di capitale pubblico e privato previsto per gli investimenti infrastrutturali in Europa ammonterà a circa 5.000 miliardi di euro tra il 2021 e il 2030. Un dato che non potrà che aumentare a fronte del protrarsi del conflitto alle porte dell’Europa, da cui deriva la necessità di un’accelerazione nell’attuazione dei piani strategici da parte di Bruxelles.
Il credito per l’energia verde è comunemente inteso come prestiti che finanziano progetti per la produzione di energia pulita, tra cui parchi eolici onshore e offshore e impianti solari fotovoltaici. Questa tipologia di attività finanziaria è essenziale per la crescita della quota di rinnovabili in Europa dato che permette il reperimento sul mercato dei capitali necessari ad avviare un numero sempre maggiore di progetti.
Nonostante il finanziamento totale della transizione energetica abbia superato i 550 miliardi di euro in Europa occidentale tra il 2010 e il 2020, il divario fra pianificazione strategica e capitale disponibile da fonti tradizionali rimane molto ampio. Il gap di finanziamento degli investimenti infrastrutturali non potrà però essere colmato dal solo capitale proveniente da nuove fonti, anche a fronte dell’interessante proposta di valore che il settore rappresenta, poiché il divario è troppo significativo. Saranno necessari anche nuovi capitali da fonti esistenti, come le banche che già finanziano attività nel settore dell’energia pulita.
Questo processo è già in corso, poiché alcune banche stanno ora vendendo i prestiti per la transizione energetica legati a vecchi progetti, e il capitale liberato consente alle banche di concedere prestiti a nuove attività di transizione energetica o di fornire nuove posizioni di prestito in attività esistenti, generando parallelamente reddito per i finanziatori. Grazie a questi movimenti la liquidità del comparto sta aumentando considerevolmente insieme al volume complessivo dei progetti finanziati.
Data l’ampiezza raggiunta dal mercato del credito per l’energia verde gli investitori hanno oggi l’opportunità di costruire con relativa facilità un portafoglio di debito ben diversificato, con significativa riduzione dell’impatto di rischi specifici legati al singolo progetto o al Paese in cui viene realizzato.
Il settore è, inoltre, un sistema sempre più “circolare” con nuovi finanziamenti che vanno a sostituire i precedenti da parte degli investitori e la crescente liquidità complessiva si tradurrà con il tempo in una riduzione del costo del debito per i mutuatari, siano essi nuovi o meno del settore. Per favorire questo processo sono possibili anche altre forme di cartolarizzazione e di investimento che, accanto ai finanziamenti primari e secondari, offrono molteplici opzioni per adeguare l’investimento ai propri criteri di rischio e rendimento.
La possibilità di un approccio sempre più personalizzato rende l’investimento di somme consistenti nel debito verde più attraente per gli investitori istituzionali, unitamente alle caratteristiche sue principali. Tra le fondamentali va ricordato che queste attività tendono ad avere flussi di cassa prevedibili a lungo termine, legati all’inflazione e relativamente fissi. I prestiti inoltre, tipicamente project finance, si sviluppano su periodi molto lunghi e sono a tasso variabile, offrendo, dunque, una protezione contro l’aumento dei tassi di interesse.
Le considerazioni Esg sono parte integrante dell’intero settore dell’energia verde. Tra i molteplici aspetti valutati, la conformità del processo di autorizzazione e di rilascio dei permessi seguito dal proprietario del progetto è un aspetto fondamentale dell’analisi. Ulteriori controlli avvengono sugli eventuali rischi ambientali e sulla governance. Dopo il finanziamento, periodicamente sono redatte relazioni contenenti le informazioni chiave sul progetto, grazie a cui il finanziatore può calcolare, sulla base dell’energia pulita generata, le mancate emissioni derivanti dal suo investimento. Questo processo è solo una delle tante possibilità per una valutazione che può seguire diverse strade per la determinazione del concreto impatto che questo tipo di investimenti hanno in termini prima di tutto ambientali.
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