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Mentre arriva l’ok della Camera allo scostamento, l’agenzia di rating mette in guardia il governo. Ritoccate le stime sul deficit al 5,2% del Pil per quest’anno e al 4,2% per il 2024
Dopo Scope Ratings, anche Fitch alza il livello d’allarme sui conti pubblici italiani. Un avvertimento in linea con quello lanciato dai mercati e tradottosi in un aumento dello spread e dei rendimenti dei Btp, alla luce della Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza da cui prenderà forma la prossima legge di Bilancio. Per l’agenzia di rating americana, infatti, le stime contenute nel documento messo a punto dal governo “rappresentano un significativo allentamento della politica fiscale rispetto agli obiettivi precedenti”.
“Le nostre previsioni aggiornate sul deficit pubblico, pari al 5,2% del Pil nel 2023 e al 4,2% nel 2024, sono ora vicine ai nuovi obiettivi del governo, dopo le revisioni al rialzo di 0,8 e 0,7 punti percentuali effettuate in seguito alla revisione del rating sovrano di maggio”, si legge in una nota dell’agenzia arrivata quasi in contemporanea al via libera della Camera allo scostamento di bilancio.
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Calo più contenuto del debito. Pesa il Superbonus
Gli analisti Usa prevedono ora un calo più contenuto del debito. Il passivo, riflettendo la revisione del deficit, in rapporto al Pil scenderà di 1,3 punti percentuali al 140,3% quest’anno, meno dei 2,2 punti percentuali stimati a maggio. Si stabilizzerà poi al 140% del Prodotto interno lordo nel 2025, dal momento che “il ritorno a un avanzo primario è compensato dagli aggiustamenti dello stock-flow e dall’aumento dei costi del servizio del debito”.
Come i colleghi europei di Scope, anche gli esperti di Fitch puntano il dito contro il Superbonus. Il deficit per il 2023, pari nella Nadef al 5,3% del Pil contro il 4,5% indicato nel Def di aprile, è a loro parere influenzato proprio dal costo dell’agevolazione. L’obiettivo più ampio per il 2024, pari al 4,3%, incorpora un pacchetto fiscale netto di 0,7 punti percentuali, che dovrebbe includere circa 0,6 punti di tagli fiscali principalmente sul lavoro. Anche gli obiettivi di disavanzo per gli anni successivi “sono stati allentati” fino al 2,9% del 2026. La stima di un graduale calo del rapporto debito/Pil al 139,6% nel 2026 incorpora poi anche i proventi delle privatizzazioni, pari all’1% del prodotto interno lordo. Si tratta di un numero che gli analisti reputano “ambizioso”.
L’agenzia riconosce che “il sostegno pubblico al governo Meloni ha retto e la maggioranza parlamentare è più stabile rispetto a molte amministrazioni precedenti”. Tuttavia, è anche del parere che l’esecutivo debba “affrontare una notevole pressione politica per ottenere di più dei suoi impegni elettorali, fattore che pesa sulle prospettive di maggior consolidamento e sulle riforme per ridurre i rischi fiscali”.
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Fitch ha ritoccato le previsioni di crescita per l’Italia a settembre e vede ora il Pil allo 0,9% nel 2023, all’1,0% nel 2024 e all’1,3% nel 2025. Meno di quanto stimato nella Nadef (+0,8% quest’anno e +1,2% il prossimo). E avverte che c’è anche “un’incertezza chiave”: quella legata all’accelerazione o meno dell’utilizzo dei fondi del Pnrr, dopo i rallentamenti nell’assorbimento delle risorse. A partire da metà ottobre, Roma dovrà affrontare la revisione del giudizio su proprio merito creditizio da parte di S&P Global, Dbrs, la stessa Fitch, Moody’s e Scope Ratings.
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