Eurozona, boom di emissioni governative: 600 miliardi di euro in quattro mesi
Al 30 aprile superato il 45% del volume lordo annuo pianificato. Italia al 47%. E a fine 2025 si può arrivare a quota 900 miliardi. Il report di Generali Investments
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I mercati si attendevano un non-evento e Christine Lagarde non li ha delusi. La Banca centrale europea (BCE) ha infatti lasciato i tassi d’interesse fermi al 4,25% e non ha concesso indizi sulla futura traiettoria della politica monetaria. Con la presidente attentissima a ribadire che ogni direzione è possibile, compresa l’ipotesi settembre, definita “questione aperta”.
Il board di Francoforte si è limitato a sottolineare che le nuove informazioni sull’andamento dell’inflazione confermano sostanzialmente la valutazione precedente, evidenziando come le pressioni interne sui prezzi rimangano elevate e che il carovita resterà al di sopra dell’obiettivo anche il prossimo anno. L’Eurotower resta quindi in modalità data dependent, dal momento che “i rischi permangono” e che sono necessarie “ulteriori prove” prima di poter possa ridurre nuovamente il costo del denaro. Il mese scorso la BCE ha tagliato i tassi dai massimi storici con una mossa che alcuni dei suoi membri hanno considerato affrettata, vista l’inflazione ancora elevata e la dinamica salariale vischiosa. Di qui la decisione unanime di prendersi una pausa, anche alla luce del fatto che dopo la sosta estiva si avranno a disposizione nuovi dati e nuove proiezioni macro.
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Cauta la reazioni dei mercati, che si aspettavano un meeting interlocutorio e che continuano a vedere altri due tagli entro fine anno e quasi cinque complessivi entro il 2025. “Le dichiarazioni sull’inflazione rimangono equilibrate. A nostro avviso, la BCE è in attesa di ulteriori dati, in particolare di un rallentamento dell’aumento dei salari”, commenta Ulrike Kastens, european economist di DWS, che continua ad aspettarsi una riduzione del costo del denaro a settembre.
Dello stesso parere gli analisti di Fitch, secondo cui la pausa deriva senza dubbio dalla recente vischiosità dei prezzi e dall’aumento degli stipendi. “La nota di accompagnamento alla decisione suggerisce che questi dati non hanno fatto cambiare idea all’Eurotower, che ha definito come ‘fattori isolati’ i recenti rialzi di alcuni parametri dell’inflazione di fondo”, spiegano dall’agenzia di rating. Per gli esperti, quindi, la prossima mossa sui tassi sarà in settembre, come peraltro suggerito dai recenti commenti di alcuni membri del direttivo.
Nicolas Forest, CIO di Candriam, punta l’attenzione sul fatto che la crescita è orientata al ribasso. “Il mercato prevede altri due tagli entro la fine dell’anno. Ciò corrisponde alle nostre aspettative, poiché le dinamiche dell’inflazione dovrebbero continuare a sostenere un ulteriore allentamento”, afferma. Aggiungendo che, visto l’attuale tasso di interesse reale significativamente alto, una normalizzazione della politica monetaria è giustificata. Ma Forest fa anche notare che la conferenza stampa è stata l’occasione per ricordare ai Paesi europei le regole fiscali da rispettare: “Un messaggio rivolto ai governi tentati di perseguire un maggiore allentamento fiscale, soprattutto se i tassi scenderanno ulteriormente”, osserva.
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Per Martina Daga, macro economist di AcomeA SGR, Lagarde e colleghi hanno deciso di fare una pausa proprio alla luce del fatto che il processo di disinflazione si sta mostrando piuttosto lento e incerto, confermando il fatto che il ciclo di riduzione dei tassi di riferimento non sarà particolarmente aggressivo. “La BCE rimane strettamente dipendente dai prossimi dati per le future decisioni, che saranno basate in particolare sull’outlook di inflazione, le dinamiche di inflazione sottostante e sulla forza del meccanismo di trasmissione della politica monetaria”, spiega l’esperta.
Secondo Ann-Katrin Petersen, chief investment strategist for Germany, Austria, Switzerland and Eastern Europe presso il BlackRock Investment Institute, gli attuali tassi altamente restrittivi indicano che Francoforte potrebbe agire nuovamente a settembre. “Ma non c’è il pilota automatico e dipenderà dai prossimi dati”, avverte. Per questo, secondo l’esperta, gli investitori dovrebbero tenere presente il quadro generale. “Si tratta di un ciclo di taglio atipico. I tassi nell’Eurozona rimarranno probabilmente strutturalmente più alti rispetto a prima della pandemia a causa delle persistenti pressioni inflazionistiche”, precisa.
Tutto è appeso ai dati anche secondo David Chappell, senior fixed income portfolio manager di Columbia Threadneedle Investments. “La BCE resta fiduciosa che i salari si attenueranno nei prossimi trimestri, tornando a livelli che consentiranno all’inflazione di rientrare in maniera sostenibile verso l’obiettivo del 2%”, spiega. A suo parere, man mano che si compirà questo processo, la Banca centrale adotterà ulteriori misure di normalizzazione, “la prossima delle quali avverrà probabilmente a settembre”.
Per Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte, se il prossimo taglio arriverà già dopo l’estate o si dovrà aspettare ottobre dipenderà anche dalle decisioni della Fed, che a settembre si pronuncerà sei giorni dopo l’Eurotower, ma che potrebbe anticipare le sue mosse nel meeting del 31 luglio e nel corso del simposio agostano di Jackson Hole. Per l’esperto, l’anno potrebbe concludersi con un totale di tre sforbiciate sia per la BCE che per l’istituto USA. “Francoforte potrebbe effettuare i prossimi tagli in settembre e dicembre, in corrispondenza dell’aggiornamento delle stime su PIL e inflazione, ipotizzando un’apertura forte di Powell al taglio di settembre a Jackson Hole, insieme a qualche indizio nella riunione di fine luglio”, conclude.
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