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Il costo del denaro resta al 5,25%-5,50%, ma il Fomc stima un picco al 5,6% nel 2023. Dimezzati da quattro a due i tagli previsti per il 2024. Raddoppiate le stime sul Pil
Pausa ‘hawikish’ per la Federal Reserve. Come atteso dai mercati, la banca centrale statunitense ha lasciato i tassi d’interesse al 5,25%-5,5%, il livello più alto da 22 anni, facendo registrare il secondo stand by dal marzo 2022, quando diede inizio alla sua battaglia contro l’inflazione. Ma ha anche preannunciato che ci sarà un altro aumento del costo del denaro entro fine anno e dimezzato da quattro a due i tagli previsti per il 2024. L’economia americana è infatti solida, i prezzi ancora troppo elevati e quindi i tassi sono destinati restare più alti più a lungo: questo il messaggio arrivato dal Federal Open Market Comittee.
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Picco al 5,6% nel 2023 e meno tagli nel 2024
Nel dettaglio, l’atteso dot plot, il grafico che ogni tre mesi raccoglie le previsioni dei membri della Fed sull’andamento del costo del denaro, mostra che in dodici vedono un’altra stretta di 25 punti base nel 2023, contro sette che puntano invece sullo status quo. I banchieri centrali si aspettano quindi un valore mediano dei tassi al 5,6% nel 2023. E hanno portato al 5,1%, dal 4,6%, l’attesa per il prossimo anno. L’istituto mette dunque in conto un taglio di 50 punti base nel 2024, contro la sforbiciata di 100 punti base prevista a giugno. Poi, nel 2025, i tassi sono visti in calo al 3,9% (3,4% la precedente previsione), per arrivare al 2,9% nel 2026. Nel lungo periodo la stima è la stessa di tre mesi fa: 2,5%.
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Raddoppiata la stima sul Pil Usa
A sostegno di una strategia ancora restrittiva, la Fed porta le altre previsioni, quelle su crescita e prezzi, anche queste molto attese dagli operatori. I banchieri centrali hanno infatti raddoppiato le stime sul Pil e aumentato quelle sul carovita. L’economia americana dovrebbe espandersi del 2,1% quest’anno (dal +1% previsto a giugno), dell’1,5% nel 2024 (da +1,1%) e dell’1,8% nel 2025. L’inflazione core dovrebbe invece attestarsi al 3,7% a fine anno, in rialzo rispetto al 3,2% della stima precedente. Poi dovrebbe calare al 2,6% il prossimo e al 2,3% in quello successivo. Infine, la disoccupazione è attesa al 3,8% a dicembre, contro il 4,1% precedente, e al 4,1% nei prossimi due anni.
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“Gli indicatori recenti suggeriscono che l’attività economica si è espansa a un ritmo sostenuto. L’aumento dei posti di lavoro ha subito un rallentamento negli ultimi mesi, ma rimane forte, e il tasso di disoccupazione è rimasto basso, mentre l’inflazione resta elevata”, viene sottolineato nel comunicato finale. Nel contempo, si legge, “il sistema bancario statunitense è solido e resiliente, ma le condizioni di credito più restrittive per le famiglie e le imprese probabilmente peseranno sull’attività economica, sulle assunzioni e sull’inflazione”.
Concetti ribaditi nel corso della conferenza stampa anche dal presidente Jerome Powell. “Se l’economia è più forte delle attese, la Fed deve fare di più”, ha detto. Chiarendo che “un atterraggio morbido è possibile”, ma bisogna muoversi “con cautela”. Il numero uno dell’istituto centrale ha quindi rimarcato che per centrare l’obiettivo di un’inflazione al 2% c’è bisogno di altro tempo. “Ci stiamo avvicinando a dove vogliamo arrivare”, ma “potrebbe essere che il livello neutrale dei tassi di sia alzato”, ha concluso.
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