Gli investitori istituzionali puntano sui real asset (meglio se Esg)
Due su tre sono pronti ad aumentare le allocazioni. E il 93% considera la sostenibilità una priorità. Preferito l’equity immobiliare, ma le infrastrutture incalzano
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Quasi mille miliardi. Gli investitori istituzionali non temono le crisi economiche né le tempeste finanziarie e il loro patrimonio complessivo tocca quota 987,6 miliardi di euro, di cui 213 per la sola previdenza complementare, arrivando a valere quasi il 56% del Pil nazionale.
Lo certifica il Nono Report annuale di Itinerari Previdenziali, “Investitori istituzionali italiani: iscritti risorse e gestori per l’anno 2021”, che sottolinea come il welfare contrattuale (Fondazioni bancarie, casse privatizzate, fondi negoziali, fondi preesistenti e assistenza sanitaria integrativa) abbia messo a segno quasi un raddoppio negli ultimi 15 anni, passando dai 142,85 miliardi di euro del 2007 ai 282,97 del 2021, e un aumento del 4,87% rispetto ai 269 miliardi del 2020, anno della pandemia. Un patrimonio pari al 15,9% del Pil, del quale circa l’80% è affidato direttamente o indirettamente a gestori professionali, un trend di continua crescita negli ultimi anni.
Una crescita costante, scrivono gli analisti di Itinerari Previdenziali, che mostra come il mercato istituzionale italiano sia riuscito a consolidarsi raggiungendo ormai una dimensione rilevante, anche nel posizionamento internazionale.
Per quanto riguarda la previdenza complementare, che rappresenta il settore maggiormente confrontabile, nella classifica per patrimonio dei fondi pensione stilata dall’Ocse su 38 Paesi l’Italia occupa il 12° posto, preceduta dagli inarrivabili Usa, Uk, Australia, Olanda, Canada, Giappone, Svizzera e superando di poco la Danimarca.
“Se si considera che il rapporto tra il patrimonio dei fondi pensione e il Pil è pari al 9,7%, quando in molti altri Paesi supera il 50%, risulta evidente come il nostro sia un mercato già molto interessante, ma con alte potenzialità di sviluppo”, sottolinea Alberto Brambilla, presidente del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali.
Peraltro, includendo anche gli altri investitori istituzionali, come casse privatizzate, forme di assistenza sanitaria integrativa e Fondazioni di origine bancaria, il posizionamento del nostro Paese migliora nella classifica OcseE e non Ocse attestandosi all’8°-9° posto.
Positive anche le performance dei rendimenti. Nel 2021 tutti gli investitori istituzionali hanno realizzato buoni risultati, recuperando il terreno perso durante la pandemia e riportandosi quasi ai livelli del 2019.
Le migliori performance sono state ottenute dai Pip – Unit Linked, con l’11% rispetto al -0,2% segnato nel 2020, dai fondi aperti con +6,4% (2,9% nel 2020) e dalle Fondazioni di origine bancaria con il 5,7% (3,6% nel 2020).
I risultati conseguiti dai fondi pensione hanno battuto ancora una volta i rendimenti obiettivo Tfr, inflazione e media quinquennale del Pil, che si sono attestati rispettivamente al 3,6%, 1,9% e 0,1%: i negoziali hanno fatto segnare un +4,9%, i preesistenti un +4,1% e gli aperti un +6,4%.
Crescono infine gli investimenti in economia reale nazionale, finalizzati a generare ricadute positive per il territorio. Anche per il 2021, le Fondazioni di origine bancaria si riconfermano i maggiori investitori nell’economia domestica, con circa il 42% del patrimonio investito, sostenuto da un’esposizione nella banca conferitaria, in Cassa Depositi e Prestiti e Fondazione Con il Sud pari al 27,7%. Seguono le Casse Privatizzate dei liberi professionisti, con il 18% circa, mentre si conferma modesta la quota investita nel Paese da parte di fondi pensione negoziali e preesistenti, che si fermano rispettivamente al 4,7% e al 3,11% del patrimonio.
“La soluzione più semplice per far in modo che il TFR “circolante interno” alle aziende che alimenta soprattutto i fondi di natura contrattuale rientri nel circolo dell’economia reale – afferma Brambilla – è sicuramente il ripristino del fondo di garanzia istituito dal D. Lgs. N. 252/05 per facilitare il finanziamento delle pmi che versano il Trattamento di fine rapporto ai fondi pensione”.
Brambilla sottolinea che dal 2007 alla fine del 2021 ai fondi pensione sono confluiti circa 82 miliardi di Tfr e, di questi, considerando una media in investimento in economia reale domestica del 4%, ne sono stati reinvestiti circa 25. “Ai restanti 57 miliardi sottratti all’economia reale vanno poi sommati gli 86 destinati al fondo di tesoreria Inps. Per un’economia debole come quella italiana si tratta di dati preoccupanti su cui riflettere, anche per le loro ripercussioni sia sull’occupazione sia sulla produttività e, quindi, sullo sviluppo del nostro Paese”, conclude.
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