Private market, bond e gestione attiva: i family office rivoluzionano l’asset allocation
Per l’Ubs Global Family Office Report 2023, tensioni geopolitiche, tassi e inflazione stanno causando nei portafogli “il più grande cambiamento mai registrato”
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“Dopo un anno straordinariamente negativo per l’asset class, il punto di partenza delle valutazioni è eccellente e, inoltre, la decorrelazione con l’equity è destinata a tornare. È vero, inoltre, che con l’innalzamento dei tassi di interesse il cash è tornato attrattivo ma nelle nostre previsioni lo scenario peggiore è che a fine anno ci sarà una coincidenza di ritorni tra obbligazioni e liquidità”. Il momento è di quelli importanti per i gestori attivi del reddito fisso che guardano al 2023 come un’occasione per tornare a performare.
“Dispersion is back”, avverte Owen Murfin, institutional portfolio manager di MFS IM, che dall’alto di oltre 25 anni di esperienza nel mondo dei bond non si lascia intimidire da una situazione che lui stesso definisce “senza precedenti”.
Owen Murfin, institutional portfolio manager di MFS IM
È indubbio che l’inflazione stia rallentando ma un conto è passare da quasi il 10% al 6% e tutt’altro conto è pensare di poter vedere un abbassamento fino al 2%. Sfortunatamente la dinamica inflattiva è più diffusa e pervasiva di quanto creda il mercato. Guardando agli Stati Uniti vediamo i costi dei servizi molto sostenuti e quelli dei beni tenuti alti dai rincari dell’energia. Affitti e biglietti aerei mostrano un andamento simile e gli investitori non dovrebbero interpretare questi fenomeni come ad un passo dal loro termine.
Nell’ultima riunione la Bce ha confermato un rialzo dei tassi di 50 punti base per marzo. Il rally successivo dei mercati ha dimostrato che l’interpretazione degli investitori è stata che Francoforte avrebbe dopo marzo valutato la possibilità di tagli al costo del denaro, eventualità però che in nessun modo è stata anticipata dai policy maker europei.
La strategia di MFS IM a livello generale è in questo momento molto cauta in merito a qualsiasi previsione sul comportamento delle banche centrali e sull’influenza sui prezzi futuri dei bond. Cercare di prevedere le mosse di Fed e Bce non è mai una buona idea perché gli unici che possono sapere cosa faranno sono i policy maker stessi, posto che nemmeno loro possono avere estrema visibilità se la scelta è quella di prendere le mosse dai dati economici per decidere quali azioni intraprendere. E questo è un momento in cui ci sono una miriade di dati disponibili, non sempre coerenti l’uno con l’altro.
La stretta è stata forte ed è avvenuta in pochissimo tempo. Chiaramente i problemi di liquidità si manifestano con un certo ritardo poiché diventano pienamente visibili nel momento in cui aziende o Stati hanno la necessità di rifinanziare i bond maturati. Obiettivo ancora più complicato nel momento in cui vengono meno le banche centrali come potenziali compratori. Un aspetto positivo è dato però dal fatto che gran parte delle società sono entrate nel ciclo di rialzo dei tassi con bilanci molto solidi. Questo non significa che non ci siano pericoli. Abbiamo già visto come la stretta sulla liquidità abbia causato grandi problemi nel mondo delle criptovalute, ad esempio, o con la crisi LDI in Gran Bretagna. Dove mi aspetto le maggiori pressioni è però l’universo del debito privato, un comparto su cui c’è fin troppo consenso. Lo scorso anno la discesa è stata molto moderata, meno di due punti percentuali, ed inoltre le società emittenti sono spesso piccole e più esposte alle conseguenze di dinamiche recessiva nell’economia.
L’asset class obbligazionaria ha una vera e propria esplosione dei rendimenti nel momento in cui al carry si unisce il rally dei governativi, fattore che può essere innescato da un cambio di direzione delle politiche monetarie che però appare tutt’altro che scontato date le premesse attuali.
In questa fase non siamo positivi sul governativo italiano. Abbiamo avuto varie posizioni, anche significative, in passato ma ora a seguito del rally e in un contesto in cui la banca centrale europea sta riducendo il proprio bilancio preferiamo non esporci. Il nuovo governo inoltre deve ancora essere testato in termini di relazione con Bruxelles e di politiche fiscali.
Quello che innanzitutto dobbiamo notare è che è tornata una grande dispersione nei rendimenti all’interno dei vari comparti del fixed income. Una buona notizia per gli asset manager attivi in grado di generare alpha. Una dettagliata analisi degli spread è in grado di mostrare come il debito emergente in valuta forte sia ora in uno dei punti di ingresso migliori in assoluto degli ultimi 10 anni. Una situazione simile a quella che interessa il credito investment grade europeo, che è presente sia nel nostro Global Opportunistic Bond Fund ma soprattutto nel fondo Euro Credit Fund in cui la straordinaria attrattività di questo inizio anno ci ha portato ad allocare oltre il 65% delle masse.
La nostra posizione sui mercati emergenti è in effetti distintiva rispetto al benchmark e in generale rispetto ai nostri competitor. Deteniamo posizioni lunghe sia in valuta locale che in valuta forte. Un punto a favore del comparto sono certamente le valutazioni ed inoltre non è un trade affollato, tanto meno dopo i grandi deflussi del 2022. La riapertura della Cina ed infine quella che è stata finora la straordinaria forza del dollaro, che non potrà durare a questi livelli, ci fanno guardare al 2023 del comparto con grande fiducia.
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