Tassi, verso una divergenza USA-Europa
Il programma di Trump potrebbe riaccendere l’inflazione e a quel punto la Fed sarebbe costretta a fermarsi. La BCE, invece, continuerà a tagliare. Tra un anno il costo del denaro sarà molto più basso
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L’industria dell’Area euro si conferma in recessione. A settembre l’indice Hcob Pmi manifatturiero rilevato da S&P Global è calato ancora, a 43,4 punti dai precedenti 43,5 di agosto, archiviando il quindicesimo mese consecutivo con un valore inferiore a 50, la soglia che separa la crescita dalla contrazione. Intanto la Banca centrale europea continua a dirsi concentrata sull’inflazione più che sull’attività economica, con la variabile petrolio che, come ha spiegato il vicepresidente Luis de Guindos, seppure non allarmante, complica il quadro.
Per quanto riguarda il dato di Eurolandia, a preoccupare è soprattutto la situazione dei nuovi ordini, crollati bruscamente come mai era stato registrato dall’inizio dell’indagine, nel 1997. Nonostante i prezzi d’acquisto siano nuovamente scesi, le aziende hanno cercato di risparmiare ulteriormente e ancora una volta hanno tagliato posti di lavoro e ridotto le quantità di acquisto e le scorte. Allo stesso tempo, le prospettive commerciali sono scese ai minimi di dieci mesi.
Guardando ai singoli Stati, l’indice manifatturiero tedesco è lievemente salito in settembre, a 39,6 punti da 39,1, ma sotto le attese di 39,8 punti e restando sempre in territorio decisamente negativo. Inoltre, la produzione è diminuita al livello più consistente in quasi tre anni e mezzo, con un ulteriore forte calo dei nuovi ordini. Male anche la Francia, dove il Pmi dell’industria si è ridotto a 44,2, contro i 46 registrati in agosto. Il dato è superiore alle stime di 43,6 punti, ma fa scivolare l’indice ai minimi degli ultimi quaranta mesi a causa dell’ennesima frenata della produzione e delle nuove commesse. Queste ultime, in particolare, hanno segnato la maggiore contrazione dall’ottobre 2022 e una delle più ampie dall’inizio dell’indagine.
In Italia, il Pmi dell’industria ha fatto meglio del consensus salendo a 46,8 punt, contro i 45,7 previsti e dai 45,4 di agosto. Ed è migliorato anche il dato spagnolo, salito a quota 47,7 da 46,5 di agosto. Si tratta comunque sempre di una contrazione dell’attività: in particolare, è la sesta contrazione mensile consecutiva del comparto manifatturiero spagnolo, secondo i dati preliminari pubblicati da S&P Global e dalla Hamburg Commercial Bank.
Mentre l’Eurozona continua ad arrancare, dalla Bce arriva la conferma che l’inflazione resta la priorità e che per ora all’orizzonte non ci sono tagli dei tassi. Anzi, tra i sorvegliati speciali si è fatto largo il petrolio. A spiegarlo è stato de Guindos che, in un’intervista al Financial Times, ha evidenziato come il recente aumento del barile e del gas, unito all’indebolimento dell’euro stia rendendo il lavoro di Francoforte “più difficile”. “Non direi che questo cambia le carte in tavola, ma la mia preoccupazione è che l’aumento del prezzo del petrolio possa avere un impatto negativo sulle aspettative di inflazione per famiglie e imprese”, ha chiarito.
Il vicepresidente dell’Eurotower ha anche precisato che a determinare le decisioni future sarà l’intensità della trasmissione della politica monetaria all’economia reale e, indirettamente, all’inflazione. “Ecco perché crediamo che l’attuale livello dei tassi di interesse, se mantenuto nel tempo, darà luogo ad una riduzione dell’inflazione in linea con la nostra definizione di stabilità dei prezzi”, ha affermato. Aggiungendo di non voler affatto creare una “recessione inutilmente dolorosa”. I tagli, dunque, non sono in agenda per ora: “Non siamo a quel punto”, ha scandito de Guindos.
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