L’attuale momento macroeconomico globale nell’analisi di Keith Wade, chief economist and strategist Schroders
Keith Wade, chief economist and strategist Schroders
Una crescita globale al 3,7%, con un’inflazione al 4,7 per cento. Sono le stime a oggi sul 2022 di Schroders, che ha dovuto rivedere le precedenti previsioni a fronte degli effetti della guerra tra Russia e Ucraina. “E non è detto che nei prossimi mesi le stime possano cambiare ulteriormente verso uno scenario di stagflazione, anche a causa delle attuali sfide poste dai mercati delle materie prime – commenta Keith Wade, chief economist and strategist Schroders – Le nostre stime precedenti, a novembre 2021, erano di un Pil 2022 al 4% e di un’inflazione al 3,8 per cento. Le forti revisioni al ribasso per la crescita dell’Eurozona e del Regno Unito hanno pesato sul dato globale, mentre l’inflazione è stata rivista al rialzo”.
Nel 2023, invece, l’esperto di Schroders prevede un ulteriore rallentamento dell’economia, al 3%, e un indice del costo della vita in ridimensionamento verso un 2,8% a livello globale. “L’andamento dell’inflazione è cruciale per l’outlook economico globale, dato che determinerà la portata della risposta monetaria delle banche centrali – sottolinea Wade – Se l’inflazione resterà elevata, il rischio di un significativo inasprimento monetario e di una recessione aumenteranno. In questo senso, lo scenario potrebbe vedere le banche centrali attivarsi per rallentare l’attività economica con l’obiettivo di moderare l’inflazione”.
A livello commerciale e finanziario la Russia non ha un peso tale da far deragliare l’economia mondiale. Tuttavia, l’impatto dei prezzi delle materie prime sarà determinante e il conflitto probabilmente manterrà i costi dell’energia e dei beni alimentari elevati. In questo senso, gli eventi in Ucraina potrebbero portare a uno scenario di stagflazione, spingendo al rialzo l’inflazione e al ribasso la crescita. “La rigidità dei mercati del lavoro e dei prodotti segnalano che ci stiamo già muovendo in questa direzione – puntualizza Wade – Le tensioni tra Russia e Ucraina hanno portato a un aumento del prezzo di petrolio e gas.
L’Unione europea dipende dalla Russia per il 40% delle importazioni di gas naturale e per il 25% del petrolio, e questo rende il Vecchio Continente strategicamente vulnerabile. Anche i prezzi dei beni alimentari sono aumentati a causa del conflitto, soprattutto quelli di grano e fertilizzanti. Certo, l’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari all’ingrosso ha una presa minore rispetto a quelli del petrolio, ma hanno un peso maggiore nei panieri degli indici dei prezzi al consumo. E i mercati emergenti a basso reddito sono particolarmente vulnerabili ai prezzi alimentari più alti, spesso forieri di disordini politici in passato”.
Intanto i prezzi stanno crescendo al ritmo più rapido degli ultimi 30 anni negli Stati Uniti, nell’Eurozona e nel Regno Unito, con tre fattori che stanno sostenendo questo rally: “il primo, e più immediato, è il Covid, con l’ultima ondata di Omicron che ha ritardato il ribilanciamento dell’economia mondiale – argomenta Wade – Il secondo fattore è quello relativo ai prezzi delle commodity, come petrolio e gas, in rialzo sulla scia del conflitto in Ucraina. Il terzo fattore è l’estensione del fenomeno del rialzo dei prezzi a vari settori.
Inizialmente l’aumento dell’inflazione nel 2021 è stato guidato dalla riapertura di settori come spostamenti aerei, hotel e ristoranti, ma più di recente abbiamo visto il fenomeno interessare anche aree cicliche come il comparto residenziale negli Usa. Guardando avanti, lo scenario è contrastante e l’estensione dell’inflazione ad altre aree cicliche dell’economia statunitense è fonte di preoccupazione, dato che i trend in questi segmenti possono persistere e sfociare poi in una spirale al rialzo sul fronte salari. I nostri modelli prendono in considerazione questi fattori insieme ad altri, come le pressioni salariali e il dollaro, mentre i colli di bottiglia nelle catene di approvvigionamento rischiano di riemergere a causa dei lockdown in Cina. Nonostante ciò, continuiamo ad aspettarci che l’inflazione si ridurrà nel corso del 2022 e nel 2023”, conclude.
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