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Secondo Rahul Chadha, cio di Mirae Asset Global Investments, i due Paesi ridaranno slancio all’Asia dopo la parentesi Covid. Aziende leader e con solidi fondamentali i suoi segreti per cavalcare il trend. Ma con un occhio alla sostenibilità
Mentre in Occidente si teme una crisi bancaria generalizzata e infuria dibattito sulle prossime mosse della banche centrali, i mercati asiatici sembrano pronti ad archiviare la parentesi Covid e riprendere slancio. Rahul Chadha, cio di Mirae Asset Global Investments, asset manager rappresentato in Italia da Amchor IS, ne è consapevole e con il suo Mirae Asset ESG Asia Sector Leader Equity Fund sta puntando forte sull’equity della regione. Aziende leader di Cina e India le sue maggiori fonti di rendimento, ma sempre con un occhio alla sostenibilità.
Rahul Chadha, chief investment officer di Mirae Asset Global Investments e gestore del fondo Mirae Asset ESG Asia Sector Leader Equity Fund
Il ruolo della Cina è decisivo per il futuro dei mercati emergenti asiatici. Quali sono le vostre attese sul Dragone e come l’andamento della sua crescita influenzerà l’asset class nel 2023?
Nel 2022 i titoli cinesi hanno perso molto poiché gli investitori temevano che la Cina non fosse più investibile. Questa idea sta cambiando, poiché le autorità locali hanno iniziato a muoversi nella giusta direzione. Sul fronte delle imprese, si intravedono politiche più favorevoli, come le tante misure per il salvataggio del comparto immobiliare, l’aumento dell’assistenza al settore privato e l’allentamento dei controlli sulle piattaforme internet. Per quanto riguarda i consumatori, lo shock iniziale della riapertura si è completamente dissipato e la mobilità intracittadina è già tornata ai livelli pre-Covid. Inoltre, emergono i primi segnali di ripresa nel mercato del lavoro, che sta rafforzando la fiducia. Partendo da questo quadro, riteniamo che il 2023 sarà un anno diviso a metà per il gigante asiatico. Nel primo semestre, l’addio alla politica zero-Covid iniziato a metà novembre causerà una contrazione economica più profonda nel breve termine ma poi favorirà una ripresa rapida. Nel secondo, le rivalutazioni dei multipli saranno complete e il mercato verrà maggiormente guidato dagli utili.
Nel resto del continente, i Paesi che hanno registrato una sovraperformance nel 2022 (come Asean e India) potrebbero registrare un leggero ritardo nella performance a causa del ritorno di alcuni flussi verso Pechino. Tuttavia, nel complesso, la riapertura della Cina darà una spinta all’intera regione.
Quali sono gli aspetti distintivi per quanto riguarda filosofia di gestione e costruzione di portafoglio?
Il nostro fondo “Asia Sector Leader Equity” investe in aziende altamente qualificate in termini di quota di mercato, utili o capitalizzazione all’interno dei rispettivi settori. Punta inoltre società disruptive, in cui il management ha a cuore la creazione di valore per gli azionisti. In generale, applichiamo un sistema di valutazione dei fondamentali articolato su sei aree chiave: barriere all’ingresso, dinamiche competitive, sostenibilità dei rendimenti, track record del management, dipendenza da supporti esterni e proprietà delle catene di distribuzione/produzione. Questo porta alla costruzione di un portafoglio high-conviction, che in genere detiene tra i 45 e i 55 titoli: circa il 70% è investito in titoli large cap che sono leader di settore e producono risultati consistenti, mentre il restante 30% va su titoli a piccola e media capitalizzazione.
Quanto alla liquidità, il portafoglio è totalmente investito e il gestore non utilizza cash call. Non si ricorre nemmeno alla copertura, dati i costi significativi legati all’impiego di una strategia di hedging. Il gestore potrebbe però intervenire in base ai movimenti dei tassi di cambio assegnando agli esportatori una copertura valutaria o riducendo l’esposizione al Paese. Infine, i fattori di rischio sono monitorati regolarmente e condivisi con il team di investimento su base giornaliera, settimanale, mensile.
