Dall’evento “20 di Assofondipensione” tutti i numeri sul 2022 dell’industria. Iscritti a quota 3,8 milioni (+10%) ma la crescita è soprattutto tra over 55 e grandi imprese. Ancora bassa anche la presenza femminile. Il presidente Maggi: “Ruolo attivo del governo, più incentivi fiscali e nuovo semestre di silenzio-assenso”
Con il 10% in più di adesioni ai fondi negoziali nell’ultimo anno, la previdenza complementare dimostra una forte resilienza alla difficoltà del quadro macro ma il lavoro da fare per renderla un pilastro fondamentale del sistema pensionistico italiano è ancora molto. È quanto emerso dall’ultimo evento di Assofondipensione, che il 16 febbraio ha celebrato i 20 dalla fondazione facendo un punto sullo stato dell’industria dopo un biennio segnato da Covid, guerra e crisi economica. A delineare le sfide all’orizzonte il presidente Giovanni Maggi, che ha evidenziato soprattutto la necessità di un intervento strutturale del governo per agevolare fiscalmente gli operatori e promuovere l’inclusione dei soggetti ancora troppo marginali: giovani, donne, piccole imprese.
Numeri in ripresa
“Guardando al biennio della pandemia, l’impatto del Covid sull’industria è statomitigato”, ha detto Maggi. Che ha spiegato: “È vero che nei mesi centrali del 2020 si è assistito a un rallentamento delle nuove adesioni e del flussi contributivi ma in seguito il sistema ha riguadagnato le tendenze in essere prima della crisi”. Un’affermazione che trova conferma negli ultimi dati Covip, dai quali emerge come a fine 2022 le posizioni in essere presso la previdenza complementare fossero salite del 5,4% a 9,2 miliardi di euro, con la crescita più significativa che si è registrata sui fondi pensione negoziali per +10,1% un totale di oltre 3,8 milioni. E la tessa dinamica, secondo il numero uno dell’associazione, si può ravvisare anche a livello di performance: “Sul fronte delle risorse il settore ha dovuto fare i conti anche con fibrillazione dei mercati azionari e obbligazionari scontando una riduzione dei rendimenti ma si trattata di una circostanza che va considerata anomale anche perché il sistema di capitalizzazione va considerato in un’ottica di lungo periodo”.
Pochi giovani e poche donne le sfide all’orizzonte
La fotografia è quindi quella di un comparto ormai pronto a ripartire anche grazie all’opportunità di differenziazione che potrà offrire ai lavoratori in un mercato sempre più dominato da incertezza e rischi. Ma oltre che opportunità, Maggi intravede all’orizzonte anche diverse sfide. A partire da quelle anagrafiche e di genere. “L’aumento di iscrizione del 2022”, ha spiegato, “risulta infatti trainato per la maggior parte da over 54 vicini all’uscita mentre la diffusione tra gli under 34 resta minima. E il tasso di partecipazione è ancora più limitato tra le donne, un 30,9% contro il 37,5% maschile, arrivando a diventare perfino marginale se si considerano le piccole e piccolissime imprese”. Di contro, ha evidenziato sempre il presidente, tra le grandi aziende e nelle aree più ricche del Paese l’adesione in media oscilla tra il 35% e il 40% della forza lavoro, con punte che sfiorano l’80%, e i versamenti risultano anche doppi rispetto a gran parte del Mezzogiorno. In altre parole, il tasso di partecipazione è più basso proprio nei casi in cui ci sarebbe più bisogno di integrare il primo pilastro con la previdenza complementare. Da qui l’appello a “sensibilizzare i giovani sull’importanza di progettare il proprio futuro pensionistico e previdenziale in modo consapevole” e più in generale ad “allargare la platea dei lavoratori che hanno accesso al comparto”, specie considerando che secondo l’Ocse gli assegni pensionistici diventeranno sempre più magri e arriveranno in età sempre più avanzata.
“Il governo batta un colpo”
Per Maggi, un ruolo importante per sciogliere i nodi di un’industria con un patrimonio da 140 miliardi di euro può e deve essere giocato dal governo. E in quest’ottica sono tre, in particolare, le misure che il presidente di Assofondipensione ritiene impellenti: “Avviare un nuovo semestre di silenzio-assenso per favorire l’adesione di nuovi occupati; introdurre incentivi fiscali ulteriori rispetto a quelli già previsti da legge bilancio 2017-2018, tra cui la riduzione del prelievo fiscale sostitutivo sui rendimenti degli investimenti nei fondi pensione (attualmente del 20%) e il superamento del criterio del pro-rata nella tassazione delle prestazioni; promuovere una massiccia campagna informativa per non lasciare che i circa 5 miliardi di Tfr inoptato delle aziende con oltre 50 dipendenti confluiscano nel fondo tesoreria Inps”. Il tutto senza dimenticare il valore del Pnrr e quindi l’importanza di stimolare gli investitori previdenziali a una revisione dell’asset allocation in favore di un maggiore focus sulle imprese italiane. Come sottolineato infatti dal presidente di Covip, Mario Padula, “ammonta a 205 miliardi lo stock di risorse delle prestazioni di tutti i fondi pensione, di cui 61 miliardi dei fondi negoziali che sono investiti per un terzo nell’economia nazionale (il 22,7% del patrimonio)”.
A fare eco a Maggi sono stati poi anche altre esponenti del mondo associativo e di quello sindacale. Il vicepresidente di Assofondipensione Domenico Proietti ha ad esempio sottolineato che “i due pilastri si tengono insieme e nel confronto con l’Esecutivo occorre riaccendere il riflettori sulla previdenza complementare”. Ignazio Ganga della Cisl è invece intervenuto bocciando l’idea targata Pasquale Tridico di realizzare un fondo di previdenza complementare Inps: “Non ce ne è bisogno, non serve al sistema e non è nemmeno il mestiere dell’Inps”.
Le iniziative
Assofondipensione ha dato vita al progetto Economia Reale, al quale hanno aderito finora 16 fondi pensione negoziali, che attraverso due fondi di fondi di private equity e private debt gestiti da Fondo Italiano di Investimento Sgr mobilita risorse provenienti dai fondi pensione e da Cassa Depositi e Prestiti, investite nel sistema produttivo nazionale: “Hanno raccolto circa 500 milioni di euro che verranno investiti in Italia per un progetto domestico con un forte focus su Esg e social impact”, ha spiegato Maggi. Che ha concluso: “Nei prossimi due mesi metteremo a terra il terzo progetto, sempre con un taglio domestico e risorse destinate a migliorare le infrastrutture”.
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