Pmi manifatturiero in calo oltre le attese a 44,6 punti. Male la Germania. Resistono i servizi. Ocse: crescita meglio del previsto nel primo trimestre. I gestori: serve cautela
Mentre i riflettori restano puntati verso la trattativa sul tetto del debito Usa, per i mercati arrivano notizie tutt’altro che rassicuranti dall’Eurozona, dove le difficoltà dell’industria frenano la crescita. Stando agli indici Pmi di maggio, il comparto manifatturiero del Vecchio Continente continua infatti a soffrire, insieme a quello della locomotiva tedesca. Due dati che sono compensati dal buon andamento dei servizi, ancora in moderata espansione, ma non abbastanza da convincere i gestori ad abbandonare la parola d’ordine degli ultimi due anni: cautela.
Nel dettaglio, a maggio l’indice dei responsabili degli acquisti del manifatturiero della Zona euro ha toccato i minimi da 36 mesi. La rilevazione si è infatti fermata a 44,6 punti contro un’attesa di 46,2 e i 45,8 di aprile, restando così sotto quella famosa quota 50 che fa da spartiacque tra contrazione ed espansione. Il Pmi del settore servizi è sceso invece ai minimi da due mesi, a quota 55,9 rispetto a una stima di 55,6 e ai 56,2 punti di aprile, ma è restato in area di crescita. Il dato composito dell’Eurozona, sintesi dei due risultati, si è quindi attestato in contrazione da 54,1 a 53,3.
Quanto alla Germania, la cui salute è considerata decisiva per l’intera Area, l’indicedel settore manifatturiero è calato ulteriormente rispetto ai 44,5 punti di aprile: il pmi tedesco ha infatti deluso le previsioni di 45 punti fermandosi ad appena 42,9 punti. Bene invece i servizi, che sono saliti a 57,8 a valere un indice composito di 54,3 punti (53,5 le stime). Meglio ha fatto invece la Francia. Il Pmi dei servizi d’Oltralpe si è infatti attestato a 52,8 punti, in calo rispetto ai 54,6 di un mese prima ma comunque sopra quota 50, mentre l’industria è passata da 45,6 a 46,1,
Ocse: crescita migliore del previsto nel primo trimestre
Mentre sul futuro del Vecchio Continente si inizia ad addensare qualche nube, l’Ocse certifica che nel primo trimestre la crescita dei 38 Paesi membri ha registrato una modesta accelerazione: +0,4% dal +0,2% dei tre mesi precedenti. In particolare, nel G7 l’espansione è rimasta allo 0,3% con una ripresa in Canada (+0,6%), Giappone (+0,4%) e Francia (+0,2%) dopo l’andamento piatto che aveva accomunato i tre Stati nel precedente trimestre. La dinamica è poi nettamente migliorata in Italia (+0,5% dopo -0,1% di fine 2022), mentre Berlino ha registrato un Pil invariato in scia a una contrazione dello 0,5%. In rallentamento gli Stati Uniti (+0,3% da +0,6%), mentre il Regno Unito continua ad avanzare con il freno tirato (+0,1% come nel precedente trimestre).
La view dei gestori
Filippo Diodovich, senior market strategist di IG Italia
Dopo gli ultimi Pmi, Filippo Diodovich, senior market strategist di IG Italia, continua a prevedere un’Eurozona in rallentamento ma con un settore dei servizi molto forte. “Crediamo che la Bce non sia ancora pronta a rivedere le proprie strategie di politica monetaria. È chiaro, tuttavia, che un ulteriore rallentamento della crescita potrebbe portare argomentazioni a favore dei membri più dovish all’interno del consiglio direttivo per discutere di una possibile pausa nel ciclo di rialzi dei tassi di interesse”, osserva. “Per il momento conserviamo le nostre attese su due possibili incrementi del costo del denaro nei prossimi mesi tenendo conto della persistenza dell’indice core dei prezzi al consumo su livelli troppo elevati”, aggiunge Diodovich.
Quanto alle prospettive dell’euro, l’esperto fa notare che il cambio sul dollaro è particolarmente debole. “Nelle ultime tre settimane, la moneta unica è scesa dai massimi di inizio maggio a 1,11 fino a 1,0760. Un ulteriore ribasso potrebbe essere la condizione per spingere i corsi in direzione di target short ipotizzabili a 1,0712 e 1,0633. Indicazioni concrete positive giungeranno solamente con una perentoria vittoria al di sopra della resistenza a 1,0850, preludio per un possibile allungo verso gli obiettivi a 1,09”, conclude.
François Rimeu, senior strategist di La Française Am
Per François Rimeu, senior strategist di La Française Am, le preoccupazioni macroeconomiche si stanno comunque attenuando sia nelle economie sviluppate che in quelle emergenti. “Nei prossimi mesi il calo dell’inflazione negli Stati Uniti consentirà ai salari reali di tornare in territorio positivo, il che dovrebbe permettere alla spesa dei consumatori di reggere. I dati sul Pil pubblicati a fine aprile sembrano confermare questa idea”, spiega. Così come, a suo dire, la riapertura di Pechino sembra destinata a consentire ai risparmi cinesi in eccesso di svolgere un ruolo positivo nella crescita dei servizi. “Poiché i settori dei servizi rappresentano circa il 70% della crescita delle economie sviluppate, è difficile immaginare una recessione a breve termine, soprattutto se i mercati del lavoro sono ancora in buona condizione come dimostrano gli ultimi dati emersi nell’Eurozona”, afferma.
Rimeu fa poi notare il forte calo dei prezzi delle materie prime, in particolare del petrolio. “Riteniamo che la debolezza della domanda cinese, l’aumento della produzione Usa e l’incremento della produzione russa siano le ragioni principali dei bassi prezzi del greggio. Ma la debolezza generale delle materie prime è anche un segnale di rallentamento dell’economia. E la relativa fragilità del settore manifatturiero è coerente con questo scenario”, sottolinea. Aggiungendo che, in ogni caso, i cali sono una buona notizia per la crescita delle economie importatrici, non da ultimo in Europa, e sono indicatori altrettanto positivi per il futuro andamento dell’inflazione.
Quanto all’asset allocation, lo strategist raccomanda ancora cautela. Un consiglio che vale sia nell’azionario, dove le previsioni di utili non sono in linea con una crescita debole nei prossimi mesi, sia nel credito. “I rischi a medio termine ci sembrano ancora significativi, anche se la crescita continua a rimanere solida. Il rischio per i margini ci sembra significativo e la contrazione del credito è ancora in corso; poiché siamo alla fine del ciclo, il rischio di un incidente finanziario è ancora presente e le conseguenze della crisi bancaria non sono ancora chiare. Questi sono tutti motivi che ci spingono a rimanere, in generale, cauti”, conclude.
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