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Fitch ritocca al rialzo le stime di crescita di Pechino: +5% nel 2023. Più caute Ubs, Nomura e Moody’s. E gli asset manager vedono opportunità sia nell’azionario che nel reddito fisso
Mentre le tensioni con gli Usa si fanno ogni giorno più forti, per l’economia cinese il panorama all’orizzonte appare sereno come non si vedeva da un po’. L’ultima conferma della ripartenza del Dragone è arrivata da Fitch Ratings che ha rivisto al rialzo le sue stime su Pechino, spiegando che il Pil crescerà del 5% nel 2023 e non del 4,1% come ipotizzato a dicembre. Merito di “prove che i consumi e l’attività si stanno riprendendo più velocemente di quanto inizialmente previsto” dopo che il governo ha rimosso la maggior parte delle rigorose restrizioni anti-Covid.
Le “prove” della ripartenza cinese
Nel suo giudizio Fitch ha tenuto conto anche della fase espansiva ritrovata a gennaio dal Pmi manifatturiero (50,1 da 47 di dicembre) e dal Pmi servizi, portatosi a 54,4, ai livelli più alti da giugno 2022. Quanto ai focolai di Covid, per gli analisti sembra che la situazione si stia attenuando e il rapido rimbalzo significa che l’attività nel secondo semestre sarà più forte di quanto previsto. “Riteniamo che la stabilizzazione della ripresa rimarrà l’obiettivo principale nel breve termine – scrivono – ma non prevediamo un allentamento aggressivo della politica macro” in vista della sessione annuale del parlamento cinese, in programma a inizio marzo.
Incognita crescita tra consumi e immobiliare
Mentre molti economisti prevedono una ripresa trainata dai consumi, secondo Ubs la spesa sarà piuttosto ‘cauta’ a causa delle tensioni nella fiducia dei consumatori. La banca svizzera ha stimato che le famiglie cinesi abbiano risparmi totali in eccesso per 4.000- 4.600 miliardi di yuan (590-678 miliardi di dollari), ma, con occupazione e redditi ancora in fase di recupero, “la fiducia dei consumatori potrebbe non riprendersi del tutto e rimanere piuttosto cauta”.
Nomura, invece, ha rialzato le stime del Pil della Cina per il 2023, portandole dal 4,8% al 5,3%, ma ha ridotto allo stesso tempo quelle per il 2024, dal 5,5% al 4,4%. Un calcolo che fa prevedere una crescita anticipata al 2023, ma nel complesso più negativa nel 2023-2024 visto che la media dei due anni è scesa dal 5,15% al 4,85%.
L’immobiliare resta il punto più critico. Come ha sottolineato Moody’s, il settore ha contribuito per poco meno del 24% alla composizione del Pil nel 2022, in calo rispetto a quasi il 30% del 2018, scontando il crollo di vendite e investimenti. “Le nostre prospettive restano negative, anche se prevediamo un calo più contenuto delle vendite di proprietà residenziali nel 2023 grazie al sostegno politico che sta lentamente entrando in vigore”, ha spiegato l’agenzia di rating.
Le opportunità nell’azionario
Per Hsbc Asset Management, l’attuale situazione macroeconomica di Pechino appare favorevole. E con prospettive di crescita più equilibrate, la Cina e le economie asiatiche in generale dovrebbero vedere una crescita del Pil più elevata e un’inflazione più bassa rispetto all’Occidente. “Abbiamo una visione costruttiva sulle azioni cinesi nel 2023 – si legge in un report -, supportata dalla riapertura degli scambi, dalle politiche di supporto e dall’attraente profilo di rischio/rendimento. Nel breve termine, privilegiamo i beneficiari della riapertura, come compagnie aeree, hotel, ristoranti, agenzie di viaggio”.
Secondo gli analisti del gestore, i turisti cinesi riprenderanno presto a viaggiare a livello nazionale e a questo probabilmente seguirà un boom della domanda per i settori dei servizi. Nel settore Internet/e-commerce, invece, il fatturato dovrebbe iniziare a riprendersi nel 2023 grazie alla ripresa dei ricavi e a un miglioramento dell’efficienza.
“Guardando al medio-lungo termine, i nomi manifatturieri e industriali di fascia alta dovrebbero trarre vantaggio dalla localizzazione delle catene di approvvigionamento e dal potenziamento dell’automazione industriale, dato l’obiettivo strategico della Cina di essere autosufficiente nella tecnologia chiave”, proseguono gli analisti. Che concludono: “Preferiamo titoli con solidi fondamentali aziendali, vantaggi competitivi rispetto alle loro controparti estere e che trarranno vantaggio dal sostegno politico. Inoltre, prediligiamo anche alcune aziende della catena di fornitura di veicoli elettrici, del settore solare ed eolico”.
Obbligazionario
Per quanto riguarda invece il reddito fisso, secondo Jonathan Shelon, chief operating officer di KraneShares, il mercato obbligazionario cinese è pronto per recuperare parte del terreno perso nel 2022 grazie alla ripresa del renminbi rispetto al dollaro. Anche se, avverte, i rendimenti del decennale e delle obbligazioni investment grade di Pechino potrebbero continuare a sottoperformare nel corso dell’anno rispetto ai loro omologhi statunitensi ed europei.
Scenario diverso nel segmento high yield, dove prevalgono le obbligazioni emesse per lo sviluppo immobiliare. Questi strumenti, come fa notare Shelon, sono attualmente svalutati, scambiati a livelli di sofferenza, e non hanno registrato una ripresa commisurata a quella dei titoli azionari di alcuni sviluppatori immobiliari. “Gli spread dei titoli high yield sono ai massimi da dieci anni, più alti che durante la pandemia e significativamente più alti che negli Stati Uniti e in Europa. Ci aspettiamo quindi una forte ripresa delle obbligazioni sul mercato e potenzialmente un aumento delle emissioni, che sono crollate nel 2022”, sottolinea.
“Vediamo un maggior potenziale nell’high yield rispetto a quello dei titoli investment grade e governativi, a causa dell’effetto valutario”, conclude quindi l’esperto, secondo cui i bond degli sviluppatori immobiliari potrebbero rimbalzare nel corso dell’anno, offrendo una significativa opportunità di apprezzamento del capitale grazie a caratteristiche di rischio e rendimento simili a quelle delle azioni.

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