Negli ultimi 4 anni oltre un risparmiatore su due non ha investito. Il 75% di chi l’ha fatto ha scelto le obbligazioni. Ma la maggior parte non ha idea dei rischi, del regime fiscale né dell’effetto Bce
Il 52% degli italiani bancarizzati non ha investito negli ultimi quattro anni, preferendo lasciare i soldi sul conto corrente senza preoccuparsi dell’effetto inflazione. E dei restanti che dal 2020 hanno effettuato almeno un investimento, il 75% ha optato per l’obbligazionario nonostante solo un risparmiatore su cinque abbia idea di come funzionino i bond. È ancora una volta un quadro sconfortante quello che emerge dall’ultima indagine sull’alfabetizzazione finanziaria condotta da Moneyfarm, che ha analizzato in particolare le effettive competenze dei nostri connazionali riguardo al reddito fisso.
Dal report emergono una scarsa propensione a investire e un’alta avversione al rischio. Che spesso spinge i risparmiatori a muoversi in base a conoscenze superficiali se non addirittura errate. La sottoscrizione di Stato o obbligazioni emesse dalle grandi aziende viene preferita perché percepita come più sicura rispetto alle azioni dal 51% del campione. E il primo timore associato al reddito fisso è legato al rischio di mercato: ben il 55% teme infatti di trovarsi costretto a vendere il titolo prima della scadenza a un prezzo inferiore d quello pagato per acquistarlo. Altre insidie dell’investimento obbligazionario, come la possibile insolvenza dell’emittente e l’eventualità che un aumento dei tassi tolga competitività alla cedola, sono in cima alle preoccupazioni solo di una minoranza: rispettivamente il 26% e il 23%. Lo studio sottolinea inoltre come i numeri cambino drasticamente tra chi possiede un patrimonio superiore ai 50mila euro: in questo caso infatti gli investitori passano dal 48% all’80%.
BCE, questa sconosciuta
Altro dato preoccupante è che, persino in vista dell’allentamento monetarioche oggi ci si attende dalla Banca centrale europea, il 77% degli italiani ancora non conosce il meccanismo alla base di un investimento obbligazionario. Quattro investitori su cinque non sanno infatti indicare la risposta corretta alla domanda ‘Cosa accade al valore di un bond quando il tasso di interesse fissato dalla Bce scende?’. Nello specifico, a ignorare completamente i rapporti di variazione prezzo-rendimento in relazione al costo del denaro è il 31% del campione mentre a rispondere in modo errato (‘Il valore dell’obbligazione resta invariato’ o ‘Il valore dell’obbligazione scende’) è il 46%.
Quasi uno su tre ha sottoscritto Btp Italia o Btp Valore
Se il livello di rischio relativamente contenuto spiega l’attrazione degli italiani verso il reddito fisso, a incentivare l’investimento in bond pubblici contribuiscono ovviamente anche fattori come la garanzia dello Stato italiano o anche le cedole periodiche e l’aliquota fiscale agevolata. Un mix che, accompagnato da una campagna mediatica pervasiva, ha permesso al Btp Valore di raccogliere 65 miliardi di euro in meno di un anno. Il 31% del campione intervistato da Moneyfarm dichiara di aver sottoscritto tale strumento o il Btp Italia e oltre la metà di loro ammette di essere stata influenzata dalla massiccia campagna di comunicazione, tanto efficace da raggiungere l’85% degli interessati.
Solo uno su tre diversifica
La maggioranza del campione non ha ben chiare poi le differenze tra titoli di Stato e obbligazioni corporate. Non solo: l’82% crede erroneamente che i primi siano più facili da vendere, il 38% pensa che i bond pubblici abbiano rendimenti mediamente inferiori alle obbligazioni societarie e il 46% ignora che a queste ultime sia associato un rischio maggiore. Ma ad allarmare è soprattutto il fatto che la diversificazione risulti importante solo per un terzo del campione (35%), mentre molti ritengono che investire in un singolo titolo sia un approccio ugualmente valido (19%) o addirittura migliore (12%).
Poco informati anche su tassazione e dinamica dei mercati
Il report sottolinea anche che meno della metà degli intervistati conosce la tassazione delle obbligazioni: appena il 34% del campione sa infatti con esattezza l’entità dell’aliquota agevolata applicata al capital gain sui titoli di Stato, pari al 12,5%, e si fermano al 20% coloro che conoscono quella effettiva applicata alle plusvalenze sui corporate bond. La dimestichezza con il regime fiscale cresce però per gli investitori ‘affluent’: tra chi possiede un patrimonio investibile superiore ai 50 mila euro, le percentuali salgono infatti al 55% e al 42%. Se poi si guarda al recente passato dei mercati finanziari, oltre la metà dei rispondenti ignora quanto accaduto sia sul fronte azionario sia su quello obbligazionario nel 2022. In particolare, il 54% non sa che in quell’anno il valore dei titoli di Stato in portafoglio è sceso mediamente dell’11%.
Italia fanalino di coda. “Ecco perchè serve il consulente”
Andrea Rocchetti, global head of Investment Advisory di Moneyfarm
“L’Italia resta agli ultimi posti tra i Paesi Ocse per livello di alfabetizzazione finanziaria e questo ha un impatto tangibile sulle abitudini di investimento dei risparmiatori”, osserva Andrea Rocchetti, global head of Investment Advisory di Moneyfarm. Dal suo punto di vista, è infatti vero che strumenti come conti deposito e bond presentano caratteristiche molto interessanti ma vanno inseriti in una strategia diversificata e adeguata al profilo di rischio del cliente. “Ad oggi sono ancora in pochi a conoscere le caratteristiche e soprattutto i rischi dell’investimento in obbligazioni”, continua Rocchetti, che suggerisce quindi di “rivolgersi a un consulente professionista per una gestione consapevole del proprio patrimonio”. Anche perchè, conclude, “le famiglie assistite da un professionista detengono mediamente un portafoglio più diversificato”.
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