Guardando all’allocazione per Paese si notano rispetto al benchmark un particolare sovrappeso, l’India, e un deciso sottopeso, Taiwan. Per quale motivo?
Siamo ottimisti sull’India alla luce della crescita strutturale di lungo termine e della resilienza che sta dimostrando in un contesto macro globale sempre più debole. Negli ultimi dieci anni, il governo Modi ha investito in infrastrutture rurali e semi-urbane come l’elettrificazione, le reti stradali e ferroviarie e ha garantito l’inclusione finanziaria. L’applicazione dell’imposta sui beni e servizi, la demonetizzazione e la pulizia del debito societario del ciclo precedente, negli ultimi 5-7 anni, forniscono ora all’India una base sana per intraprendere un nuovo ciclo di crescita. Dal punto di vista dei consumi, il reddito pro capite dovrebbe quadruplicare entro il 2031, ponendo le basi per un boom della spesa discrezionale.
Taiwan, invece, ha dovuto affrontare le difficoltà legate al rallentamento del ciclo tecnologico nel 2022. Inoltre, le continue tensioni tra Stati Uniti e Cina hanno aumentato il premio per il rischio geopolitico dell’isola. Sebbene il calo della domanda globale rappresenti un ostacolo per il settore tecnologico locale, se si considera la transizione a lungo termine verso la digitalizzazione e l’automazione, riteniamo che la domanda strutturale di tecnologia sia ancora solida. A breve termine, prevediamo che l’andamento dell’equity continuerà ad oscillare, in quanto il ciclo dei semiconduttori si sta avviando verso un picco negativo. Tuttavia, potremmo aumentare l’esposizione se, durante l’anno, emergessero segnali di miglioramento delle della domanda esterna, soprattutto dalla Cina.
La parola “Esg” è inserita nel nome del fondo. Cosa significa per voi investire in modo sostenibile nei mercati emergenti? Quali sono gli esempi concreti di impatto positivo?
Investire in società gestite in modo responsabile e portare avanti una politica di azionariato attivo, con particolare attenzione alla governance, può proteggere e aumentare il valore economico per gli azionisti. Per quanto riguarda glie mergenti, questi Paesi hanno bisogno di quantità crescenti di materie prime durante le fasi di urbanizzazione, fattore che non può prescindere però dalla soddisfazione dei bisogni della popolazione. Ecco perché ci concentriamo su società in grado di minimizzare la pressione sulle risorse e considerare consapevolmente l’urbanizzazione e l’industrializzazione in relazione alla propria attività.
A livello di business, evitiamo le aziende esposte ad attività controverse o dall’impatto negativo su ambiente e società (come armi, tabacco, petrolio). Circa il 10-15% del portafoglio è invece investito direttamente in “temi Esg” (dalle rinnovabili, ai veicoli elettrici alle batterie) mentre il resto si orienta verso “Esg improvers“, cioè imprese con maggior potenziale di migliorare la loro performance sulle metriche ESG e di ottenere una conseguente sovraperformance del prezzo azionario.
Un esempio di società progredita in termini Esg è Dalmia Bharat, azienda indiana che produce cemento in rapida crescita. Dalla quotazione nel 2019, la società ha migliorato in modo significativo la governance ed è all’avanguardia nei risultati di sostenibilità nel proprio settore. Tanto che vanta la più bassa impronta di carbonio netta nell’industria globale del cemento ed è il primo gruppo cementiero a impegnarsi a diventare carbon negative entro il 2040. C’è poi Standard Chartered, banca internazionale che ha seguito grandi operazioni in tutta l’Asia. Tre anni fa, era scambiata a un prezzo di 0,4 volte il suo valore contabile ma, dopo il miglioramento degli standard e dei processi di governance, si è rivalutata e ora tratta a un price-to-book di 0,7x.
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