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Oggi ci sono molte similitudini con quegli anni: mercati euforici, aumento del trading da parte di gente inesperta, nuove tecnologie abilitanti… Ma per l’economista è improbabile replicare un collasso di quelle proporzioni
Gli anni Venti del ventunesimo secolo appaiono una riedizione dei Ruggenti Anni Venti del secolo scorso, in cui l’euforia dei mercati azionari portò poi al tragico crollo del ’29, che travolse l’economia Usa con contraccolpi dolorosi in tutto il mondo. Ad affermarlo è il premio Nobel per l’economia Robert Shiller, che in un argomentato commento pubblicato sul New York Times ha spiegato le similitudini tra il decennio che stiamo vivendo e quello di 100 anni fa.
“Siamo in una seconda edizione dei Ruggenti Anni Venti, o almeno così può sembrare a giudicare dagli innumerevoli commenti che suggeriscono che stiamo entrando in un decennio esuberante che riecheggia quello di un secolo fa”, ha commentato l’accademico di Yale, considerato uno dei padri della finanza comportamentale e creatore tra l’altro del Cape Ratio, che serve a capire se un titolo o un indice è sottovalutato o sopravvalutato (e se quindi ci sono bolle all’orizzonte). “Gli anni ’20 sono stati contrassegnati da festeggiamenti frenetici, ritorni strabilianti sui mercati azionari e, alla fine, da uno dei peggiori e più devastanti crolli, seguiti da depressione, della storia moderna”, ha aggiunto Shiller.
Ma veniamo ai numeri. Anche se non sappiamo come finirà questo decennio, i dieci anni che si sono chiusi al 31 marzo sono stati spettacolari, con un total return corretto per l’inflazione del 12% l’anno sull’indice S&P, spiega l’economista. “È stato il più grande mercato toro della storia Usa, se si considera l’inflazione”, dice Shiller. Secondo i suoi calcoli, il total return reale dello Standard & Poor’s Composite Index (il predecessore dell’S&P 500), inclusi i dividendi, è stato in media del 20% l’anno dal settembre 1919 al settembre 1929. Con una moltiplicazione della capitalizzazione per sei volte in un decennio.
Poi, il dramma: da settembre 1929 a giugno 1932 l’indice ha perso, inclusa l’inflazione, il 77%.
In tema di similitudini, anche negli anni ’20 di un secolo fa i forti risultati del mercato azionario avevano spinto molte persone inesperte a investire, com’è accaduto anche dal 2020 in poi (con conseguenze paradossali, come il derivato sul petrolio sceso in terreno negativo per la prima volta nella storia), con il boom del trading online.
Non solo: anche all’inizio degli anni Venti (di un secolo fa), le persone “vedevano il mercato come un grande gioco, favorito dall’innovazione tecnologica e dai nuovi mass media”. Per esempio, “nel 1923 la società Trans-Lux tirò fuori il ‘movie ticker’, un grande schermo illuminato sul quale venivano mostrati i rapidi cambiamenti dei prezzi dei titoli azionari”. Per la prima volta, folle di persone potevano riunirsi davanti a questi schermi nelle sedi delle società di brokeraggio e controllare l’evoluzione dei propri investimenti. E sentire parlare di mercati alla radio, la nuova tecnologia di quell’epoca, accedendo a una nuova narrativa sul successo finanziario.
E però, anche se di mercati e di investimenti si parlava tanto, alcuni indicatori oggi essenziali per le valutazioni, come il rapporto prezzi/utili, venivano ignorati dai trader, e già nella primavera del ’29 questo fenomeno era stato notato in un articolo del New York Herald Tribune, che aveva iniziato a sollevare dei dubbi. Quella misura infatti era sui massimi storici, e indicava che i valori di mercato apparivano difficili da giustificare, racconta Shiller. A peggiorare il contesto, c’è la circostanza che molti risparmiatori, per poter investire, si erano indebitati con i broker.
I contorni della tragedia imminente iniziavano a delinearsi, anche se all’inizio dell’anno una serie di warning della Fed sul rischio di eccessiva speculazione finanziaria non avevano fatto altro che attirare ulteriormente l’appetito per il mercato.
La storia successiva la conosciamo. Nell’autunno dello stesso anno i mercati iniziarono a scendere, culminando nel cosiddetto Martedì Nero che segnò il crollo di Wall Street dando il via alla Grande Depressione.
Ma pensando a quel particolare decennio, ci sono similitudini con il periodo attuale? “Certamente”, è la risposta di Shiller. “L’attuale diffusa fascinazione relativa al rialzo dei mercati, accompagnata dai recenti timori di una possibile spirale ribassista e sulle valutazioni tirate richiamano quelle di 100 anni fa.
“Detto ciò, non c’è nessuna ragione particolare per cui dobbiamo aspettarci un collasso del mercato che possa essere drammatico quando quello del ’29, e sia il governo sia la Fed hanno dimostrato di essere molto più abili nel prevenire le recessioni prolungate rispetto ai predecessori. Ma non saremmo sorpresi se le sensazioni di disagio sul mercato raggiungessero proporzioni difficili da gestire, portando alla fine a un forte calo del mercato”.
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